Una gara sfortunata, ma finita in trionfo: nonostante il nono posto e il doppiaggio subito dal vincitore del GP del Messico Max Verstappen (Red Bull), Lewis Hamilton (Mercedes) ha vinto il campionato del mondo di Formula 1 2017. Quarto titolo iridato per il pilota inglese, ormai inequivocabilmente nell’Olimpo dei grandi della F1. Insieme al rivale Sebastian Vettel, raggiunto a quota 4 titoli, Hamilton è un’icona dell’era post-Schumacher, oltre che il pilota britannico più vincente della storia della F1. Per festeggiare il quarto alloro, come detto, è bastato il nono posto del Messico visto il contemporaneo quarto posto di Vettel, in una gara segnata da un contatto nella prima curva che ha attardato i duellanti al titolo di quest’anno ma che non è riuscita a rovinare la festa iridata a Lewis.
Questo titolo deve avere un sapore particolare per Hamilton, che con questo nuovo trionfo ha così superato anche nei titoli mondiali (4-3) il suo idolo Ayrton Senna: una passione, quella di Lewis per il pilota brasiliano, sfoggiata con orgoglio anche nel casco, ispirato a quello giallo-verde leggendario di Senna.
Un 2017 dai due volti
Delle 18 gare disputate quest’anno Hamilton ne ha vinte 9, ha ottenuto 11 pole e ha realizzato 7 giri veloci. Numeri da dominio, ma che non raccontano fino in fondo il canovaccio della stagione. Il 2017 si è aperto con Hamilton orfano del compagno-rivale Nico Rosberg, ritiratosi dal circus della F1 da campione del mondo. Rimpiazzato Rosberg con Valtteri Bottas, Mercedes si è trovata per la prima volta negli ultimi 4 anni con una scuderia rivale, la Ferrari, davvero capace di crearle concreti grattacapi. In Australia Sebastian Vettel rilanciava la Ferrari dopo anni di difficoltà, riaccendendo le speranze iridate del Cavallino. Un simbolo di quella gara e del 2017, almeno fino alla gara di Monza, fu il pugno rabbioso che il team principal degli uomini in argento Toto Wolff sbatté su un tavolino nel box Mercedes a Melbourne.
Come si vede dal grafico, per buona parte del campionato Vettel è rimasto in testa al Mondiale, con Hamilton sempre vicino, ma all’inseguimento. Il crocevia della stagione è stato proprio il GP d’Italia, quando Hamilton ha superato per la prima volta il tedesco in classifica. Ma è stata con la sciagurata carambola di Singapore Vettel-Verstappen-Räikkönen che le certezze Ferrari si sono sgretolate: primo ritiro dell’anno per Vettel, replicato due gare dopo in Giappone, quando una banale candela lo ha lasciato in panne. Errori, un’inaspettata inaffidabilità e molta sfortuna hanno prematuramente spento le speranze rosse, piegate anche da un Hamilton in modalità Hammer (“martello”, il suo soprannome) capace di vincere, da Monza compresa in poi, 4 gare su 6 incamerando 120 punti sui 150 disponibili, addirittura 118 su 125 se escludiamo l’anomalo GP del Messico.
Nel momento in cui la Ferrari ha balbettato Hamilton ha fatto un sol boccone della preda. Una dimostrazione di forza assoluta del campione inglese: nella classifica degli ultimi 6 GP il secondo è il suo compagno Valtteri Bottas con 83 punti, 37 in meno di Lewis e solamente 2 in più di un Max Verstappen in vertiginosa ascesa (2 gare vinte e 3 podi nelle ultime 4 gare). La Mercedes non ha però mostrato crepe di affidabilità e, aiutata dalla fortuna nel GP più difficile fra i 6 - quello di Singapore - ha letteralmente risolto in scioltezza e con due gare in anticipo un Mondiale piloti che pareva destinato a decidersi solo sui titoli di coda. Purtroppo per Maranello i 57 punti portati a casa da Vettel sono stati briciole paragonati ai 120 di Hamilton da Monza in poi, e di fatto ciò ha chiuso prematuramente i giochi. Per la Ferrari resta la consapevolezza di aver fatto grandi progressi rispetto al pessimo 2016 e di poter ritentare l’assalto al titolo l’anno prossimo.
L’era Vettel-Hamilton
Il quarto mondiale di Hamilton è il terzo che l’inglese vince su Mercedes e il terzo negli ultimi quattro anni. Il suo primo titolo arrivò in McLaren nel 2008, vinto per un punto sul ferrarista Felipe Massa in un GP del Brasile leggendario che si concluse sotto un nubifragio. L’anno precedente l’aveva invece perso per un soffio, sempre in Brasile, beffato da Kimi Räikkönen che, nel suo primo anno in Ferrari, riuscì a riportare il Mondiale piloti a Maranello dopo due anni di regno Renault con Fernando Alonso.
Dopo la breve parentesi Brawn GP su cui Jenson Button vinse il Mondiale nel 2009, gli anni Dieci del Duemila sono stati caratterizzati finora dal dualismo Red Bull-Mercedes, con la scuderia austriaca dominatrice fino al 2013, e quella tedesca dal 2014 in poi. Per questo si potrebbe dire che i due leader di questo decennio, Sebastian Vettel e Lewis Hamilton (7 titoli degli ultimi 8 sono stati vinti da loro due), siano stati fortunati nel trovarsi sul sedile giusto. È vero in parte. Sebastian Vettel ha vinto i suoi 4 mondiali tra 2010 e 2013, in un periodo di superiorità tecnica della Red Bull, anche se nel 2010 fu serrata la lotta con l’allora ferrarista Fernando Alonso, col compagno di team Mark Webber e con lo stesso Hamilton su McLaren, e anche nel 2012 la sua vittoria non fu scontata. Tuttavia rifarsi al solo valore della vettura è miope: in primis, anche la Ferrari del quinquennio 2000-2004 fu un’auto superiore alla concorrenza, ma non per questo si discute il valore del Kaiser, Michael Schumacher. Inoltre, un possibile dato dal quale trarre ulteriore prova del valore assoluto di Vettel e Hamilton è il confronto con i compagni di squadra. Consideriamo il quadriennio 2010-2013 per la Red Bull e quello 2014-2017 per la Mercedes.
Nel primo caso confrontiamo l’andamento di Sebastian Vettel e del compagno Mark Webber, nel secondo quello di Lewis Hamilton contro Nico Rosberg (2013-16) e poi di Hamilton contro Valtteri Bottas (2017). Otto anni, otto titoli mondiali per le due scuderie, sia nel campionato costruttori che in quello piloti: nel caso della Red Bull Vettel batte Webber 4-0, nel caso della Mercedes Hamilton meglio sia di Rosberg, 2-1, sia di Bottas, 1-0. Nei quattro anni Mercedes c’è un complessivo 3-1 di Hamilton sulla coppia Rosberg-Bottas. Ma se guardiamo ai punti il valore dei due pluri-iridati emerge ancora di più.
A parte il 2010, quando Vettel superò Webber solo all’ultima gara, negli altri tre titoli il divario fra i due in termini di punti è netto. Per quanto riguarda Hamilton il gap con Rosberg rimase più contenuto nel biennio 2014-2015. Nel 2016 Rosberg ha superato il compagno-rivale 385-380 soffiandogli il titolo. Il pur bravo Bottas versione 2017 non regge il confronto con Hamilton e al momento nemmeno con Rosberg, sottolineando ulteriormente il valore di Hamilton nei due anni in cui l’inglese ha battuto il tedesco.
Numeri di un campione assoluto
Se non fossimo ancora convinti del valore assoluto del campione inglese andiamo a vedere numeri sulla storia generale della Formula 1.
Hamilton ha corso 206 Gran Premi e ne ha vinti 62, poco meno di uno su tre. Inoltre, è il pilota in attività con la percentuale di vittorie più alta (30,1%). Tra i colleghi in pista presenti nella top ten Vettel si ferma al 23,3% e Alonso all’11%. Guardando ai valori assoluti solo Michael Schumacher ha fatto meglio di lui in termini di vittorie totali (91-62) ma con un centinaio di GP disputati in più (307-206): come percentuale di vittorie The Hammer batte di pochissimo Schumi 30,1-29,6.
Se guardiamo alle Pole Position Hamilton è il più grande di tutti: ne detiene il record (72), meglio di due leggende come Schumacher (68) e Senna (65), entrambi raggiunti e superati dal campione del mondo in questa stagione, in cui ha ottenuto 11 pole su 18 gare (61%). Numeri inequivocabili sul valore del quattro volte campione del mondo.