di Francesco Russo
Roma - Prosegue l'ondata generalizzata di vendite sui Titoli di Stato da entrambi lati dell'Atlantico. Mercoledì, la prima asta di bond Usa dell'era Trump si era conclusa con un rialzo del rendimento sopra il 2% (non accadeva da gennaio) e con la peggiore copertura dal marzo 2009, una domanda pari a 2,22 volte l'offerta.
Oggi il tasso del decennale americano ha invece toccato il 2,10%, nuovo massimo del 2016. Anche in Europa si è assistito a un incremento generalizzato dei rendimenti, in particolare in Italia, dove il tasso del Btp decennale ha superato l'1,9%, il massimo da un anno, anche in virtù dell'approssimarsi del referendum costituzionale, considerato dai mercati il prossimo grande appuntamento sistemico.
La principale spiegazione offerta dai trader è che molte delle misure annunciate da Trump, in particolare l'imposizione di maggiori dazi doganali, sono destinate a produrre un aumento dell'inflazione, che svaluta la divisa nella quale i titoli di Stato sono denominati. E le forti vendite di bond Usa di ieri sono apparse a molti legate a massicce operazioni dei creditori cinesi.
Non deve stupire che la tendenza sia la stessa in Europa nonostante il gioco del cambio tra l'euro e il dollaro (che oggi si è fortemente apprezzato): il punto non sono i cambi tra le valute ma le prospettive di inflazione. Così come non costituisce una contraddizione con l'andamento dei bond che un altro punto del programma di Trump, il rientro di capitali dall'estero, abbia causato un rafforzamento del biglietto verde. Quel che è certo è che per i mercati non sarà semplice prendere le misure al presidente eletto.