L'Europa cresce ininterrottamente da 15 mesi, l'inflazione sale e il tasso di disoccupazione è tornato a una sola cifra. Tutte ottime notizie per l'Eurozona ma che inevitabilmente si vanno a intrecciare con le politiche della Bce che, secondo quanto riporta il Foglio, potrebbe decidere l'interruzione totale del quantitative easing a partire dal 2018. Si aprirebbe così una nuova fase di incertezza e per la politica italiana sarebbe consigliabile arrivare alla fine del Qe con un governo stabile che si giochi la partita della flessibilità con l'Europa con più forza rispetto a oggi.
Cos'è il 'bazooka' Qe?
Il quantitative easing è uno strumento non convenzionale di politica monetaria, in grado di assicurare la permanenza dell'inflazione al di sopra di una certo valore-obiettivo, fissato dalla Bce "sotto, ma vicino" al 2%. In pratica, la Banca Centrale aumenta la base monetaria - banconote più depositi alla banca centrale - con operazioni di mercato aperto, e la inietta nel sistema finanziario ed economico attraverso l'acquisto di prodotti finanziari, come i titoli di Stato. Più si stampa moneta, più la valuta si deprezza e a guadagnarci è l'export Ue. Altro vantaggio è l'abbassamento dei tassi di interesse.
L'Europa va come un treno
- Nel 2016, la crescita del'area euro ha superato quella degli Stati Uniti (1,7 contro 1,6)
- Il tasso di disoccupazione è a 9,6%
- L'indice Pmi (attività manifatturiera) è in espansione da 43 mesi consecutivi
Questi fattori, sommati al rialzo del prezzo del petrolio, hanno portato l'inflazione a raggiungere quota 1,8 per cento; numeri che non si vedevano da febbraio 2013. Nello stesso periodo in Germania è arrivata al'1,9 e in Spagna al 3. Cosa significa? Bisogna fare un un passo indietro a quando, nel gennaio 2015, Mario Draghi annunciò al World Economic Forum che la Bce avrebbe acquistato al ritmo di 60-80 miliardi di euro al mese. Questa operazione ha fatto risparmiare al'Italia circa 15 miliardi di euro all'anno, grazie a minori interessi sui titoli di Stato. Il governatore della Bce disse anche che lo avrebbe fatto finché il tasso di inflazione non sarebbe tornato vicino alla soglia del 2%. E adesso siamo a quota 1,8%.Per la prima volta Francoforte sta pensando a un'opzione che finora non era stata considerata: non un'ulteriore riduzione del Qe - che quest'anno passa da 80 a 60 miliardi - ma una sua interruzione totale a partire dal 2018, al quale seguirebbe un graduale rialzo dei tassi di interesse.
Gli effetti sulla politica dell'Eurozona
Non sono solo questioni tecniche, gli effetti di questa operazione si ripercuoterebbero anch sulle politiche dei Paesi dell'Eurozona. In primis, sulla politica italiana. Chi vuole andare al voto per arrivare alla manovra di fine anno con un governo stabile capace di trattare sulla flessibilità con l'Europa con forza, potrebbe ritrovarsi avvantaggiato ad andare a elezioni prima che Draghi riponga il bazooka del Qe e prima che il possibile aumento dei tassi di interesse possa far aumentare il costo del debito.
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