Roma - Il dibattito riguardante le stime sul Pil contenute nel Documento di Economia e Finanza (Def), principale strumento di programmazione economico-finanziaria del Paese, ha un respiro tutt'altro che prettamente nazionale. Uno 'zero virgola' (per utilizzare un'espressione consueta del presidente del Consiglio, Matteo Renzi) in meno può infatti significare uno scostamento dagli obiettivi di consolidamento fiscale concordati con la Commissione Europea, inasprendo lo scontro già in corso tra chi a Bruxelles difende l'austerita' e chi desidera piu' spazio di manovra per la spesa pubblica.
- IL BALLETTO DELLE CIFRE Nel Def il governo ha abbassato le stime sulla crescita dell'economia dall'1,2% previsto ad aprile allo 0,8% per il 2016 e dall'1,4% all'1% per il 2017. Si tratta di numeri comunque più ottimisti di quelli calcolati dai principali previsori. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha stimato un incremento del Pil pari allo 0,8% quest'anno e allo 0,9% il prossimo, laddove l'Ocse, nel suo ultimo Economic Outlook, punta su una crescita dello 0,8% sia per il 2016 che per il 2017. Vede ancora più nero Confindustria (+0,8% nell'anno in corso e +0,7% in quello venturo), mentre la Commissione Europea aggiornerà le proprie stime a novembre. Lo scorso maggio Bruxelles attendeva per l'Italia un'espansione dell'1,1% nel 2016 e dell'1,3% nel 2017, ciò prima che dall'Istat arrivasse la doccia fredda della crescita zero nel secondo trimestre. Le banche d'affari danno cifre ancora piu' sconfortanti (Citi parla addirittura di un +0,3% nel 2017).
- ANCHE QUESTA VOLTA IL DEBITO NON SCENDERA' Ancora secondo le stime diffuse ieri dal Fmi, il debito pubblico italiano è destinato a salire al 133,2% del Pil nel 2016 (nel 2015 era al 132,7%) al 133,4% nel 2017. Sono quindi pochissimi i decimali che separano l'Italia dall'abbassamento, sia pur frazionale, del rapporto debito/Pil che era stato concordato con Bruxelles e l'ennesima espansione di questo dato percentuale. Per la precisione, si tratta di una differenza di tre decimali, meno dei quattro decimali di scostamento tra la nuova stima sul Pil del 2017 contenuta nel Def e la precedente.
- QUANTO VALE QUELLO 'ZERO VIRGOLA UNO' A prezzi costanti, il Pil italiano si è attestato nel 2015 a oltre 1.636 miliardi di euro. Quello '0,1' spesso evocato nelle discussioni politiche equivale quindi a circa 1,6 miliardi di euro, una cifra pari a un decimo del Pil prodotto dalla provincia di Trento. Il fatidico '0,3' che invece, sulla base delle attese del Fmi, separa il rapporto tra debito e Pil dalla contrazione all'espansione equivale invece grossomodo all'economia della Valle d'Aosta.
- IL GOVERNO VUOLE FLESSIBILITA' SUL DEFICIT... Il governo italiano intende chiedere flessibilità sul rapporto tra deficit e Pil, che nel 2017 avrebbe dovuto essere abbassato dall'attuale 2,4% all'1,8%. Ora l'Italia intende mantenere il dato al 2,4% anche il prossimo anno alla luce delle spese straordinarie per la gestione del flusso di migranti dal Mediterraneo e per finanziare la ricostruzione delle aree colpite dal sisma in Centro Italia. Solo queste due emergenze dovrebbero pesare per lo 0,4% del Pil, mentre il restante 0,2% dovrebbe servire a finanziare altre voci di spesa. Occorrerà però il via libera di una Commissione Europea che, ha sottolineato Renzi la settimana scorsa, è decisamente in debito con Roma per quanto riguarda la questione dei rifugiati.
- MA, A DIFFERENZA DI FRANCIA E SPAGNA, RISPETTA IL PATTO La partita sugli 'zero virgola' ha una forte componente politica. Il governo italiano, obbligato a contrattare flessibilita' su rifugiati e terremotati, quantomeno e' dal 2012 che non sfora il tetto massimo del 3% previsto dal Patto di Stabilità per il rapporto tra deficit e Pil. Roma lamenta quindi una disparità di trattamento in confronto a Paesi come la Francia e la Spagna, che sforano pressoché indisturbati il limite da dieci anni consecutivi. L'Italia, invece, dal 2007 al 2016 ha superato il tetto del 3% solo nel triennio 2009-2011, ovvero durante l'apice della crisi. Sarebbe inoltre politicamente molto arduo per Bruxelles usare una linea dura nei confronti dell'Italia dopo aver graziato Spagna e Portogallo, che lo scorso agosto sono usciti dalla procedura per deficit eccessivo indenni, ovvero senza pagare le multe previste. (AGI)