Lavorare per una low cost può essere meglio che lavorare per una parte di Alitalia. Sotto accusa è CityLiner, il vettore 'regional' dell'ex compagnia di bandiera, che coniuga bassa produttività e stipendi ridotti all'osso. Tanto che è in corso una vera e propria fuga di piloti: una ventina ha già lasciato la compagnia per trasferirsi nelle grandi low cost come Ryanair o Norwegian Airlines (alcuni anche Neos ed Etihad) e 15 sono in procinto di 'mollare' proprio all'inizio dell'estate che, per il trasporto aereo, rappresenta la stagione di maggior traffico e, conseguentemente, di ricavi.
Leggi anche: chi sono i tre commissari chiamati a salvare Alitalia
Che cosa è CityLiner
E' stata fondata nel 2006 come Air One CityLiner e, dal 13 gennaio 2009, con la fusione di Alitalia e Air One, è entrata nel gruppo Alitalia dei cosiddetti 'capitani coraggiosi'. Attualmente ha una flotta di 18 aerei Embrair da 88 e 100 posti che volano sulle tratte Alitalia laddove non c'è esigenza o possibilità di utilizzare velivoli più capienti.
Il gruppo Alitalia ha le proprie rotte divise tra:
- Alitalia Sai
- CityLiner
- Etihad Regional
Perché i piloti non vogliono lavorarci
Gli stipendi sono mediamente inferiori del 35% e, in virtù di un capolavoro contrattuale, hanno un ridotto livello di contribuzione, con il risultato di una enorme contrazione del costo del lavoro rispetto al resto dei piloti dell'Alitalia e delle altre compagnie aeree. Con la situazione di crisi e l'aumento del traffico, altre compagnie stanno assumendo e già una ventina di piloti se ne è andata, mentre un'altra quindicina sta facendo le selezioni per l'assunzione in altre aviolinee. Il risultato è che l'azienda ha grosse difficoltà a organizzare i turni.
Leggi anche: quanto ci è costata Alitalia
Come lavorano gli altri
Rispetto a Ryanair, che fa volare un apparecchio su otto tratte giornaliere, Alitalia riesce a farne 5 o 6. Una mancanza di programmazione efficiente che si ripercuote anche sugli stipendi visto che i piloti sono pagati in base alle ore volate. Il risultato è che i piloti delle altre compagnie fanno quattro tratte su un arco di impegno di setto/otto ore mentre quelli di CityLiner per fare gli stessi voli sono impegnati per dodici ore.
Dove sta il problema
Il risultato è che un pilota o un assistente di volo passano più tempo a "bivaccare" (parole di un pilota) che a bordo. In Alitalia CityLiner si lavora tanto, fino al massimo consentito dalla normativa di sicurezza, ma si guadagna relativamente meno rispetto alla concorrenza: il risultato è una bassa qualità della vita dei dipendenti accompagnata da una bassissima produttività. Il problema è tutto organizzativo e riguarda la strutturazione delle tratte e dei cicli di manutenzione che creano buchi enormi nella giornata di lavoro.
Cosa succederà quest'estate
La previsione è nera. I piloti lavorano tanto per volare e guadagnare poco e gli aerei sono sottoutilizzati. E, vista la fuga verso Ryanair, Norwegian, Neos ma anche Etihad, questa estate ci sarà il collasso. Il contratto, per dare un minimo di sicurezza salariale, prevede un minimo garantito di 63 ore settimanali e l'azienda non riesce a utilizzarle.
Questa situazione, riferisce il segretario nazionale della Filt Cgil, Nino Cortorillo, "purtroppo si verifica anche sui voli a corto e medio raggio dell'Alitalia. In questo caso la situazione è meno esasperata perché gli stipendi sono più alti ma la disorganizzazione complessiva è sostanzialmente la stessa.