C he importanza ha la Storia? Che posto ha il passato, remoto o prossimo, in una società connessa e veloce, che guarda all’innovazione e al futuro? Perché preoccuparsi di chi e cosa ci ha preceduto, invece di concentrarci sul futuro che verrà?
Quando mi divertivo a leggere le avventure di Alessandro Magno, da bambino, la Storia mi incuriosiva perché era piena di storie, di personaggi, e di aneddoti che sembravano usciti da una fiaba. Oggi, da dottorando in Storia, passo molto tempo a riflettere sul significato dei miei studi ma, paradossalmente, non penso che la mia risposta sia cambiata più di tanto.
La Storia non è un elenco di date e battaglie, né una disciplina ammuffita da vecchi barbogi; la Storia è bella perché è varia, è appassionante perché, nello studiare il passato dal punto di vista del presente, noi storici proviamo a rispettare la differenza fra queste due categorie temporali.
Nelle mie ricerche sugli scienziati del Cinquecento e del Seicento europeo, per esempio, mi è sempre utile ricordare che, oltre ad essere uomini di grande scienza, Galileo, Newton, e colleghi erano anche uomini di grande fede: la ricerca scientifica, per loro, era anche scoprire e ammirare la perfezione della Creazione divina. Non penso che tale definizione sarebbe largamente condivisa dalla comunità scientifica di oggi, cosí come non penso che Galileo, Newton, e colleghi riconoscerebbero alcune discipline scientifiche molto specializzate emerse negli ultimi decenni.
Da questa differenza fra passato e presente, e dal rispetto di questa differenza quando scriviamo e studiamo la Storia, possiamo trarre un insegnamento importante: il nostro momento storico, con le sue credenze e le sue certezze, è relativo. In passato, altri momenti storici hanno portato altre certezze e altre credenze, che col senno di poi riconosciamo come relative; al giorno d’oggi, in altri luoghi esistono altri presenti, con credenze diverse e certezze diverse, anch’essi relativi.
La Storia può dunque essere letta come invito alla tolleranza, al dialogo malgrado le differenze: se ‘il passato è un paese straniero’, come scrisse Leslie P. Hartley, allora la Storia è un viaggio, che ci permette di allargare i nostri orizzonti geografici, temporali, e intellettuali.
Davide Martino si è iscritto in Storia all’Università di Cambridge nel 2013. La sua tesi di laurea triennale sull’artista e diplomatico fiorentino del Seicento Costantino de’ Servi l’ha appassionato al punto di proseguire l’esperienza con un Master in Storia Moderna. Dopo due anni come maestro elementare nella scuola pubblica inglese è tornato a Cambridge a studiare Storia, stavolta per un Dottorato di Ricerca.