Uber vale 70 miliardi di dollari, è la startup più ricca del mondo e probabilmente anche la più famosa, sicuramente la più odiata dai tassisti. È una società che in otto anni è cresciuta a dismisura e ha rivoluzionato la natura stessa dei trasporti urbani di tutto il pianeta, ma lo ha fatto senza mai produrre utili, finanziandosi con un'ingente raccolta di capitali, grazie alla fiducia degli investitori. Ecco perché il suo fondatore Travis Kalanick, sotto pressione da mesi per le accuse di molestie sessuali che hanno coinvolto la sua azienda, non ha potuto far altro che togliere il disturbo, non appena a chiedergli di andarsene sono stati cinque grandi investitori, cioe' quelli che forniscono alla startup i fondi necessari alla sopravvivenza e allo sviluppo.
In 8 anni ha rivoluzionato il trasporto urbano
La società nasce nel 2009, la storia delle sue origini è raccontata sul sito della stessa Uber: durante una nevosa serata a Parigi, nel 2008, Travis Kalanick e Garrett Camp, allora trentenni, non riuscivano a fermare un taxi. Fu così che ebbero un'idea: e se si potesse richiedere una corsa con un click? All'inizio si trattava di un'app per richiedere auto di lusso nelle aree metropolitane, poi l'azienda è decollata, ha rivoluzionato i servizi di trasporto urbano nel mondo, ora opera in oltre 500 città e in 66 paesi, mentre si diffondono aziende analoghe, specie negli Usa e in Cina.
La protesta dei tassisti
Uber è arrivata sulla scena con l'impeto di un elefante in una cristalleria. Ha rotto gli equilibri, facendo emergere le crepe di una struttura urbana e della mobilità immaginata quando il digitale ancora non esisteva. I tassisti di tutto il mondo sono insorti, l'accusano di concorrenza sleale, poiché i suoi autisti, che non sono dipendenti ma piccoli fornitori indipendenti, dotati di auto proprie, si considerano un servizio digitale, non un mezzo di trasporto privato, per cui operano spesso senza licenze, non pagano le stesse tasse degli altri operatori di trasporto, non sono regolamentati come loro, a partire dalle tariffe che adottano. L'arrivo di Uber ha fatto scoppiare proteste violentissime e scioperi a livello globale, anche in Italia. Magistratura e politica sono intervenute, vietando ciò che è palesemente contro le regole ma lasciando uno spazio aperto per i servizi di confine.
Servizio digitale o di trasporto?
Uber ha corretto il tiro, accelerando dove possibile (Regno Unito), rallentando dove costretta (Italia, Spagna, Germania). Ora in Europa è in corso una negoziazione, ovunque, in attesa che la Corte di giustizia Ue (probabilmente entro la fine dell'anno) definisca Uber come un servizio digitale (transnazionale) o di trasporti (soggetto a regole più stringenti). Senza dimenticare il fronte interno: nei mercati dove gli autisti hanno già raggiunto una massa critica (Parigi e Londra) le proteste dei tassisti sono state affiancate da quelle degli autisti dell'app, che chiedono maggiori diritti.
L'offerta si è diversificata
Intanto i servizi che Uber offre si sono diversificati, si moltiplicano. UberPop è ormai illegale ovunque. Consentiva a chiunque, con la propria auto e senza alcuna licenza, di accompagnare gli utenti dell'app. Oggi le formule offerte somigliano agli Ncc: tramite Uber, si noleggia un veicolo con autista, scegliendo tra offerte che differiscono in base alla qualita' dell'auto. C'è UberX per i veicoli di fascia media, che trasportano fino a quattro passeggeri, con costi modesti. Il prezzo sale con UberXL, UberBerline, UberOne, UberGreen (per auto elettriche), UberBlack, UberVan, UberLux. Tante sigle, ma un'unica politica: ultraespansiva. Lo scorso aprile Uber ha lanciato l'idea di trasformarsi, entro il 2020, in una flotta di aviazione urbana, lanciando taxi volanti, veicoli elettrici in grado di decollare e atterrare in verticale come elicotteri. L'altra idea è meno futuribile, è l'auto che si guida da sola: Uber ha già iniziato a sperimentare in varie città, tra cui Pittsbourgh negli Usa, un servizio di auto che si guidano da sole, anche se per ora è piu' una scelta di marketing che altro, visto che si tratta di test, che tra l'altro hanno anche aperto una contesa legale con Google, per un presunto furto di brevetti.
Uber è in rosso ma gli investimenti volano
Dal 2009, l'anno della sua nascita, Uber non ha mai prodotto utili. Non è quotata in Borsa per cui non è tenuta a pubblicare libri contabili, tuttavia è noto che nel 2016 ha perso 3 miliardi di dollari, contro i 2,2 miliardi del 2015. In compenso il suo fatturato è in crescita, nel 2016 la società ha incassato 5,5 miliardi di dollari, più del doppio dell'anno precedente. TechCrunch tuttavia ha calcolato che Uber spende 1,55 dollari per ogni dollaro che guadagna. Non è che ha le mani bucate, è che investe tantissimo: si espande a un ritmo forsennato, deve far fronte a ingenti spese legali, spende parecchio in sviluppo in ricerca, soprattutto per i progetti dell'auto che si guida da sola. Per finanziarsi Uber raccoglie capitali, non in Borsa, ma direttamente sul mercato. E attira miliardi di dollari, due miliardi solo nel 2016, perché gli investitori sanno che la società opera in perdita per guadagnare quote di mercato, cercando di eliminare la concorrenza, ed è attenta alla gestione, cioè non spreca risorse, investe e paga poco i suoi fornitori.
I guai giudiziari: due settimane di inferno
La raccolta di capitali è il vero segreto del successo di Uber. Il gruppo è in perdita ma riscuote la fiducia dei mercati, è supercapitalizzato e può permettersi di crescere con i conti in rosso. A frenare la sua corsa però arrivano i guai giudiziari. Tutto comincia all'inizio di quest'anno e in due settimane il colosso Uber si è ritrovato dalle 'stelle alle stalle'. A febbraio, un ex ingegnere della compagnia, Susan Fowler, accusa di essere stata molestata sessualmente dentro l'azienda e di essere stata vittima di pregiudizi. Inoltre sostiene che un manager le ha fatto delle avance e le ha chiesto di fare sesso, ma i suoi reclami all'Ufficio del Personale sono stati rigettati perché il manager in questione é molto produttivo. La Fowler aggiunge che Uber ha continuato a ignorare le sue rimostranze e che successivamente il suo manager ha minacciato di licenziarla per aver riportato queste cose all'Ufficio personale.
Pochi giorni dopo il New York Times fa scoppiare un'altra 'bomba", scrive che le accuse di Fowler non sono un caso isolato, che le molestie sessuali in azienda sono abituali e che centinaia di addette sono pronte a lanciare accuse. Kalanick reagisce, promette di occuparsi delle indagini sul caso Fowler e assume l'ex Procuratore Generale degli Stati Uniti Eric Holder per guidare le indagini. Tuttavia ormai la bufera è scoppiata e non è più possibile arginarla. Gli investitori di Uber, Freada e Mitch Kapor, criticano aspramente la compagnia per non essere riuscita a rinnovarsi, i Kapor affermano che Uber ha ignorato il lavoro dietro le quinte che alcuni investitori hanno fatto per anni per rinnovare la cultura della società. "Siamo delusi e frustrati" sentenziano in una lettera aperta agli investitori di Uber e al suo board.
Lo scontro con Google
Nel frattempo alle accuse di molestie se ne è aggiunta un'altra: Google, un altro investitore di Uber, denuncia la compagnia per furto di proprietà intellettuale. Waymo, il gruppo che produce le auto di Google senza pilota, accusa Uber di aver utilizzato una tecnologia rubata per avvantaggiarsi nella progettazione delle proprie macchine autonome, assumendo un team di ingegneri ex-Google, guidato da Anthony Levandowski,che ha rubato il design della società per il sensore lidar laser che permette alle automobili auto-guidate di mappare l'ambiente che le circonda. Uber respinge le accuse di Google, ma intanto i due scandali minano la reputazione della società, che perde di credibilità, come dimostra un altro fatto minore: Uber aveva dato la colpa a un "errore umano" al fatto che una delle sue auto senza pilota fosse passata col rosso su una strada di San Francisco a dicembre. Ma il New York Times rivela che era stato invece il sistema dell'auto senza pilota a fallire nel riconoscere le sei luci di stop all'incrocio e a passare col rosso mentre un pedone attraversava. A questo punto gli esperti di gestione delle crisi stabiliscono che Uber ha bisogno di compiere un gesto forte e questo potrebbe voler dire licenziare Kalanick.
Kalanick ultimo atto
"Se io fossi nel consiglio di amministrazione, troverei un modo per liberarmi di lui" confida Michael Barnett, professore di business e management alla Rutgers University. In effetti un bel po' di top di executive vengono licenziati, circa 20, l'ultimo in ordine di tempo a lasciare la poltrona è Emil Michael, numero due del gruppo e uomo fidato di Kalanick, pesantemente coinvolto nello scandalo sulle molestie. Kalanick perde le staffe e perde anche la faccia quando un video pubblicato da Bloomberg mostra Kalanick litigare violentemente con un guidatore Uber la domenica del Super Bowl dopo che il guidatore lo aveva criticato per la politica dell'azienda di abbassare le tariffe per battere la concorrenza. Kalanick si è poi scusato pubblicamente e e ha ammesso di aver bisogno di aiuto per guidare la compagnia. L'ultimo atto è l'addio del Ceo e cofondatore, Kalanick aveva già fatto sapere che intendeva prendersi un congedo 'sabbatico', dopo la recente scomparsa della madre, Bonnie Horowitz Kalanick, morta in un incidente in barca. Tuttavia cinque forti investitori dell'azienda, in una lettera, gli chiedono di dimettersi immediatamente. E lui obbedisce, anche perché senza i soldi dei suoi investitori è impossibile per Uber proseguire, in rosso, sulla strada della sua dirompente espansione.
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