D ove si trova Silvia Romano? Da sei mesi non se ne sa più nulla e questa ragazza, simbolo di un’Italia altruista che vede nell’Africa non un serbatoio di minacce ma di opportunità, sembra sparita tra il Kenya e, chissà, la Somalia.
Una storia, la sua, che meriterebbe ben altre mobilitazioni rispetto all’interesse dimostrato sulle prime dai media, ben presto scemato.
Silvia, tecnicamente una giovane cooperante da poco laureata, si trova nel limbo dei semidimenticati: insieme ad altri italiani, religiosi e no, che stanno pagando con la prigionia il desiderio di testimoniare come ci sia qualcosa di più alto dell’egoismo e più profondo dell’egotismo. Gente che aiuta davvero gli altri a casa loro.
Il caso ora viene riportato nel cono di interesse dei media e della pubblica opinione da un libro dedicato alla vicenda dal giornalista dell’Agi Angelo Ferrari.
Esperto conoscitore dell’Africa, dove ha vissuto a lungo, Ferrari ricostruisce le tappe del rapimento sotto forma di diario, fin dal primo istante, da quando la giovane donna viene prelevata da un gruppo di armati.
Ne scaturisce “Silvia. Diario di un rapimento” disponibile su carta ed in formato ebook per i tipi della casa editrice People.
La verità è in un gioco di specchi
Si interroga Antonella Rampino nell’introduzione: “La domanda su dove si trovi ora Silvia Romano è da formulare in altri termini. È questa, in realtà: Che cosa ci dice di noi, cosa racconta dell’Italia, a mesi e mesi dal suo rapimento, questa domanda?”.
Dal 20 novembre dello scorso anno ad oggi il caso Romano è stato un accavallarsi di speranze e timori, ottimismi (spesso esagerati, spesso fuorvianti) e depistaggi veri e propri.
Come quasi sempre in casi si questo genere, la verità va vista e decrittata attraverso un gioco di specchi, dove la difficoltà di interpretare uno sguardo o una parola, o un’allusione, si assomma a quella di cercare fisicamente un gruppo di armati negli spazi immensi del Kenya.
Ha scritto in questi mesi Ferrari, sintetizzando con maestria l’incertezza che si somma ad incertezza: “Le forze di polizia keniane non dicono nulla. Le autorità italiane nemmeno. Come interpretare questo silenzio? Un sequestro messo in atto da una banda di criminali comuni che, però, con il tempo pare essersi sfaldata, dopo l’arresto di uno dei componenti. Non è chiaro se la giovane sia passata di mano, magari venduta ad una banda di criminali più organizzata. Non è chiaro, nemmeno, dove si trovi la giovane cooperante italiana”.
E così l’interrogativo di fondo resta irrisolto, la domanda continua a rimbalzare nella testa di chi non liquida una scelta esistenziale di generosità alla stregua di un atto di irresponsabilità. Dove si trova quella ragazza? Trovare lei sarebbe ritrovare una parte della nostra anima.