Se le cause giudiziarie durassero meno, gli investimenti stranieri in Italia tornerebbero a crescere immediatamente. Di più: se si dimezzassero i tempi dei processi, gli investimenti potrebbero raddoppiare. E’ quanto emerge da una ricerca del Centro Studi ImpresaLavoro che ha calcolato l’incidenza dell’inefficienza giudiziaria sull’economia reale dell’Italia. Ne è venuto fuori che, tra le altre cose, una riduzione dei tempi di attesa dei processi non solo attirerebbe più investimenti dall’estero, ma riuscirebbe anche a ridurre il tasso di disoccupazione. Calcolatrice alla mano, una svolta in questo senso potrebbe generare afflussi extra dall’estero per un valore tra lo 0,66 e lo 0,86 del Pil. Tradotto in cifre, il valore oscilla tra i 10,8 e i 14,1 miliardi annui: il doppio dell’attuale. La lunghezza dei processi e dell’arretrato di cause pendenti, infatti, influisce negativamente su variabili chiave come:
- l’attrattività degli investimenti esteri
- la nascita e lo sviluppo delle imprese italiane
- la disoccupazione
- i volumi del credito bancario
Ma è davvero così lenta la giustizia italiana?
Secondo gli ultimi dati, relativi al 2014, prendendo in considerazione le sole cause civili e di diritto commerciale in Italia restavano in attesa di giudizio oltre 2 milioni e 758 mila processi. Si tratta di un record assoluto per tutti i Paesi dell’Europa allargata, in grado di mettere in secondo piano il milione e mezzo di cause pendenti in Francia e le 750 mila scarse della Germania. In particolare, in Italia risultano pendenti, in termini relativi, 45 processi ogni mille abitanti contro
- i 24 della Francia
- i 18 della Spagna
- 9 della Germania
In termini comparati, i 532 giorni medi necessari per le sentenze di primo grado in Italia sono sostanzialmente il doppio rispetto alla media europea. Peggio di noi fa solo Malta con 536 giorni. Per la maggior parte degli altri Paesi, l’attesa è di poco meno di un anno.
Quanto al secondo e terzo grado di giudizio, i numeri sarebbero ancora più impietosi: da noi servono quasi tre anni, in media, per gli appelli e altri tre e mezzo per i giudizi in cassazione.
Ma quali sono le ricadute economiche?
L’inefficienza giudiziaria frena in modo massiccio gli investimenti stranieri, sostiene lo studio che prende poi in considerazione le ricadute economiche partendo proprio dal punto di vista di un investitore internazionale.”Se ci riferiamo al caso italiano, la media degli ultimi tre anni evidenzia investimenti netti annui provenienti dall’estero per un magro 0,72 per cento del PIL. Il dato non si riferisce solo alle acquisizioni di nostre imprese da parte di soggetti stranieri ma all’effettiva apertura di nuovi centri, filiali e strutture in genere da parte dei non residenti: si tratta dunque di nuovi investimenti privati provenienti da investitori internazionali, il cui livello, molto inferiore alla media UE, mostra la scarsa attrattività del nostro Paese”. Ebbene “secondo i numeri di un recente studio pubblicato dalla Commissione Europea, la riduzione delle cause pendenti per numero di abitanti è collegata all’incremento di questo tipo di investimenti: se l’Italia le portasse al livello della media europea potrebbe di per sé generare afflussi extra dall’estero per un valore tra lo 0,66 e lo 0,86 del Pil (in sostanza tra i 10,8 e i 14,1 miliardi annui: il doppio dell’attuale).
La ricetta contro la disoccupazione
Secondo l’analisi di ImpresaLavoro, basata sugli ultimi dati del Ministero della Giustizia suddivisi per distretti giudiziari, un cambiamento di marcia genererebbe una riduzione del tasso di disoccupazione di 5,7 punti. La stima è coerente con quanto rilevato in un report del Fondo Monetario Internazionale, il quale confermerebbe un incremento di diversi punti della probabilità di impiego in seguito a un miglioramento della macchina giudiziaria.