Roma - Il Nord 'doppia' il Sud nelle tasse pagate allo Stato: nelle regioni settentrionali le entrate tributarie pro capite ammontano a un valore medio annuo di 10.229 euro, nel Mezzogiorno, invece, il peso scende a 5.841 euro.
Lo rivela un'analisi dell'Ufficio studi della Cgia, secondo cui il gettito che grava su ciascun cittadino del Nord è quasi il doppio di quello che ricade su un residente del Meridione. Al Centro, invece, lo sforzo fiscale pro capite si attesta a 9.485 euro.
A livello regionale a svettare in questa particolare classifica è la Lombardia: ogni residente di questa regione versa all'erario e ai vari livelli di governo locali mediamente 11.284 euro. Seguono i residenti del Lazio con 10.426 euro e quelli del Trentino Alto Adige con 10.320 euro. Appena fuori dal podio troviamo gli emiliano-romagnoli con 10.310 euro pro capite e quelli della Liguria con 9.747 euro pro capite. Chiudono la classifica i campani con 5.854 euro pro capite, i siciliani con 5.556 euro pro capite e, infine, i calabresi con 5.183 euro pro capite. La media nazionale si attesta a 8.572 euro per abitante.
Lo studio della Cgia mostra inoltre che su un totale nazionale di 8.572 euro pro capite di entrate tributarie registrate nel 2014 (ultimo anno in cui sono disponibili i dati a livello territoriale), ben 6.989 euro finiscono nelle casse dello Stato (pari all'81,5 per cento del totale); 903 euro pro capite sono destinati alle Regioni (pari al 10,5 per cento del totale) e "solo" 680 euro pro capite (pari al 7,9 per cento del totale) confluiscono nelle casse degli Enti locali (Comuni, Province e Comunità montane).
Il divario fiscale Nord-Sud - spiega la Cgia - è dovuto in larga parte al forte squilibrio economico esistente nel Paese; su 60,8 milioni di abitanti presenti in Italia, il 45,7 per cento risiede al Nord e solo il 34,4 per cento al Sud; a fronte di 24,3 milioni di occupati nel Paese, il 51 per cento lavora nel settentrione e il 27,3 per cento nel meridione; con una ricchezza annua pari a 1.612 miliardi (Pil nazionale), il 55,2 per cento è prodotta al Nord e il 22,8 per cento al Sud; la spesa complessiva annua sostenuta dalle famiglie italiane ammonta a 994 miliardi, di questi, il 52,8 per cento è riconducibile al settentrione e il 26,4 per cento al meridione;in termini di imponibile Irpef, infine, il valore assoluto nazionale e' apri a 777,5 miliardi di euro, di cui il 54,5 per cento ad appannaggio del Nord e il 24,3 per cento di pertinenza del Sud.
Nel 2016 la pressione fiscale è destinata ad attestarsi al 42,8 per cento (al 42,2 per cento se si considera anche quanto vale il mancato gettito legato al bonus degli 80 euro erogato ai lavoratori dipendenti con retribuzioni medio basse), cioè 0,7 punti in meno rispetto al dato riferito al 2015. Lo afferma la Cgia, avvertendo però che resta il rischio di un aumento dell'Iva legato alle clausole di salvaguardie nel 2017.
La riduzione fiscale, fa notare il segretario della Cgia Renato Mason - è ascrivibile "a un leggero rafforzamento della ripresa economica in atto, all'abolizione della Tasi sulle abitazioni principali, all'eliminazione dell'Imu sugli imbullonati, al riconoscimento alle imprese di un extra costo del 40 per cento sugli investimenti effettuati quest'anno e all'eliminazione dell'Irap sulle aziende agricole". Ma per evitare una nuova stangata, entro la fine di quest'anno, prosegue la Cgia, il governo Renzi dovrà trovare 15,1 miliardi di euro per "sterilizzare" la clausola di salvaguardia introdotta con la legge di Stabilità 2015, altrimenti dal 2017 subiremo un forte aumento dell'Iva.
"Nel 2016 - conclude il coordinatore dell'ufficio studi Paolo Zabeo - il fisco ci concede una tregua. In attesa della riduzione dell'Ires dal 2017 e nella speranza che il governo mantenga la promessa di abbassare l'Irpef dal 2018, quest'anno le famiglie beneficiano, in particolar modo, dell'abolizione della Tasi sulla prima casa che ci fa risparmiare 3,6 miliardi di euro di tasse". (AGI)