Roma - "Quando il petrolio viaggiava a 100-120 dollari, il debito del gruppo Eni ammontava a 19 miliardi. Con il greggio sotto i 50 dollari siamo riusciti a ridurre la nostra esposizione a 11 miliardi. In altre parole, abbiamo dimezzato il debito mentre il prezzo del greggio crollava fin quasi a un terzo". Lo afferma sui conti Eni l'amministratore delegato, Claudio Descalzi, in una intervista al 'Messaggero'. Il calo del debito è dovuto al fatto che l'Eni si è alleggerita del debito dell'ex controllata Saipem? "Vero - risponde Descalzi - e tuttavia osservo che tutte le principali compagnie petrolifere nel frattempo hanno accresciuto fortemente il loro debito. Cassa operativa e debito in caduta sono due fattori di grande interesse per gli investitori e il titolo non può che goderne. Non a caso dall'inizio dell'anno siamo meglio di 11-12 punti dell'indice di borsa".
Sul prezzo del petrolio Descalzi prevede: "L'Eni ha messo a budget un prezzo medio di 40 dollari per il 2016. Ed è prevedibile, anche grazie al recente accordo tra Russia e Arabia Saudita, che nei prossimi tre anni la stima possa crescere a 50-55 dollari fino a raggiungere 65 dollari nel 2019. Naturalmente non considero la componente speculativa, che, di solito, enfatizza l'altalena dei prezzi".
"Diciotto mesi fa - rimarca Descalzi - c'erano non poche compagnie petrolifere che valevano 30-40 miliardi, ora valgono a malapena 7-8 miliardi. Non esagero se dico che in questo arco di tempo il settore ha visto bruciare mille miliardi di capitalizzazione. Gran parte delle compagnie americane ha pressoché dimezzato il valore". Descalzi sottolinea che "rispetto al 2014 il petrolio è sceso del 70%, ma i costi solo del 20-25%. Il gap è ancora troppo ampio. E ciò elimina dalla competizione non pochi produttori".
Quali sono le cause del valore del petrolio così basso? "Negli ultimi 12 mesi - spiega Descalzi - Arabia Saudita e Iraq insieme hanno prodotto mediamente un milione di barili in più al giorno. Ben più della metà dell'eccesso di offerta che ha toccato in media 1,6 milioni, con punte fino a 2 milioni. Ciò ha svilito ulteriorimente il prezzo". E l'effetto Iran? "A questi prezzi - risponde Descalzi - l'Iran può al più contribuire con 300-500mila barili al giorno, una quantità che non sposta nulla. Certo, Teheran potrebbe produrre altri 2-3 milioni di barili, ma per arrivare a tanto sono indipensabili almeno 150 miliardi di nuovi investimenti: improbabile che in un contesto simile si trovino 150 miliardi per un solo Paese".
E la riserva Usa di oltre un miliardo di barili? "In verità - replica Descalzi - di quel miliardo solo 250 milioni sono il vero eccesso, perché il resto è necessario al funzionamento del sistema energetico americano. E comunque stoccare costa, e chi vende lo fa solo quando il prezzo conviene". Per Descalzi "nell'area del Golfo, ossia Kuwait, Arabia Saudita ed Emirati, c'e' il 36% della produzione Opec. Ed essendo gli unici che possono produrre a prezzi davvero modesti, di fatto hanno in mano il mercato. Non c'è iraniano, americano, venezuelano o nigeriano che possa competere".(AGI)