Blog e post discriminatori in aumento per un razzista sempre più online ma anche una preoccupante riduzione delle denunce da parte delle vittime. Secondo Lunaria, il razzismo, in Italia, non sembra destinato a scomparire, anzi sta diventando sempre più un’arma utilizzata in contesti politici e mediatici, come durante dibattito sulla proposta di legge sullo ius soli , anche se lo ius soli non avrà alcun impatto sui migranti in arrivo.
È un razzismo più sfacciato, su media e social network, quello segnalato dall’associazione di ricerca romana in “Cronache di ordinario razzismo. Quarto libro bianco sul razzismo in Italia”, con 1.483 discriminazioni e violenze fisiche e verbali monitorate da gennaio 2015 a maggio 2017. Una cifra che supera i 4mila atti discriminatori se si osservano i comportamenti degli italiani dal 2011 ad oggi. “La novità di questi ultimi anni è la fortissima legittimazione del razzismo sia nel dibattito politico che mediatico”, a dirlo ad Agi Serena Chiodo, referente dell'area migrazione e antirazzismo di Lunaria. “Gli atti di razzismo non non sono quasi mai apertamente condannati da politica e media che in diversi casi cercano, se non di giustificarli, quanto meno di dare loro una certa comprensione”. Infatti, mentre nel Terzo libro bianco del 2014 Lunaria aveva segnalato come la crisi economica stesse accentuando l’antagonismo italiani/stranieri, negli ultimi tre anni – secondo l'associazione - questa polarizzazione ha creato le basi per la giustificazione di violenze fisiche e verbali.
Il razzista virtuale
Il profilo del razzista, quindi, trova terreno fertile nel clima di impunità sostenuto dall'occhiolino di parte del mondo della politica e della comunicazione (dove alcune testate, come si sottolinea nel report, sono impegnate a giustificare l'equazione musulmano-terrorista) ma anche dal filtro dell'universo online. Una crescita esponenziale, infatti, quella registrata da Lunaria nell'ambito di post razzisti su siti, blog e social network che passano dall'1% registrato nel 2015 e nel 2016, al 15% nei primi cinque mesi di quest'anno (ovvero quasi un episodio la settimana).
“Il computer, l'anonimato di un profilo fake o la presenza di gruppi privati fa sentire l’utente privo di ogni responsabilità – continua Serena Chiodo – Tanto che siamo sempre più testimoni di azioni razziste portate avanti proprio con l'intento di diffonderle online, senza avere la minima preoccupazione delle conseguenze”. È il caso del video, realizzato lo scorso febbraio da tre addetti di un supermercato Lidl, in cui la telecamera di un cellulare ha ripreso due donne rom rinchiuse dentro un gabbiotto dopo essere state viste frugare tra i rifiuti. Strazianti le urla delle donne, abbastanza da farlo diventare un video virale che ha ottenuto decine di migliaia di visualizzazioni.
Atti discriminatori che, secondo Lunaria, stanno diventando sempre più 4.0, “trovando nella rete uno spazio di incontro e di reciproca contaminazione”, si legge sul report. Come nel caso dei due addetti della Lidl, a favore dei quali era sceso al loro fianco nella tribuna virtuale di Facebook il leader della Lega Matteo Salvini, chiedendo il boicottaggio della catena di supermercati e la difesa dei due dipendenti licenziati che, a suo dire, erano stati lasciati a casa “solo per avere fermato e filmato due ladre”. Per un copione che si ripete uguale nei commenti di parte del popolo virtuale a favore delle barricate costruite a ottobre 2016 a Gorino per impedire l’arrivo di 12 donne e 8 bambini richiedenti asilo o dell’aggressione compiuta a fine agosto contro un richiedente asilo ad Acqui Terme. Un panorama che delinea il ritratto di un popolo virtuale che sembra sempre più abituato a insultare migranti, omosessuali, musulmani e diversamente abili.
“Non denuncia più nessuno”
Guardando i numeri di violenze fisiche e verbali del Quarto libro bianco sul razzismo in Italia verrebbe da essere ottimisti. Gli atti discriminatori, infatti, sono passati da più di 900 sia nel 2013 che nel 2014, a 739 due anni fa, per una inflessione che arriva a poco più di 500 episodi nel 2016 e a 220 nei primi cinque mesi di quest’anno. Eppure, secondo gli autori del rapporto, questa drastica diminuzione non equivale a meno razzismo nell’aria ma a denunce che stanno diventando sempre più inesistenti. “All'interno di un contesto sociale in cui chiunque può permettersi di lanciare offese e insulti razzisti senza che vi sia alcuna condanna da parte di media e società - continua la referente dell'area migrazione e antirazzismo di Lunaria - sempre meno vittime denunciano episodi di razzismo subiti perché non si sentono tutelate”.
E se il razzismo è più legittimato, ordinario e perfino ostentato, allora l’under reporting sarà sempre più preoccupante. “Di pochi giorni fa la scoperta, a Rosarno, di una banda di ragazzi, tutti minorenni tranne uno, che fermava i braccianti agricoli stranieri di ritorno dai campi in bicicletta per massacrarli di botte - continua Serena Chiodo - Le violenze andavano avanti da anni, eppure nessuno dei migranti si è mai sentito abbastanza tutelato da decidere di denunciare questa situazione”. Complici i media che, continua Chiodo, “talvolta omettono notizie scomode, sono protagonisti di esplicite affermazioni razziste o fanno associazioni pericolose, come quando il quotidiano Libero si accanisce contro i cittadini di fede musulmana in coincidenza di attentati terroristici”.
Ma la una mappa dell’intolleranza è fatta anche di omissioni. Come “la distratta dimenticanza della morte di Faye Dame nell’Hotel di Rigopiano, poi rigorosamente ricordato come incensurato”, si legge sul rapporto, oppure “il recupero delle più ‘tradizionali’ stigmatizzazioni” che non vedono alcuna differenza tra immigrato, criminale, terrorista, untore e stupratore”. Altri frutti del mondo mediatico? “Una trasmissione di grande audience - sottolinea il report - in cui i rom sono stati definiti da un ospite in studio ‘la feccia della società”. Altra omissione della stampa ha riguardato l’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo nigeriano di 36 anni, morto il 5 luglio 2016 a Fermo. Un episodio che la stampa ha derubricato a una rissa ad opera di un ultrà, “trascurando l’appartenenza del responsabile della violenza a gruppi di estrema destra”, continua Chiodo.
Perché il razzismo continua a uccidere. Come il colpo di fucile che il 21 settembre 2015 ha tolto la vita a Sare Mamadou, accusato di avere rubato un melone marcio in un campo di Lucera. La pallottola che a febbraio 2015 ha ucciso Roberto Pantic mentre dormiva nella sua roulotte a Calcio, in provincia di Bergamo. Oppure i pugni che hanno fatto smettere di respirare Muhammad Shazad Kan, cittadino pakistano di 28 anni, picchiato a morte a Roma nel quartiere di Tor Pignattara il 18 settembre 2014. E accanto alle violenze fisiche, cresce il ruolo avuto da “gruppi” e “ignoti”, i secondi spesso indicati come sconosciuti responsabili dei danni alle strutture destinate ad ospitare i migranti nel nostro paese. “Le denunce sono fatte contro ignoti - continua Serena Chiodo - anche se è noto come la maggior parte siano da accreditarsi a gruppi di estrema destra come Casa Pound e Forza Nuova”.
I dati del Quarto libro bianco non solo sono cifre statiche, visto che la “legittimazione del razzismo” a tratti mediatica e politica che viene descritta nel report spesso getto fumo negli occhi ai partecipanti di dibattiti pubblici, come nel caso della proposta di legge sullo ius soli. “Il razzismo offusca ogni discussione”, continua la referente dell’area migrazione di Lunaria. Infatti, nonostante lo ius soli sia una proposta che non ha niente a che vedere con l’arrivo di profughi o richiedenti asilo - essendo una riforma che interesserebbe i bambini nati in Italia da genitori stranieri e non migranti in arrivo da Africa e Medio Oriente - formule di razzismo contro i migranti sono spesso utilizzate da coloro che sono contrari a questa riforma, “facendo credere che se passerà lo ius soli si avrà ‘un'invasione’”. Chiude l’attivista di Lunaria, “il razzismo piega tutto ai suoi fini”.