Avvio e conclusione decisamente movimentati per la seconda settimana del Giro 101, che si è aperta e chiusa nel segno della Maglia Rosa (e Maglia Azzurra) Simon Yates. Dopo la pausa di lunedì scorso, la corsa Rosa ripartiva con il clamoroso crollo di Esteban Chaves, che arrivava a Gualdo Tadino con oltre 20 minuti di ritardo.
Rimasto l’unico alfiere Mitchelton-Scott, Yates ha preso di forza la tappa successiva a Osimo, precedendo il rivale diretto in classifica, ovvero Tom Dumoulin. “Devo costruire un vantaggio di 2-3 minuti in vista della crono della sedicesima tappa”, aveva detto dopo Osimo Yates, che ha attaccato per tutta la settimana e anche sprintato ai traguardi volanti per costruire questo vantaggio.
Obiettivo raggiunto per Yates, che ora ha un vantaggio di 2 minuti e 11 secondi proprio su Dumoulin. Martedì la crono ci dirà se Dumoulin saprà tornare in testa dopo le terribili salite del fine settimana, anche se l’inerzia di questo Giro sembra a favore del britannico della Mitchelton-Scott. Le salite di sabato e domenica hanno prima rilanciato poi affossato Chris Froome, trionfatore sulle rampe terribili dello Zoncolan e poi in crisi nella salita verso Sappada, dove ha subito un ritardo di 1 minuti e 32 secondi dalla Maglia Rosa. Yates ha controllato la fuga del connazionale del Team Sky e ha poi dominato di forza la tappa successiva, la numero 15 Tolmezzo-Sappada, nella quale ha piazzato uno scatto senza possibilità d'appello per i rivali diretti, che hanno incassato un ritardo di 41 secondi.
La Maglia Rosa ha entusiasmato appassionati e addetti ai lavori per il suo atteggiamento coraggioso ma non sprovveduto che coniuga istinto e senso tattico. Ha preso via via consapevolezza dei propri mezzi. Lo dimostrano anche i chilometraggi dei suoi scatti: sull’Etna è scattato a 1,5 km dall’arrivo, a Osimo verso i -5 e a Sappada addirittura quando mancavano 10 km all’arrivo. Yates è stata l’unica Maglia Rosa della settimana ed è stato il dominatore della parte centrale della competizione come un anno fa fu Tom Dumoulin che poi ha vinto a Milano. L’attuale Maglia Rosa ha vinto 2 tappe su 5, come Dumoulin l’anno scorso. Due tappe nella parte centrale della corsa le vinse anche Gilberto Simoni nel 2003: una statistica che porta bene a Yates, visto che l’olandese e il trentino vinsero poi i Giri 2017 e 2003.
Tom Dumoulin ha sicuramente sofferto l’altimetria della settimana, ma a conti fatti ha limitato i danni sullo Zoncolan, rimediando solo una trentina di secondi dalla coppia britannica Froome-Yates e anzi allungando su uno scalatore di professione come Thibaut Pinot. Anche nella tappa di Sappada Dumoulin ha corso in difesa, ma è salito del suo passo e ha comunque ottenuto il terzo posto per un ritardo di meno di un minuto (47’’), abbuoni inclusi. La fine della seconda settimana ha sancito anche la crisi di Fabio Aru. A Sappada ha lamentato un ritardo di poco meno di 20 minuti che ha chiuso ogni discorso di classifica per il Cavaliere dei Quattro Mori. Le speranze di podio per l’Italia sono ora riposte nel solo Domenico Pozzovivo, capitano della Bahrein Merida. Il corridore lucano è arrivato terzo in vetta allo Zoncolan e ha guidato gli inseguitori nella salita di Sappada, dove per alcuni chilometri ha accarezzato l’idea di salire sul secondo gradino del podio della classifica generale mentre Dumoulin stava soffrendo.
L’ultima settimana: cronometro e grandi salite
La terza settimana inizia con la cronometro del 22 maggio che potrà rimescolare un le carte soprattutto in favore di Tom Dumoulin. L’olandese proverà a riprendere la Rosa e, se le gambe lo assisteranno, anche a mettere secondi tra lui e Yates. Saranno 34 km da Trento a Rovereto durante i quali Yates dovrà difendersi e perdere il meno possibile dal campione in carica.
Dopo la crono il Giro lascerà ancora spazio ai velocisti, alla loro ultima chance prima di arrivare a Roma. La tappa va da Riva del Garda a Iseo, 155 km che vedranno ancora protagonisti Elia Viviani e Sam Bennett. Al momento l’italiano conduce per 3 tappe vinte a 2 dopo l’arrivo di forza a Nervesa della Battaglia che ha riportato davanti il veronese dopo il momentaneo pareggio di Bennett a Imola.
Dal 24 maggio ci si sposta invece sulle Alpi per l’ultimo grande assalto alle montagne. Si inizia con la Abbiategrasso-Prato Nevoso, 196 km piatti fino alla salita finale di 20 km. Questa tappa non dovrebbe rappresentare grosse problematiche se non per la lunghezza e la salita finale, ma è un appuntamento importante per chi volesse vincere una tappa ma anche per chi, fra gli uomini di classifica, vorrà mettere in difficoltà la maglia Rosa che potrebbe essere tornata sulle spalle di Dumoulin dopo la crono.
La tappa 19 sarà senza alcun dubbio la tappa regina della corsa rosa 2018. Da Venaria Reale a Bardonecchia, i chilometri saranno 184 km. Presenti 4 Gran Premi della Montagna, nell’ordine: Colle del Lys, Colle delle Finestre con la sua caratteristica strada sterrata che sarà anche la Cima Coppi di quest edizione con i suoi 2178 metri di altezza, Sestriere e gran finale sul Jafferau. La presenza di così tante salite potrebbe mettere in difficoltà le squadre dei pretendenti al titolo, i quali rischiano di restare senza aiuti lontani dal traguardo. Questa tappa potrebbe fare da palcoscenico a una doppia gara tra fuggitivi di giornata pronti a fare il colpaccio e uomini di classifica.
Dopo le fatiche del tappone la ventesima tappa sarà più inizialmente più blanda almeno per i primi 120 km. Dopo di che, però, si inizierà di nuovo a salire verso Cervinia, scalando in progressione Col Tsecore e Col Saint Pantaléon, entrambi GPM di prima categoria, fino alla salita finale che porterà sui 2000 metri. Sarà l’ultima battaglia del Giro 101 che deciderà Maglia Rosa, Azzurra e Bianca (quest’ultima ora in possesso di Miguel Angel Lopez dell’Astana). Qui si chiuderanno i giochi per i pretendenti alla corsa rosa, per poi volare verso Roma per la passerella finale nella capitale che darà spazio ai velocisti rimasti per chiudere in bellezza le tre settimane rosa e assegnare definitivamente anche la Maglia Ciclamino, ora sulle spalle di Elia Viviani.
Il percorso quindi si fa decisamente impegnativo: l’alta montagna prende il sopravvento con ben 594 chilometri su poco più di 800. Sono pochi, solo 34, i chilometri a cronometro ma potrebbero avere un peso specifico davvero pesante. La collocazione all’inizio della settimana - e non alla fine, come nel 2017 - potrebbe rendere la crono una variabile meno pesante dello scorso anno. Tutto dipende dai distacchi che verranno generati dopo questi 34 chilometri di tutti contro tutti. I restanti 270 chilometri per velocisti, che incorniciano le tre tappe alpine, assegneranno la Maglia Ciclamino e accompagneranno la carovana Rosa sul palco della premiazione di Roma.
Dopo le grandi fatiche dello Zoncolan e di Sappada, la settimana inizia con un percorso altimetricamente non preoccupante, non fosse che però si correrà da soli: la cronometro viene catalogata come difficoltà a tre stelle (il massimo è cinque) ma è una tipologia di tappa che può fare davvero la differenza. Dopodiché la difficoltà aumenta esponenzialmente: tre tappe di difficoltà massima, 4 stelle, poi 5 e ancora 5 fino alla passerella finale.
Rimonte e testa a testa nell’ultima settimana di Giro
Yates si presenta ai nastri di partenza dell’ultima settimana con un vantaggio importante ma ancora non rassicurante. Ha corso molto bene nella parte centrale di questo Giro, ma non è riuscito a scrollarsi davvero di dosso Dumoulin, distante come detto 2 minuti e 11 secondi. Un buon margine per Yates, ma non sono così rare le rimonte nella parte finale del Giro. Le variabili che possono stravolgere una classifica da un momento all’altro sono tante e la durissima settimana finale è stata spesso teatro di capovolgimenti di fronte, favoriti da tanta stanchezza nelle gambe e da tappe altamente spettacolari e non troppo prevedibili come le cronometro e i tapponi di alta montagna, in cui salite e discese scrivono di continuo le gerarchie.
Nel grafico qui sopra abbiamo messo in ordine, dal ritardo più ampio al meno ampio, sei casi di rimonte nei Giri più recenti. Questo per sottolineare la grande imprevedibilità del ciclismo e di una competizione durissima come il Giro d’Italia. Ci siamo spinti fino al 2000, anno nel quale Francesco Casagrande riuscì a stare davanti a Stefano Garzelli per una settimana (dalla tappa 13 alla 19) con un vantaggio che oscillava sempre sui 30’’. Tutto vanificato dalla cronoscalata della tappa 20, con Garzelli che piazzò una grande rimonta guadagnando circa due minuti su Casagrande. Una sentenza, perché il giorno successivo il Giro si concluse con la passerella finale.
Altra sentenza, e sul filo dei secondi, anche nel Giro 2012, quando il canadese Ryder Hesjedal rimontò lo spagnolo Joaquim Rodriguez nella crono finale del 27 maggio a Milano. Rodriguez ci arrivava con un vantaggio di 31 secondi, che non bastò perché Hesjedal gliene rimontò 47, finendogli davanti per 16’’. Nel 2014 Nairo Quintana rimontò due minuti e mezzo al connazionale Rigoberto Uran alla sedicesima tappa, posta all’inizio della terza settimana, e allungò il suo vantaggio in modo netto nelle tappe restanti, chiudendo con un vantaggio inequivocabile di poco meno di 3 minuti.
Nel 2016 doppia rimonta nell’ultimo terzo di gara. Vincenzo Nibali chiuse la seconda settimana con un ritardo di 2 minuti e 51 secondi da Steven Kruijswijk, che si ampliò all’inizio della terza settimana fino a quasi 5 minuti, salvo poi evaporare nella grande rimonta firmata dal siciliano su Esteban Chaves, che nel frattempo aveva a sua volta superato Kruijswijk. Nel 2017 l’ultima settimana ha visto una rimonta e controrimonta con protagonista Dumoulin: l’olandese, dopo una seconda settimana eccellente, calò come da previsione sulle tappe alpine, e gli scalatori Quintana-Nibali lo rimontarono. Quintana riuscì a sfilargli la Rosa alla terzultima tappa, ma non riuscì a costruire un vantaggio sufficiente per resistere al ritorno dell’olandese nella crono finale Monza-Milano.