Con il terzo posto di Valencia Marc Márquez si è laureato campione del mondo della MotoGP. Sesto mondiale vinto per lui considerando anche le altre classi del Motomondiale (125 e Moto2), quarto titolo nella classe regina: non solo, quarto negli ultimi cinque anni e quarto su cinque mondiali in MotoGP disputati dal pilota di Cervera.
A parte il 2015, anno di dominio Yamaha, Márquez ha imposto la sua legge nella MotoGP sin dalla sua prima stagione, nel 2013. Campione all’esordio nella classe regina: un risultato non riuscito nemmeno a Valentino Rossi, che vinse il suo primo mondiale in 500 al suo secondo anno (2001) salvo poi vincere la prima edizione assoluta della MotoGP nel 2002.
Il 2017 di Márquez: il fattore Australia
Il 2017 della MotoGP è stato un anno dai tre volti: le prime gare lasciavano presagire un anno magico per Maverick Viñales, lo spagnolo al primo anno da pilota ufficiale Yamaha con Valentino Rossi. Partenza folgorante con due vittorie nelle prime due gare, terza gara vinta alla quinta tappa in Francia: fino a quel momento una sola vittoria per Márquez e nessuna per Dovizioso. Poi la Yamaha ufficiale ha vissuto una crisi tecnica e di risultati che ha escluso dai giochi mondiali sia Viñales che Rossi, quest’ultimo limitato anche da un infortunio in allenamento che lo ha tenuto fuori a Misano.
La seconda parte del Mondiale ha visto un’alternanza in vetta Márquez-Dovizioso culminata con lo spettacolare corpo-a-corpo dell’Austria nel quale Dovizioso iniziava a farsi concreto candidato al titolo, l’unico pilota davvero capace di ostacolare Marc Márquez.
A differenza di quanto accaduto in Formula 1, dove la terza parte della stagione ha visto la Ferrari perdere terreno in modo netto, in MotoGP il post-Misano (dove Márquez aveva ripreso in vetta Dovizioso, così come a Monza Hamilton riprese e superò Vettel) è stato più equilibrato, con Dovizioso capace di tenere il ritmo e di togliersi la soddisfazione di battere nuovamente Márquez in un uno-contro-uno, in Giappone.
La differenza la fa, di fatto, una singola gara: quella dell’Australia, nella quale Márquez vinse guadagnando 22 punti su Dovizioso, solo tredicesimo, superato sul traguardo anche dal compagno di marca Scott Redding. Per il resto i due centauri si sono spartiti punti e vittorie su piste reciprocamente favorevoli: autoritaria doppietta Ducati a Sepang con Márquez in difesa (solo quarto), Honda dominante ad Aragon e, appunto, in Australia. La gara dell’Australia ha scavato un solco insormontabile, rendendo l’ultima gara di Valencia un disperato tentativo di rimonta finito, purtroppo per Ducati e Dovizioso, nella ghiaia.
Il 2017 va in archivio con cinque piloti capaci di vincere tutte le 18 gare. Dei cinque, l’unico estraneo ai team ufficiali Honda (Márquez e Pedrosa) e Yamaha (Viñales e Rossi) è proprio Dovizioso, vincitore di 6 gare. Avevamo già avuto modo di sottolineare il superlativo 2017 di Dovizioso, e ora, a Mondiale finito, possiamo fare conti definitivi.
Il 2017 è la migliore annata di Dovizioso in MotoGP, nella quale ha realizzato il miglior piazzamento Mondiale e il suo record di vittorie annuali (6, stesse vittorie di Márquez quest’anno) e di punti: non è bastato, però, per avere ragione di un fenomeno assoluto, capace di entrare fra i più grandi della storia del Motomondiale: Marc Márquez.
Il marziano Márquez
Con il quarto mondiale in MotoGP e sesto assoluto Márquez entra di diritto nell’Olimpo dei piloti del Motomondiale.
Limitandosi alla sola MotoGP, Márquez diventa il secondo pilota per numero di titoli vinti (4), secondo solo a Valentino Rossi (6).
Con il titolo 2017 il pilota catalano ha così superato Lorenzo, fermo a 3.
La Honda si conferma compagna fedelissima di Márquez, conducendolo per la quarta volta alla doppietta mondiale piloti - mondiale costruttori. La casa giapponese si conferma leader nella MotoGP: ottavo mondiale piloti vinto (4 Márquez, 2 Rossi, 1 Hayden, 1 Stoner) contro i 7 della Yamaha (4 Rossi e 3 Lorenzo) e decimo mondiale costruttori: qui stacca nettamente Yamaha (5) e Ducati (un titolo, nel 2007 magico di Stoner).
Proprio di Casey Stoner Márquez è stato erede in HRC: arrivò nel team ufficiale Honda nel 2013 per sostituire Stoner, campione nel 2011. Il Cabroncito ha vinto subito nel 2013 grazie a 6 vittorie e 16 podi che gli hanno permesso di chiudere con 4 punti in più del secondo classificato Lorenzo.
Nel 2014 ha replicato subito segnando un dominio totale: +67 punti dal secondo classificato, 13 gare vinte su 18 di cui 10 nelle prime 10 gare, 11 nelle prime 12.
Il 2015 invece è stato il suo anno più negativo: terzo posto finale dietro alla coppia Yamaha Lorenzo-Rossi a 88 punti dal campione del mondo spagnolo. Solo 242 i punti raccolti, frutto di 5 vittorie e 9 podi (suo record negativo in MotoGP).
Nel 2016 è tornato campione: “solo” 5 vittorie, 12 podi e 298 punti totali con un eloquente +49 sul vicecampione Valentino Rossi. Valentino nel mirino A proposito di Valentino Rossi: riuscirà Márquez a raggiungere e superare - in termini di Mondiali - il campione italiano, icona del motociclismo, secondo solo a Giacomo Agostini per quanto riguarda il numero di Mondiali? Al momento, i numeri dei due sono i seguenti.
Già così vediamo che il campione spagnolo è nella scia di Valentino e, nelle pole, l’ha già superato. Ma facciamo un ulteriore esercizio, provando a confrontare i numeri di Márquez con quelli di Valentino dopo la sua stagione dei ventiquattro anni (anni di Márquez oggi), ovvero i numeri della carriera di Valentino alla fine della stagione 2003.
Paragonato al Valentino ventiquattrenne del 2003, Márquez ha vinto un Mondiale in più (6-5), ha più del doppio delle pole, 12 podi e 2 vittorie in più. Per cui facendo una proiezione è legittimo aspettarsi che Márquez possa raggiungere e superare Rossi. Quello che i numeri non dicono, però, è che Valentino Rossi è Valentino Rossi, soprattutto per quello che successe dopo il 2003.
Quello infatti fu il suo ultimo anno in Honda, che in quegli anni dominava senza rivali la MotoGP: Rossi decise coraggiosamente il passaggio in Yamaha, che veniva da anni di profonda crisi.
Il resto è leggenda: quattro mondiali vinti, di cui due subito dopo il passaggio nel 2004-2005, quindi di nuovo iridato nel 2008-2009. Dopo la cupa parentesi in Ducati (2011-2012) Rossi ritornò sulla moto dei tre diapason sfiorando il Mondiale nel 2015. Inoltre, dopo l’arrivo di Rossi Yamaha si è collocata stabilmente fra le migliori moto del mondiale, come confermano i tre titoli vinti anche da Lorenzo.