Il lavoro si trasforma, è tempo di dire addio agli uffici, agli orari, ai cartellini. Tutto sta andando verso una direzione più ‘agile’ e flessibile, in una parola (inglese) smart. In sostanza, gli smart worker non hanno bisogno di un poso di lavoro fisso, anche inteso come luogo fisico, ma lavorano 'da remoto', a casa o anche in spazi di coworking. Dopo l’approvazione in Senato, il 10 maggio 2017, della legge sullo smart working, non manca più niente. L’Italia, anche dal punto di vista legislativo, è pronta per la nuova sfida.
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Gli smart worker sono più soddisfatti e sereni
Da un’indagine su oltre 1000 persone, condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa, in Italia gli smart worker sono più soddisfatti rispetto alla media dei lavoratori. Il 35% è più sereno, grazie all’opportunità di conciliare vita privata e lavorativa. Il 41% è più soddisfatto dei risultati raggiunti, rispetto al 16% dei lavoratori tradizionali. Il 46% è entusiasta, mentre lo sono solo il 20%, meno della metà, degli altri lavoratori.
In soli tre anni, dal 2013 al 2016, i lavoratori ‘agili’ sono cresciuti del 40%. Anche se si parla ancora di cifre molto basse. In totale in tutta Italia ci sono, al momento, 250mila smart worker, tra impiegati, quadri e manager. Il 7% del totale, contro un 5% del 2013. Quindi il trend è in crescita, ma la strada è ancora lunga.
Per ora, più uomini che donne
Attualmente sono principalmente uomini (69%) e hanno un’età media di 41 anni. Si tratta di dipendenti inseriti già in una realtà lavorativa aziendale. Ecco le loro caratteristiche principali:
- il 46% è altruista, nel senso di fornire il supporto che viene richiesto;
- il 43% conosce i referenti sui vari temi;
- il 50% si assume responsabilità in più rispetto ai compiti dati;
- il 42% è resiliente;
- il 42% riesce ad integrare lavoro e vita privata;
- Il 35% sa scegliere gli strumenti giusti, digitali e collaborativi, per capitalizzare e condividere la conoscenza.
I consigli di chi lo fa
E’ stato chiesto ai dipendenti di Abbot, una delle prime multinazionali del settore healthcare ad aver attivato forme di lavoro agile in Italia, quali fossero le loro reali esigenze. Gli aspetti più rilevanti da tenere in considerazione - secondo i dipendenti - per cambiare l’approccio al lavoro sono:
- Lo stile di leadership per il 25%;
- Le opportunità di formazione e sviluppo per il 23%;
- L’ambiente organizzativo per il 21%;
- La chiarezza della strategia aziendale per il 13%.
Gli strumenti più efficaci
- Il telelavoro (44%);
- L’ambiente e orari flessibili (33%);
- Servizi di welfare aziendale (22%).
Cosa stanno facendo le imprese
Il 17% delle grandi imprese italiane nel 2015 - in base ad un’indagine Doxa - aveva in atto progetti strutturati di smart working, un +9% rispetto al 2014. E un’impresa su due aveva adottato iniziative per creare più flessibilità, come policy su orari e spazi di lavoro, dotazione tecnologica a supporto, revisione del layout degli uffici o interventi sugli stili di leadership. Tra le Pmi la diffusione, due anni fa, risultava ancora molto limitata.
Anche i dipendenti pubblici possono diventare smart worker?
La risposta è sì. Il 25 maggio è stata approvata in conferenza unificata Stato-Regioni una direttiva del dipartimento di funzione pubblica che fissa modalità e criteri di utilizzo del lavoro ‘agile’ per i dipendenti della pubblica amministrazione.
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“Lo smart working è un'innovazione potente, figlia dello spirito del nostro tempo, che usa la tecnologia per rinnovare l'organizzazione del lavoro, migliorare i risultati e questo vale anche nella pubblica amministrazione, dove si va ad aumentare efficacia ed efficienza. Spero che tutto questo, alla luce anche della nostra direttiva specifica, venga supportato dai dati. Abbiamo deciso in parallelo di misurare come i primi casi di smart working incidano sulla qualità dei servizi ai cittadini: sono certa che presto avremo elementi che indicheranno una migliore qualità", ha dichiarato il ministro della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, durante il convegno ‘Smart work, better life’, organizzato dal Centro Europeo di Studi Manageriali (Cesma).