Sabato 19 maggio la Juventus alzerà sul prato dell’Allianz Stadium il suo trentaquattresimo scudetto, settimo consecutivo, quarto della gestione di Massimiliano Allegri, accompagnato per il quarto anno di fila dalla Coppa Italia. Nei cinque maggiori campionati europei nessuna squadra aveva mai inanellato per quattro stagioni consecutive l’accoppiata coppa-campionato. Questi sono i record più visibili e raccontati della Juventus 2017-18, ma come è arrivato questo double? Soprattutto, come è arrivato il settimo scudetto, un titolo che sembrava compromesso dopo il clamoroso 1-0 del Napoli a Torino, che pareva ormai lanciare gli azzurri verso il sorpasso?
Abbiamo individuato tre fattori numerici che possono fungere da chiave di lettura per la Serie A 2017-18. Il primo è che la Juventus, una volta in testa da sola, negli ultimi sette anni non ha mai subito il controsorpasso. Il secondo è il calo del Napoli nella parte finale del campionato 2017-18. Il terzo è che il tanto discusso “brutto gioco” della Juventus - senza addentrarci nell’estetica - non trova riscontro nei numeri che esprimono la qualità del gioco di una squadra.
Vietato sorpassare
La Juventus 2011-12 di Antonio Conte è ormai lontanissima parente di quella 2017-18 di Massimiliano Allegri. Di quella rosa sono rimasti fino al settimo scudetto solamente 5 giocatori: Gianluigi Buffon (ancora per oggi), Stephan Lichtsteiner, Andrea Barzagli, Giorgio Chiellini e Claudio Marchisio. La Juventus 2011-12 vinse lo scudetto alla 37esima giornata grazie al 2-0 di Trieste al Cagliari e al contemporaneo 4-2 con cui l’Inter sconfisse i cugini del Milan. 81 punti Juve, 77 Milan e primo scudetto post-Calciopoli in cassaforte. Sei anni dopo la Juve mette in bacheca il titolo sempre alla 37esima, ma raggiungendo quota 92 punti, col Napoli fermo a 88. Un saldo di 11 punti in più: come a dire che per vincere il tricolore, rispetto a quell’annata, sono richieste 3 vittorie e 2 pareggi in più, ovvero almeno 4-5 risultati utili.
Questo ci può dire due cose: o che la qualità media della Serie A è calata - ovvero le big fanno punti più facilmente - o sono aumentate le qualità di chi sta al vertice. Quello che resta invariato è che la Juventus riesce sempre a impedire il controsorpasso. Una virtù che quest’anno ha sicuramente contribuito a incrinare le certezze del Napoli, nonostante la vittoria della squadra di Sarri allo Stadium il 22 aprile. Una vittoria che aveva seriamente messo a rischio questo tabù.
La Juventus, una volta preso il comando, non lo molla più. Sin dal 2011-12. Dopo due terzi di stagione in altalena (la Juve fu a lungo capolista, ma il Milan aveva gare da recuperare), i bianconeri superarono i Campioni d’Italia alla 31esima giornata in occasione del 2-0 di Palermo e della contemporanea sconfitta rossonera in casa con la Fiorentina dell’ex Juve Amauri. Mai davvero in discussione i titoli 2013, 2015 e 2017 con la Juve quasi protagonista solitaria per tutti quei campionati. Negli altri 3 titoli, invece, la capacità di non mollare il primato creando affanni psicologici alle avversarie si è sentita.
Nella stagione 2013-14, quella in cui la Juventus stabilì il record di punti in Serie A, la Roma partì fortissimo con 10 vittorie consecutive nelle prime 10 partite. La Juve era in scia, ma fu staccata dopo il clamoroso 4-2 subito a Firenze. Poi i giallorossi calarono, la Juve li avvicinò, li sorpassò e poi pian piano scavò un solco sempre più ampio fino al crollo della Roma a Catania. La stagione 2015-16 partì malissimo per i bianconeri ancora scottati dalla finale di Berlino. Raccolsero un solo punto nelle prime tre partite di Serie A. Dopo l’1-0 subito a Reggio Emilia col Sassuolo la Juve sembrava ormai fuori dai giochi, trovandosi a -12 dalla vetta dopo un quarto di campionato. Invece piazzò una rimonta clamorosa e il 13 febbraio 2016 sorpassò il Napoli in virtù dell’1-0 dello Stadium. Poi non lasciò più la vetta. Quest’anno la storia si è ripetuta: la Juve parte bene, ma il Napoli parte meglio.
Al momento dello scontro diretto dell’andata il Napoli è a +4. In caso di sconfitta Allegri scivolerebbe a -7. Ma il tecnico livornese tracciò la rotta: “Dobbiamo stare vicini alla testa della classifica, ma il campionato si decide a marzo”. La Juve vinse 1-0 al San Paolo, dando una svolta alla propria stagione.
Il sorpasso si è poi consumato alla 28esima giornata, giocata il 3 marzo, rispettando clamorosamente la tabella tracciata da Allegri. La Juve espugna l’Olimpico al 94’ con un gol di Dybala, due ore dopo il Napoli perde in casa contro la Roma 4-2. Due settimane dopo, nel recupero del match contro l’Atalanta, la Juve va a +4 e costruisce il tesoretto che - al netto dei saliscendi - impedisce al Napoli, che sbanca lo Stadium, di sorpassarla. Quel punticino conservato nonostante la disfatta ha consentito alla Juve di non perdere la vetta, consolidando un trend positivo storico e togliendo lucidità ai rivali dopo Inter-Juventus, vero crocevia della stagione.
Turnover, partite giocate e fasi della stagione
Un altro leitmotiv della stagione è stato il continuo riferimento, da parte di commentatori e addetti ai lavori, a un Napoli “spremuto” dalla tendenza di Sarri a ruotare poco i propri calciatori al contrario di Allegri, che fa del turnover uno dei suoi marchi di fabbrica.
Se guardiamo l’impiego in campionato delle rose, i numeri sono chiari. Nessun bianconero in 37 partite ha superato quota 3000 minuti. Higuain ci si avvicina, ma si ferma a 2953’. Solo 8 juventini superano i 2000 minuti di impiego.
Diverso il discorso per quanto riguarda il Napoli. Ben 6 giocatori superano quota 3000 minuti in 37 partite, ovvero una media di 81 minuti a gara. Undici giocatori superano i 2000 minuti. E chi sono questi 11 giocatori? Reina, Hysaj, Koulibaly, Albiol, Mario Rui, Hamsik, Jorginho, Allan, Insigne, Mertens e Callejon. Ovvero, quello che in stagione si è rivelato l’undici ideale del Napoli. Oltre a loro, il Napoli ha mandato in campo altri 12 giocatori, per un totale di 23 uomini, gli stessi della Juve. La differenza è che la Juve ha 15 giocatori, quindi più di due terzi della rosa, che hanno giocato meno di 2000 minuti. Fra loro ci sono anche calciatori che sono stati protagonisti della terza parte della stagione bianconera come Douglas Costa, Juan Cuadrado e Medhi Benatia. Se guardiamo al Napoli, tra i 1000 e i 2000 minuti giocati troviamo solo Piotr Zielinski. Gli altri sono tutti sotto i 1000 minuti.
Discorso a parte meritano Arek Milik e Faouzi Ghoulam, che avrebbero avuto ben altro minutaggio se non fosse stato per i gravi infortuni nei quali sono incappati. Come si può spiegare questo diverso atteggiamento fra i due allenatori? In generale le “riserve” della Juventus sono mediamente più esperte e formate, probabilmente più affidabili di quelle a disposizione di Sarri. Inoltre, la Juventus varia alcuni moduli tattici e ciò può favorire le rotazioni fra i calciatori. Il gioco di Sarri invece si regge su meccanismi consolidati che necessitano di grande affiatamento fra i giocatori e questo può forse aumentare la necessità di confermare gli stessi interpreti. Infine, può esserci certamente una maggiore tendenza di Sarri ad affidarsi all’11 ideale, a fronte di una maggiore tendenza al rimescolare le carte da parte di Allegri.
Tutto ciò è bastato per stancare il Napoli e far perdere lo sprint con la Juve? Difficile dirlo con sicurezza, visto il numero elevato di variabili in gioco. Il Napoli ha perso lo scudetto per pochi punti, il che significa che tutto si è giocato sul filo dei dettagli. Infortuni, episodi, buona o cattiva sorte e aspetto psicologico sono difficili da quantificare e da valutare. Tuttavia, alcuni dati ci mostrano che probabilmente il Napoli è arrivato a marzo più stanco della Juve, sul piano fisico ma forse ancor di più sul piano mentale.
Il Napoli pare aver pagato a caro prezzo il sorpasso subito dopo la ventottesima giornata, ovvero proprio all’inizio della terza e ultima parte del campionato. Il grafico sopra mostra infatti il campionato 2017-18 diviso in 3 parti. Al primo “intertempo” (giornata 12) la Juve ha fatto un punto in meno del Napoli. Al secondo (giornata 25) quel punto di ritardo si mantiene, perché Juve e Napoli fanno gli stessi punti: 34-34. Il terzo tempo è quello decisivo: Juve 27, Napoli 22.
Guardando alle percentuali dei punti raccolti sul totale disponibile vediamo che entrambe calano, ma il Napoli lo fa in modo più vistoso: raccoglie solo il 61% dei punti a disposizione, mentre la Juve viaggia al 75%.
Subito dopo Juve-Napoli, Allegri sbottò dicendo che la Juve era più giustificata del Napoli ad essere stanca, “perché loro escono a dicembre dalle Coppe e noi giochiamo molte più partite”. Vero e falso al contempo. Falso, perché la Juve ha giocato solo 4 partite più del Napoli (e la differenza la fanno la Supercoppa italiana di agosto e tre partite in Coppa Italia).
Ma è altrettanto vero che se guardiamo solamente l’ultimo terzo di stagione (ovvero dal 25 febbraio a oggi) la Juve ne ha giocate 18 contro le 12 del Napoli, impegnato solo in campionato. La Juve ha giocato 13 turni di campionato (doveva recuperare il match con l’Atalanta), 3 in Champions (di cui una a Wembley e una al Bernabeu) e 2 in Coppa Italia (semifinale di ritorno e finale). Per cui è innegabile che la Juve abbia dovuto impegnare molte più energie fisiche e mentali nella fase cruciale del campionato rispetto al Napoli; nonostante questo la squadra di Allegri ha incamerato 13 vittorie e 3 pareggi in trasferta (Spal, Crotone e Roma), perdendo solo con Real Madrid e Napoli. Dal canto suo il Napoli ha vinto 6 partite su 12, perdendone 2 (Roma e Fiorentina) e pareggiandone 4 (Inter, Milan, Sassuolo e Torino), dimostrando cioè di essere arrivato nel momento cruciale del campionato con più affanno dei rivali. Nei primi due terzi di campionato il Napoli aveva perso solo con la Juve e pareggiato tre partite. Nell’ultimo terzo di campionato ha vinto a Torino, ma ha perso il doppio (2) e pareggiato un match in più (4) rispetto a quanto fatto nei primi due terzi di campionato.
La Juve gioca male?
Ultimo step della nostra analisi è la qualità del gioco. Se n’è parlato tantissimo in questa stagione: la Juve “gioca male” e il Napoli esprime uno dei giochi migliori in Europa. La seconda parte è sicuramente vera, e come vedremo i numeri lo confermano. Ma la prima? Allegri nel finale di stagione ha anche risposto piccato in un paio di occasioni dicendo che su questo aspetto “si fa troppa filosofia, il calcio è una cosa semplice”. L’unico modo di non addentrarci nella metafisica del pallone è anche qui guardare ai numeri.
Molti indicatori sul gioco offensivo sono a favore del Napoli. Il Napoli fa molti più passaggi e ha anche una percentuale di realizzazione migliore. Perde più palloni, ma ne recupera di più. Tiene la palla mediamente 2 minuti più della Juve (32 minuti contro 30 di media a partita) per una media a partita che supera il 60% e ha portato più di 1100 attacchi alla porta avversaria nel corso di 37 partite. Tanti passaggi e di qualità, propensione offensiva, corsa e palloni recuperati certificano anche numericamente l’impressione visiva: il Napoli gioca senza dubbio un calcio eccellente.
Dal canto suo la Juve ha un possesso palla che supera la mezz’ora di media a partita (56,4% di media), ha il secondo miglior attacco della Serie A e segna più del Napoli, mostrando maggiore efficacia offensiva (rapporto fra tiri e gol), la migliore del campionato. Ha inoltre la miglior difesa, simbolo di grande organizzazione, una percentuale di passaggi riusciti molto elevata (87,1%) e un numero di assist vincenti (cioè passaggi che portano al gol) più alto di quello del Napoli (51-38). Napoli a parte, la Juventus è la squadra che cerca di più il fraseggio (522 passaggi corti a partita), ma rispetto alla squadra di Sarri opera più lanci lunghi, come si vede dalla tabella sopra.
Semmai, quello che si può imputare alla Juve è di aver giocato tecnicamente male in alcuni momenti importanti della stagione, in particolare contro il Tottenham nell’andata degli ottavi di Champions e proprio contro il Napoli nel match di ritorno in campionato. In quelle occasioni la squadra ha sicuramente assunto un atteggiamento non solo troppo difensivista, abbassando eccessivamente il proprio baricentro, ma lo ha fatto mostrando scarsa qualità nel gestire la pressione avversaria (cosa che non è avvenuta a Madrid nel ritorno, se si eccettua l’errore di lettura e posizionamento nell’azione che ha portato al rigore su Lucas Vazquez). Forse è proprio questo uno degli aspetti sui quali la Juventus dovrà ragionare per migliorare ulteriormente e rafforzarsi anche in ottica europea, coniugando la solita ricerca della qualità tecnica con un atteggiamento più propositivo - proprio come fa il Napoli di Maurizio Sarri - anche in partite contro rivali più forti nel palleggio e con maggiori doti offensive.