Nel 2025 potrebbero mancare in Italia circa 16.500 medici specialisti nel settore pubblico. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che il 23 dicembre del 2018 ha compiuto quarant'anni, sta affrontando uno dei momenti più difficili dalla sua istituzione: l'emergenza per la carenza del personale sanitario. Dopo lo sciopero nazionale dello scorso 23 novembre e la bocciatura alla legge di Bilancio 2019, i sindacati dei medici del SSN hanno ottenuto le prime risposte alle loro richieste a seguito dell'incontro del 21 gennaio con la ministra Giulia Grillo.
L'impegno da parte del ministero è su due punti in particolare: la modifica del comma 687 della legge di Bilancio che rinviava il rinnovo del contratto nazionale (CCNL) dei dirigenti medici e lo sblocco del tetto di spesa per il personale. Le due misure verranno presentate come emendamenti al decreto Semplificazioni. Sulla base di queste garanzie i sindacati hanno deciso di sospendere lo sciopero indetto per il 25 gennaio, confermando però lo stato d'agitazione fino a che il D.L. Semplificazione non sarà legge.
Le associazioni denunciano condizioni di lavoro nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali sempre più difficili per via del numero di lavoratori insufficiente a coprire tutte le esigenze del settore. E per risolvere la situazione i medici fanno richieste specifiche. A cominciare dallo sblocco del turnover, introdotto dalla Legge n. 296 del 2006 con il vincolo della spesa per il personale sanitario, che ha impedito di sostituire i medici pensionati con nuovi assunti. Una misura che secondo l'Associazione medici dirigenti (ANAAO Assomed) ha portato oggi alla carenza di circa 10.000 medici.
I dirigenti medici chiedono di aumentare il finanziamento sia per le nuove assunzioni che per i posti destinati alla formazione specialistica dei neolaureati. Da tempo il numero di laureati è superiore alle borse per la formazione specialistica disponibili, cosi' si è creato quello che le associazioni chiamano un "imbuto formativo" che ha lasciato in sospeso circa 10.000 giovani medici. Un passo in avanti in questa direzione è stato fatto: il numero di borse nel 2018 e' passato da 6200 a 7100 con un aumento di 900 posti, ma per le associazioni bisognerà arrivare a 9.500/10.000 borse per garantire la copertura di tutte le specializzazioni mediche.
I numeri dei pensionamenti
In assenza di una politica di assunzioni mirata, ANAAO Assomed ha calcolato che nel 2025 potrebbero mancare in Italia circa 16.500 medici specialisti nel settore pubblico. Attualmente i medici vanno in pensione in media a 65 anni e secondo ANAAO la curva dei pensionamenti raggiungera' il suo culmine tra il 2019 e il 2022 con uscite intorno a 6000/7000 medici l'anno. Entro il 2025 dei circa 105.000 medici impiegati nel pubblico ne andranno in pensione circa la metà: 52.000 dipendenti. Confrontando i pensionamenti con le stime dei medici specializzati assunti dal SSN nei prossimi anni, i sindacati hanno calcolato che diverse discipline mediche affronteranno una carenza di specialisti.
Prima tra le specializzazioni che si troveranno maggiormente sguarnite è pediatria: di qui al 2025 andranno in pensione 6.127 pediatri. Al secondo posto anestesia e rianimazione (5.671 pensionandi), poi medicina d'urgenza (5.662), medicina interna (3.857), chirurgia generale (3.452), radiodiagnostica (3.087), malattie dell'apparato cardiovascolare (2.663), ginecologia (2.472), psichiatria (2.398), ortopedia (2.063).
Abbiamo i medici più vecchi d'Europa
Dai dati diffusi da Eurostat, l'ufficio statistico dell'Unione Europea, sembra che questa preoccupazione verso l'ondata dei prossimi pensionamenti dei medici italiani sia giustificata. L'Italia ha i medici più vecchi d'Europa, con il 54% del totale che ha dai 55 anni in su, ed al ventesimo posto in Europa per l'età dei suoi medici. Il primato della gioventù del personale medico va a Malta, dove oltre il 43% ha meno di 35 anni.
Mancheranno anche i medici di base
A causa della età media generale molto alta, le carenze dei medici italiani non riguarderanno solo gli specialisti del SSN ma anche i medici di medicina generale. La Fondazione italiana medici di famiglia (FIMMG) ha calcolato che nei prossimi 5 anni andranno in pensione più di 14.000 medici di famiglia. Secondo le stime di FIMMG nel 2022 si registrerà il picco di pensionamenti, con l'uscita dal sistema di 3.500 medici. Il trend negativo potrebbe continuare negli anni successivi e raggiungere la cifra di 29.000 nel 2029 in assenza di politiche di assunzione mirate. Anche in questo caso il problema sarebbe la mancanza di un sistema che garantisca il ricambio generazionale: troppi pensionamenti e insufficienti borse per i Corsi di Formazione Specifica in medicina Generale a compensare.
Dal confronto con gli altri stati emerge che l'Italia già oggi ha un numero abbastanza basso di medici di famiglia. Nel 2016 erano 54.063, cioè circa 89 medici per 100.000 abitanti: meno di un medico di famiglia ogni 1000 persone. Secondo dati del 2016, l'Italia è al decimo posto in Europa per rapporto tra medici di medicina generale e popolazione: i nostri 89 medici di base ogni 100.000 abitanti è un dato lontanissimo dai 253 del Portogallo, che è primo in graduatoria, seguito da Irlanda (179), Austria (159), Paesi Bassi (157), Francia (153), Belgio (114), Lituania (100), Germania (98), Cipro (92). All'ultimo posto si trova la Grecia (42), molto staccata dalla penultima, la Bulgaria (64), mentre anche Regno Unito e Spagna si trovano in fondo all'elenco, rispettivamente con 76 e 75.
Scarseggiano anche gli infermieri
Nel SSN italiano i tagli richiesti dalle finanziarie alle politiche di assunzione del personale non riguardano solo i medici, ma anche infermieri e personale sanitario di supporto in generale. Ancora una volta nel confronto internazionale l'Italia si posiziona agli ultimi posti della classifica OCSE. Il rapporto tra il numero di medici del SSN e gli infermieri si è mantenuto piuttosto basso negli anni.
Ma tra i Sistemi sanitari regionali ci sono molte differenze. Così in regioni come la Calabria, per ogni medico dipendente troviamo mediamente 1,86 infermieri mentre in Emilia Romagna e nella Provincia Autonoma di Bolzano il rapporto supera di poco i 3 infermieri ogni medico.
Secondo rapporto OASI 2018 di CERGAS, in base alle caratteristiche della popolazione italiana e alle malattie più diffuse, il SSN dovrebbe spingere verso l'aumento del numero di infermieri. Gli italiani hanno un'età media di 45 anni e il 22,6% ha dai 65 anni in su. Le malattie più diffuse sono di tipo cronico (come cardiopatie, ictus, cancro, diabete, malattie respiratorie croniche etc.) dal lungo decorso e richiedono assistenza infermieristica (cure domiciliari, monitoraggio e gestione delle patologie eccetera).
La spesa sanitaria e le assunzioni
Negli ultimi anni la spesa sanitaria italiana è rimasta relativamente costante: secondo i dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) dal 2009 oscilla tra l'8,8% e il 9% del PIL. Una percentuale più vicina a quella di altri Paesi del Sud Europa (Spagna 8,8%, Portogallo 9%, Grecia 8,4%) che ai Paesi dell'Europa Occidentale (Francia 11,5%, Germania 11,3%, Regno Unito 9,6%). Tra le voci di spesa sanitaria la quota maggiore è destinata a coprire i salari dei dipendenti. La Ragioneria Generale dello Stato ha calcolato che negli anni questa parte di spesa si è progressivamente ridotta, passando dal 39,8% del 2000 al 30,7% del 2017. In particolare, secondo il rapporto OASI 2018 del Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria e Sociale (CERGAS) della Bocconi di Milano, dal 2010 al 2016 il SSN ha osservato una riduzione del personale a tempo indeterminato di quasi 41.000 dipendenti.