Sempre più spesso bufale, le notizie false che circolano in rete, riescono a bucare più delle notizie vere, verificate e diffuse dalle testate mainstream. Ma se il complesso e variopinto universo delle fake news riuscisse addirittura a influenzare la democrazia? È l’ipotesi che emerge dal report Securing Democracy in the Digital Age realizzato dall’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), secondo cui la diffusione virtuale delle bufale può condizionare l’esito delle elezioni. Una tesi molto forte, avvalorata da un esempio eclatante: la vicenda che ha reso Donald Trump il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America.
Bufale e opinioni: il caso Trump
Le elezioni presidenziali americane del 2016 che hanno portato alla vittoria del repubblicano Donald Trump contro l’avversaria democratica Hillary Clinton sono state influenzate dal flusso di informazioni, spesso false, circolate nelle settimane precedenti ai seggi. Questa la conclusione cui giunge il rapporto ASPI, che mette in relazione la diffusione di bufale e l’oscillazione delle opinioni degli elettori man mano che ci si avvicinava al voto.
Il primo risultato interessante è legato all’auto-percezione degli utenti. “Perché una bufala si riveli efficace – si legge nel report – non è necessario che convinca tutti. È sufficiente che crei un certo livello di confusione, in modo da minare la fiducia nelle fonti ufficiali.” Esattamente ciò che si sarebbe verificato nel caso Trump: le fake news diffuse in rete avrebbero contribuito a screditare i media, generando indecisione.
Questo dato è confermato da un sondaggio, riportato nel rapporto ASPI, realizzato dal Pew Research Center americano. Qui si vede che ben l’88% degli aventi diritto di voto si definisce molto o un po’ confuso dalla diffusione di bufale legate alla politica, mentre solo il 12% dichiara di avere ancora le idee chiare.
GRAFICO 1: Percentuale di adulti americani che ha dichiarato di essere confuso/a sull’attualità a causa delle fake news
Dal grafico si vede che il livello di confusione percepita è piuttosto trasversale, e interessa persone diverse per fascia d’età, genere, titolo di studio e reddito.
Il ruolo di Facebook
Non è difficile immaginare che la principale cassa di risonanza per la diffusione di bufale siano i social media, e in particolare Facebook. Securing Democracy in the Digital Age conferma questa ipotesi, dati alla mano: il report mostra infatti come, avvicinandosi alle elezioni, l’impatto delle fake news su Facebook abbia progressivamente superato quello delle notizie mainstream.
GRAFICO 2: Condivisioni, reazioni e commenti delle fake news su Facebook
Se tra febbraio e aprile 2016 le fake news legate ai due candidati hanno coinvolto poco meno di 3 milioni di persone, nei quattro mesi precedenti al voto il numero è triplicato, arrivando a quasi 9 milioni. Il tutto a discapito delle fonti ufficiali, il cui engagement su Facebook (ovvero la somma di condivisioni, reazioni e commenti) è passato da 12 a 7 milioni di persone.
Questi dati sono calcolati a partire dalle 20 notizie false più diffuse (vedi grafico qui sotto), che da sole avrebbero superato le top-news elettorali di quotidiani come Washington Post, New York Times, Huffington Post, e altri.
Trump VS Clinton: le fake news più diffuse
‘Papa Francesco sconvolge il mondo e appoggia Donald Trump’. ‘WikiLeaks conferma che Hilary vende armi all’ISIS’. ‘Obama rifiuta di lasciare la Casa Bianca se Trump sarà eletto’.
Prima dell’8 novembre 2016, l’Election Day forse più combattuto della storia degli Stati Uniti, navigando in rete si poteva trovare davvero di tutto.
Ecco i 20 titoli, tutti legati a notizie false, che da uno share all’altro hanno fatto il giro del mondo.
GRAFICO 3: Le 20 bufale su Trump e Clinton più condivise su Facebook
L’origine delle bufale
Ma come nasce una bufala? Tracciare la genesi e l’evoluzione delle fake news non è semplice, perché si tratta di un fenomeno rapido e in continuo cambiamento. E spesso i siti dove vengono prodotte notizie false hanno vita breve, o cambiano frequentemente nome.
Tuttavia il caso delle ultime elezioni americane permette di individuare alcuni filoni principali all’interno della ‘fabbrica online’ di bufale, evidenziate da un recente studio dell’Università di Stanford citato dallo stesso report ASPI.
‘Cani sciolti’. Molti siti web aggregatori di notizie false su Trump e Clinton erano gestiti da utenti singoli, spesso molto giovani. Ad esempio, indagini realizzate separatamente da BuzzFeed e dal Guardian hanno ricostruito che oltre 100 di questi siti erano proprietà di un adolescente originario di Veles, una piccola città della Repubblica di Macedonia.
Realtà organizzate. In base all’analisi ASPI, la dimensione più complessa – e più allarmante – è quella che vede veri e propri gruppi organizzati alla base delle fake news. Il report cita ad esempio un’indagine dell’FBI a proposito di fonti russe legate alla criminalità informatica.
Produttori ‘di professione’. Non mancano infine i costruttori di bufale seriali. Uno dei casi più clamorosi, che ha giocato un ruolo rilevante anche nel caso Trump, è il sito denverguardian.com.
Fake news e democrazia
Nello studio dell’Australian Strategic Policy Institute, il caso americano della vittoria di Trump evidenzierebbe dunque un legame crescente tra la diffusione delle bufale e l’andamento dei moderni sistemi democratici.
È difficile dire con certezza in quale misura le fake news abbiano effettivamente aiutato Trump nella sua campagna elettorale; ma i dati mostrano in modo chiaro uno sbilanciamento delle notizie false a favore dell’attuale Presidente, quasi i tre quarti del totale delle bufale più diffuse.
GRAFICO 4: Proporzione delle fake news pro-Trump e pro-Clinton e relative condivisioni
“Il processo decisionale dei cittadini – commenta Zoe Hawkins, autrice del report ASPI e attualmente esperta di Cyber Policy presso il Dipartimento di Affari Esteri del governo australiano – può effettivamente essere influenzato dalla diffusione di notizie false. E la democratizzazione dei media rende il propagarsi di questo genere di cattiva informazione più semplice di quanto non fosse in passato. Tuttavia la tecnologia non è in sé positiva o negativa: dobbiamo semplicemente essere consapevoli del fatto che può avere un grande effetto su di noi e sulle nostre opinioni.”