Nei giorni scorsi Jeff Seiner, CEO di LinkedIn, ha preso posizione contro le misure antiimmigrazione adottate da Donald Trump. In un tweet ha ricordato che il 40% delle prime 500 società negli Stati Uniti sono fondate o gestite da immigrati o figli di immigrati. Ma ha voluto far seguire alle parole anche alcune azioni concrete. La più importante è l’espansione del piano che l’azienda, acquisita da Microsoft, ha testato in Svezia durante il 2016. Un programma pilota, chiamato “Welcome Talent”, per incoraggiare i datori di lavoro a dare maggiori opportunità ai tanti giovani che nel paese scandinavo hanno trovato una nuova casa. In pochi mesi più di 50 aziende hanno aiutato oltre 2mila rifugiati. Come Marwan.
Il progetto negli Stati Uniti d'America
L’intenzione è quella di esportare il modello svedese, come è stato fatto per il Canada lo scorso ottobre, e di aiutare i rifugiati che attualmente risiedono negli Stati Uniti. Ma non solo. Linkedin, nel suo blog, ha annunciato di voler mettere sul piatto della bilancia le risorse finanziarie necessarie per formare personale che possa aiutare i nuovi arrivati a trovare, in breve tempo, un’autosufficienza economica. Un progetto portato avanti in collaborazione con l’International Rescue Committee e che, in particolare, aiuterà l’organizzazione umanitaria ad attuare programmi di potenziamento nei suoi 30 uffici sparsi nel paese.
Diversità come successo
LinkedIn ha ribadito, inoltre, che parte del suo successo è dovuto dalla grande diversità dei suoi assunti. Talenti che arrivano da tutto il mondo e che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua continua e costante espansione. Allo stesso modo “aiutare rifugiati particolarmente qualificati” significa dare ai paesi che li accolgono nuove opportunità di crescita economica e sociale.