“Internet e il digitale stanno cambiando la nostra vita come forse mai era avvenuto prima. Ma non è così scontato che sarà tutta un’avventura meravigliosa. Da imprenditore dell’editoria, dico che con le Big Five dobbiamo poter competere ad armi pari. Da madre, mi chiedo quali prezzi dovremo pagare per le nuove opportunità offerte ai nostri figli. Da cittadina, qualche domanda sul futuro della democrazia me la faccio”. In una lunga intervista alla Stampa Marina Berlusconi parla di Internet e dei 5 colossi del Web (Apple, Microsoft, Google, Amazon, Facebook), chiedendo regole certe per la competizioni sul mercato editoriale e della pubblicità così da evitare un oligopolio mondiale. “ Se oggi i Cinque Grandi del web sono le maggiori società mondiali per valore di Borsa – dice la presidente di Fininvest - è anche perché hanno potuto operare in un contesto del tutto privo di regole. (…) Mi pare si continuino a sottovalutare le implicazioni economiche, politiche e sociali, di cui fatico perfino a immaginare la portata. È un mondo che va governato, prima che tanta potenza ci sfugga di mano".
Parla anche di web tax, Marina Berlusconi, ma non solo. “Ma le pare accettabile che l’anno scorso Amazon abbia versato al fisco italiano 2,5 milioni di euro e Facebook neppure 300 mila? E poi ci sono i comportamenti “disinvolti” delle multinazionali del web, sanzionati da multe miliardarie, ci sono le decine di cause - in Italia Mediaset ha fatto da apripista - sull’utilizzo di contenuti e copyright. Senza dimenticare che di questi campioni di modernità e trasparenza si sa ben poco: in Italia Amazon non fornisce dati di vendita, idem Google e compagnia”.
Ancora: “Google controlla nel mondo quasi il 90% dei motori di ricerca, Facebook il 66% del traffico social. Ma nessuno invoca barriere. Oltre che inutile sarebbe ridicolo. Chiediamo solo che le regole valgano per tutti. E magari anche uno sforzo di immaginazione, non si possono affrontare con norme vecchie di decenni fenomeni senza precedenti”.
Le Big Five sono i nuovi robber barons digitali da fermare? Chiede La Stampa: “Sono infinitamente più potenti. Seguono un modello, a partire da Amazon, non così innovativo: distruggere ogni mediazione, ogni passaggio fra loro e il consumatore finale, mettere fuori mercato tutti gli operatori della catena produttiva-distributiva praticando prezzi insostenibili, grazie alle economie di scala che la globalizzazione consente, alla tecnologia e ai comportamenti cui accennavo. Una volta padroni del mercato, saranno liberi di imporre a tutti le loro condizioni”.
Sulla rivoluzione digitale ha portato tanti vantaggi ai consumatori: “Certo. Li utilizzo anch’io, come tutti. Eppure dobbiamo sapere che un prezzo lo paghiamo. Altissimo. Mettiamo la nostra identità, i nostri gusti, le nostre amicizie a disposizione di chissà chi e per chissà quali scopi. Miliardi di persone che accettano di essere schedate. Per questo non mi paiono molto credibili gli impegni a combattere le fake news: ai social non interessa informare correttamente, ma attrarre, e spesso il falso attrae più del vero. Gli utili non li fanno con l’autorevolezza, ma rivendendo i nostri profili. C’è poi un altro prezzo occulto. Perché il modello delle multinazionali del web non può creare benessere per l’intera comunità, anzi. Il consumatore che apprezza il tutto gratis è magari lo stesso che, nella guerra dei giganti per eliminare ogni concorrenza, è rimasto senza un lavoro o diventato un precario. E parla una che non può certo essere sospettata di demonizzare il profitto”. Leggi qui l’intervista integrale sulla Stampa.
Internet e social stanno cambiando la stessa politica. È un bene o un male?
«Ogni strumento che migliori il rapporto elettori-eletti è positivo, ma la democrazia digitale è un’utopia pericolosa. I 5 Stelle sono la dimostrazione che non funziona, quando non è addirittura un inganno. C’è peraltro una contraddizione insanabile. Se l’obiettivo della democrazia digitale è eliminare ogni mediazione, la politica è o dovrebbe essere l’esatto opposto: in nome dell’interesse generale, la mediazione tra interessi particolari».