Restano ancora pochi giorni di vacanza. Gli studenti di ogni ordine e grado torneranno a sedersi nei banchi di scuola tra il 9 e il 18 settembre. La campanella è già suonata giovedì 5 a Bolzano. Gli ultimi a rientrare saranno, invece, gli alunni pugliesi secondo il calendario ufficiale stabilito dalle diverse Regioni.
Le scuole apriranno le porte come lo scorso anno a circa 8,5 milioni di studenti, probabilmente qualche migliaia in meno perché da anni si registra una tendenza alla diminuzione. Il calo demografico che sta investendo il paese fa sentire i suoi effetti anche sul sistema scolastico nonostante l’aumento degli stranieri in classe, ormai diventati il 10% del totale. Se non dovessero entrare in gioco altri fattori, inoltre, nel prossimo decennio possiamo aspettarci un’ulteriore riduzione. Oggi, infatti, gli iscritti alle scuole dell’infanzia e della primaria sono inferiori agli iscritti alle scuole superiori. La maggior parte si concentra in particolare nei licei che vengono preferiti agli istituti tecnici e professionali.
Confermata l’annosa questione delle supplenze. Oltre agli 850 mila professori di ruolo che torneranno in servizio come da routine, saranno chiamati almeno 100 mila supplenti. I sindacati se ne aspettano 170 mila, poco più del numero dello scorso anno, inclusi gli insegnanti coinvolti nei Fit (Formazione iniziale tirocinio). Ma ancora di più si conferma sullo sfondo del primo giorno di scuola lo stato di insicurezza e decadenza degli edifici scolastici. La fotografia che emerge dai dati del Miur non lascia alcun dubbio. Gli interventi degli ultimi quindici anni sono stati insufficienti e ancora oggi 8 strutture su 10 strutture non risultano a norma.
Quante scuole non sono antisismiche
La percentuale è scritta tra i numeri del portale opendata del Ministero ed è da capogiro. In questi giorni gli studenti si accingono a varcare edifici scolastici che nell’87% dei casi non sono stati progettati o comunque successivamente adeguati alle norme di costruzione antisismica. Significa che in caso di terremoto potrebbero danneggiarsi facilmente con evidenti conseguenze per la sicurezza dei suoi ospiti. In verità, i dati (che sono gli ultimi disponibili) si riferiscono all’anno scolastico 2017-18. Nel frattempo alcune scuole sono riuscite a mettersi in regola, ma è verosimile che il quadro generale sia rimasto grosso modo lo stesso con interventi necessari in 50 mila edifici su 58 mila circa.
Del resto, almeno sul fatto che la maggior parte delle strutture scolastiche non sia antisismica, il paese sembra abbastanza omogeneo senza evidenti differenze tra nord e sud. Soltanto nelle aree densamente abitate, dove è naturale che i plessi scolastici siano più numerosi, la concentrazione di scuole non a norma è maggiore. E, infatti, ai primi posti per numero di edifici da ristrutturare troviamo la provincia di Roma (2665), di Napoli (2362) e quella di Milano (1743). Non c’è comunque da stupirsi considerato che le scuole italiane, dalle città ai piccoli centri, sono in larga parte piuttosto datate. All’anagrafe appena il 36% risulta costruito dopo il 1976.
In quante scuole mancano gli spazi per la didattica
La sicurezza in caso di terremoto non è l’unico aspetto che si ricollega all’edilizia scolastica. Le scuole sono alle prese anche con altri problemi strutturali, tra cui quello degli spazi dedicati alla didattica. Spazi che a volte mancano o scarseggiano. Sempre nell’anno scolastico 2017-18, non hanno avuto aule e laboratori a sufficienza per lo svolgimento delle lezioni l’8% delle strutture scolastiche italiane. Si può consultare l’elenco completo, in tutto 4427 istituti di ogni ordine e grado, di seguito con la possibilità di cercare le scuole di proprio interesse. Gli spazi dedicati alla didattica non rappresentano l’unica grave insufficienza. Sono molte di più le scuole prive di aule magne (79%), di spazi amministrativi (56%) e di palestre (55%).
Ancora barriere architettoniche nelle scuole
Pochi giorni prima della crisi di governo è stato approvato dal consiglio dei ministri il decreto Inclusione per favorire la vita scolastica degli alunni con disabilità. Tra le novità di quest’anno, c’è quindi la revisione delle commissioni per l’accertamento medico e la nascita di gruppi di docenti su base provinciale per supportare i vari istituti. Tuttavia, questo come i precedenti sforzi messi in campo per rendere la scuola un luogo inclusivo, non sono riusciti ad eliminare gli ostacoli fisici che non permettono agli alunni disabili di frequentare la scuola allo stesso modo dei loro compagni. Parliamo delle barriere architettoniche presenti ancora in tre quarti quarti dei plessi scolastici soprattutto perché non sono in dotazione apparecchiature specifiche.
In dettaglio, molte scuole italiane sono sprovviste di una piattaforma elevatrice (79%), di un ascensore appropriato (47%), di percorsi esterni (41%) e interni (35%) adatti a disabili, di scale (35%) e servizi igienici (21%) a norma, di porte sufficientemente larghe (20%), di un accesso alle rampe (16%).
Quante scuole sono vicine a fonti di inquinamento
Il traffico delle grandi arterie stradali, i mercati delle piazze del centro storico, il rumore dei cantieri o delle industrie. Che le lezioni in 3905 istituti siano disturbate da qualche forma di inquinamento acustico potrebbe sembrare addirittura normale, anche se un ambiente isolato dai doppi vetri concilia maggiormente la concentrazione. Ma che il disturbo sia rappresentato, invece, da inquinamento atmosferico, come lo è in 1672 casi, è meno comprensibile.
Il Miur ha individuato la vicinanza a possibili fonti nocive per ogni singola scuola di tutte le 58 mila presenti in Italia. As esempio, 496 si trovano vicino a “industrie inquinanti”, 447 ad “acque inquinanti” e 259 addirittura vicino a una discarica. Si tratta di una fetta minima rispetto al totale delle scuole, tuttavia per gli effetti nocivi che questi agenti inquinanti potrebbero avere sulla salute di studenti e personale, si pone la necessità di un intervento urgente.
Le scuole irraggiungibili
Infine, ritorna per questo primo giorno di scuola anche la questione del trasporto che non è legata direttamente all’edilizia scolastica ma al contesto di infrastrutture nel quale le scuole sono inserite. Per alcuni studenti, infatti, andare a scuola risulta più impegnativo di quanto dovrebbe essere. Non sempre, infatti, le sedi scolastiche sono facilmente raggiungibili se non si hanno a disposizione dei mezzi privati.
Questo perché si trovano in luoghi che, in generale, non sono serviti da buoni collegamenti. Il 54% delle scuole non risulta raggiungibile da autobus e tram, addirittura il 91% non lo è dalla ferrovia. Lo scuolabus sembra sopperire a questi deficit nel 65% dei casi. Resta, invece, una ingiustificata mancanza l’assenza nel 43% delle scuole di un trasporto dedicato ai disabili.
Per tutte le ragioni elencate in precedenza, si dovrebbe al più presto ricorrere ai ripari, effettuando degli interventi di ristrutturazione dove possibile oppure costruendo nuovi sedi per le scuole non recuperabili. Una strada, però, che si è dimostrata in questi anni tutta in salita. Secondo la legge 23/96 sulla messa in sicurezza degli edifici, l’iter burocratico che un edificio deve seguire per uscire dal suo stato di decadenza prevede molti passaggi. Innanzitutto che l’ente locale proprietario dell’immobile faccia richiesta di fondi alla Regione e poi che la sua richiesta, una volta valutata dalla Regione, sia trasmessa al Miur.
Come è stato ben spiegato su Agi in una inchiesta dedicata al numero degli interventi nel campo dell’edilizia scolastica, il percorso si arena di solito per mancanza di fondi o per problemi formali. Per questo i diversi governi che si sono susseguiti dal ’96 in poi sono andati in soccorso degli enti locali mettendo a bilancio direttamente delle risorse dedicate all’edilizia scolastica o aiutando in modo indiretto la loro disponibilità.
L’ultimo intervento è stato a fine luglio dell’ex Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che ha sottoscritto con la Banca europea per gli investimenti, la Banca di sviluppo del consiglio d’europa e Cassa depositi e prestiti degli accordi affinché siano concessi agli enti locali dei mutui agevolati per un valore complessivo di 1,5 miliardi di euro. Fino a ora, però, questo come gli altri provvedimenti non si sono tradotti in un cambio sostanziale dello stato di salute delle scuole italiane, che anche oggi alla vigilia del nuovo anno scolastico risulta ancora evidentemente precario.