Taranto - "La nostra uva da tavola può ancora essere la regina d'Italia e d'Europa a patto, pero', di innovare le varietà, aggregare l'offerta e fare più promozione". Luca Lazzaro, presidente di Confagricoltura Taranto, annuncia così l'inizio della stagione dell'uva da tavola, che va da fine giugno a dicembre e rappresenta uno snodo fondamentale per l'intera agricoltura di Taranto e della Puglia. "E' un settore cruciale per la Terra ionica - spiega Lazzaro - perché coinvolge 3mila imprese agricole, il 27 per cento del totale e oltre 5300 addetti." L'Italia produce poco più di un milione di tonnellate di uva, di cui il 60 per cento è made in Puglia, e oscilla tra il terzo e quarto posto nel ranking mondiale, dietro Cina, Turchia e in lotta con l'emergente Iran.
"Fino ad una ventina d'anni fa - sottolinea ancora Lazzaro - dalle nostre parti bastava produrre uva per vendere senza difficoltà a buoni prezzi e conquistare fette consistenti di mercato: a partire dall'uva Italia che, con un nome così, ha il brand incorporato. Ora, invece, bisogna misurarsi con la concorrenza dei produttori di oltre 40 Paesi, molti dei quali si trovano nel Bacino del Mediterraneo e spesso sono avvantaggiati da costi di produzione più bassi, da una burocrazia meno asfissiante e, talvolta, anche da una migliore organizzazione".
"L'embargo russo - rileva ancora Lazzaro - ha penalizzato notevolmente l'uva pugliese, il cui export in quel Paese è crollato del 90 per cento e la Brexit, con l'uscita dall'Ue e la svalutazione della sterlina, potrebbe rappresentare un problema per le nostre esportazioni in Gran Bretagna, un mercato in cui siamo molto attivi".
L'export nel 2014 ha originato vendite per 450mila tonnellate e un controvalore di 550 milioni di euro, ponendo l'Italia in vetta al mercato europeo. Gran parte di questo fatturato nasce, cresce e viene commercializzato in Puglia, regione guida in Italia nonostante la riduzione da 43mila ettari coltivati a 25mila, dal 2010 ad oggi. In testa, secondo i dati Ismea, ci sono Bari con circa 11mila ettari e Taranto, con i suoi 10mila, seguono la provincia della Bat con circa 4mila e Foggia con meno di mille ettari. La stagione, però, sta partendo con poco sprint, a causa "dell'andamento climatico sfavorevole e del mercato che stenta a decollare - dice il produttore di Grottaglie Dodi De Stefano - 150-200 giornate di lavoro solo per l'acinellatura sono una zavorra pesante per i produttori. Avviare, poi, un nuovo impianto di uva senza semi, quella che il mercato sta chiedendo fortemente, significa investire tre anni di tempo e 50mila euro per ettaro da quando si pianta la barbatella al primo taglio: sbagliare varietà può essere deleterio, per questo c'è tanta incertezza tra i produttori".
Insomma, la forbice tra gusti dei consumatori e scelte produttive è ampissima: un giorno per cambiare uva acquistata, mille per rinnovare un impianto, perciò nel mirino dei produttori del Tarantino resta il mercato italiano "con la grande distribuzione come cliente principale", ma c'è soprattutto quello straniero, rileva ancora De Stefano, "con sbocchi importanti in Germania, Belgio, Inghilterra, ma anche Usa, Canada e Polonia". La differenza, come spesso accade, continuano a farla i costi di produzione e il prezzo di vendita. Negli ultimi anni l'evoluzione verso qualità nuove e certificate e l'aumento della manodopera impiegata, soprattutto quando il clima è inclemente come quest'anno, hanno spostato l'asticella più in alto, ma le tensioni al ribasso dal lato della commercializzazione restano elevate. (AGI)