Mauro Coppola è uno di quei tanti commercianti che alla fine di ogni mese si ritrova con sempre maggiore difficoltà a far quadrare i conti. Con attenzione verso il cliente e professionalità era riuscito a superare indenne la crisi dei consumi del 2011 e la ricetta ha funzionato al punto che nel 2016 i profitti sono aumentati del 20%. Poi è arrivata la prima flessione che Mauro aveva addebitato al pessimismo per il fallimento del referendum, spiega in una lettera indirizzata al Corriere della Sera.
“Mi sbagliavo: era l’arrivo di Amazon”, sostiene senza specificare il tipo di attività. “In Europa la corsa agli acquisti online è cominciata da poco, ma già ce ne siamo accorti. A differenza di quel che si pensa, non colpisce solo i centri commerciali: nelle piccole e medie città è ormai difficile trovare negozi aperti”. Il 2017 Mauro l’ha chiuso “con un bel meno 9%”. E il nuovo anno “è cominciato anche peggio. Ho licenziato la mia dipendente, ragazza in gamba molto amata dai clienti. Ma non posso farci niente. A Piacenza persino i bar hanno registrato il peggior anno della storia: se la gente acquista online non va in giro. Sembrerebbe assurdo visto che l’ultimo anno ha visto crescere, secondo l’Istat, gli acquisti ben oltre l’1%!”
Ecommerce in crescita ma ancora marginale
Ma è davvero così? E quali sono le dimensioni di questo nuovo fenomeno? Secondo i dati dell'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano, l'eCommerce in Italia è sì un mercato in crescita, ma ancora emergente, con una penetrazione nel totale retail pari al 5,7%. Nei Paesi dove l’eCommerce B2c è più maturo – Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, UK e USA – la penetrazione sul totale retail è intorno al 15%-20%, ossia fino a 4 volte superiore rispetto a quella registrata in Italia. Nello specifico:
• Nel 2017 l’eCommerce in Italia (si intendono gli acquisti online degli italiani) ha toccato i 23,6 miliardi (+17% rispetto al 2016). Il valore degli acquisti dei prodotti ha superato per la prima volta quello dei servizi.
• Il mercato legato ai prodotti raggiunge i 12,2 miliardi di euro (52% del totale), grazie principalmente alla crescita di Informatica ed Elettronica (+28%), Abbigliamento (+28%), Food & Grocery (+43%) e Arredamento e home living (+31%).
• Il Turismo rimane il primo settore per valore (9,2 miliardi di euro, +7%).
Confesercenti e Confindustria: non è colpa dell’online
Per le associazioni di categoria Confcommercio e Confesercenti affermare che la chiusura del commercio al dettaglio sia dovuta all’eCommerce è errato. “E’ difficile stabilire quali siano i motivi che portano ad abbassare la saracinesca”, spiega all’Agi Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti. “Qual è la causa principale? Sicuramente non le vendite online ma un insieme di concause in cui la diminuzione dei consumi interni fa la parte del leone. Poi ci sono il cambio abitudini dei consumatori, che hanno ridotto la quota destinata alle spese di abbigliamento che si è attestata nel 2016 al 4,7%: quasi un terzo del 13,6% registrato nel 1992, e che ci poneva – assieme al Giappone – al vertice della classifica mondiale”.
Su tutto hanno influito anche le nuove metodologie, il fatto che alcuni commercianti non hanno saputo adeguarsi al cambio di passo e le liberalizzazioni, in particolare le aperture della domenica che hanno spostato quote di mercato dai piccoli ai grandi”.
Un negozio di abbigliamento, dunque, molto probabilmente chiuderà per la concorrenza posta dalle grandi catene internazionali low-cost come Zara. “Difficilmente però la crisi sarà dovuta all’eCommerce la cui porzione di mercato è ancora troppo piccola”. Semmai è vero il contrario: secondo i dati di Confesercenti “il 18,7 % delle imprese del commercio ha aperto anche un canale di vendite online”. In particolare “nel 2017 le imprese attive esclusivamente (senza negozio fisico) nel commercio di prodotti via internet sono state 17.925, l’8,4% in più rispetto al 2016”.
Della stessa opinione è Fabio Fulvio, responsabile Settore Politiche per lo Sviluppo della Confcommercio e autore dalla bussola “Il negozio nell’era di Internet”. “Da una parte è vero che i commercianti sono minacciati dall’eCommerce perché la concorrenza di Amazon e dei suoi fratelli esiste ed è presente. Dall’altra però c’è da considerare che ad oggi l’incidenza dell’online è molto bassa, seppure in crescita. In Inghilterra la quota di mercato online relativa ai prodotti si aggira attorno al 20%, noi siamo intorno al 5%. Il trend è segnato ma non è infinito perché la stragrande maggioranza dei prodotti si vende nei negozi”.
La seconda considerazione da fare, aggiunge Fulvio, “è che si sta affermando una sorta di convergenza fisica e virtuale in cui ognuno tende ad avere una doppia presenza. Consiglio ai commercianti di farsi conoscere anche online e di curare molto il proprio negozio e il rapporto con la clientela, anche creando delle attività personalizzabili. Ci sono cose che solo il commerciante fisico può fare. Non tutti sono pronti a fare questo salto ma è ciò che rende più forte la loro professionalità”.
Il caso delle librerie
Ma se sulla maggior parte delle attività commerciali l’avvento dell’online non ha ancora inciso molto, ce ne sono alcune che invece hanno impattato con il fenomeno dell’eCommerce. Tra queste i negozi di dischi, di dvd, di giocattoli, articoli sportivi e in particolare di libri.
Secondo quanto riferito all’Agi da Paolo Ambrosini, presidente dell’Ali, “oggi le librerie sono ancora gli operatori principali con circa il 70%” ma l’online è in ascesa e “si stima intorno al 15,16%”. Il restante “è occupato dalla grande distribuzione organizzata (supermercati)”. E se “è giusto e corretto che ci sia un mercato online perché vuol dire che c’è una domanda di quel prodotto, è anche vero che le librerie devono affrontare tutta una serie di problemi specifici. In particolare, stiamo spostando una fetta di commercio dal canale fisico a quello online. E la conseguenza è che da un lato mettiamo a rischio l’esistenza di un sistema capillare delle librerie sul territorio. Soprattutto quelle medio piccole. Non solo - e questa è la conseguenza più grave - così facendo viene a mancare la figura del librario, ovvero colui che collabora con le biblioteche, organizza presentazioni, stimola i lettori. Infine, il tipo di offerta che c’è sull’online pone anche un problema di fiscalità generale. Molti operatori online riescono a eludere il meccanismo fiscale nostro pagando l’1, il 2 o lo zero virgola. Ciò non solo pone un problema di concorrenza sleale verso gli altri operatori commerciali, ma in questo modo si perdono anche risorse da investire nel Paese”.
Tutti i numeri dell’uragano Amazon
Se in Italia eCommerce fa rima con Amazon, la domanda è: “il colosso americano ha segnato il destino del commercio al dettaglio?” Da Amazon Italia rimandano le accuse al mittente e fanno sapere che “dal suo arrivo in Italia nel 2010, Amazon ha investito oltre 800 milioni di euro e ha creato più di 3.000 posti di lavoro. Questi numeri si traducono in milioni di nuovi prodotti disponibili per i clienti di amazon.it". Quanto ai venditori, spiegano ad Agi, “migliaia di essi e di PMI italiane stanno facendo crescere con successo la propria attività utilizzando il marketplace di Amazon”.
In totale di parla di “32.000, piccole medie imprese e professionisti hanno sviluppato la propria attività con Amazon Marketplace, Amazon Web Services e Kindle Direct Publishing. Con il numero dei venditori italiani che usano Marketplace che è più che raddoppiato nel 2016 (+136%) e l'export che ha raggiunto quota euro 250 milioni nel 2016 (165 milioni nel 2015)”. Nessuna concorrenza. Se la si sa cogliere - sostengono ancora - quella di Amazon può rappresentare una vera opportunità: “Nel complesso, gli artigiani che sfruttano la vetrina Made in Italy hanno visto crescere le vendite in modo significativo (+86%) nel 2017 su Amazon”.