AGI - L’ultima volta che sui cieli della Gran Bretagna si stagliò la sagoma velocissima e inconfondibile del missile V-2 è stato il 27 marzo 1945. Era l’esemplare numero 1.402 destinato all’Inghilterra. Un incubo, perché quasi impossibile da intercettare in volo dagli aerei da caccia e da colpire da terra con la contraerea. Al confronto la progenitrice V-1, per quanto moderna e tecnologica per la concezione, era antiquariato, ma parimenti micidiale. Contro le bombe volanti del Terzo Reich, le Vergeltungswaffen (armi di rappresaglia, denominati dalla prima lettera), gli Alleati avevano compiuto sforzi impressionanti per andarle a distruggere appena venivano posizionate sulle rampe di lancio. Oltre 122.000 tonnellate di bombe vennero sganciate dalla Raf e dall’Usaaf nell’Operazione Crossbow (come il titolo del fortunato film inglese del 1965, su soggetto italiano, con George Peppard e Sophia Loren), a partire dal 15 novembre 1943. Quelle missioni costarono l’abbattimento di più di 150 bombardieri.
L’intuizione rivoluzionaria della bomba volante
La missilistica aveva segnato un deciso passo in avanti per le guerre del futuro, quelle senza presenza umana a bordo di ordigni devastanti. Le V-2 erano un’evoluzione impressionante delle V-1. Queste ultime, le Fieseler Fi 103, erano state il primo missile da crociera della storia, i cui studi erano iniziati nel 1939 col progetto di guida con autopilota (velocità e quota) di Fritz Gosslau e Robert Lusser. Mille chili di esplosivo venivano condotti da un pulsoreattore fino a quota 5.000 metri, anche se la tangenza venne dimezzata per problemi tecnici e quella di crociera prossima ai mille metri; in prossimità dell’obiettivo il motore si spegneva e la bomba si proiettava in picchiata sul bersaglio con effetti devastanti e senza sprecare un solo pilota o equipaggio di bombardieri come nella Battaglia aerea d’Inghilterra che aveva dissanguato la Luftwaffe. Venne costruita in circa 30.000 esemplari, un terzo destinati alla Gran Bretagna dove provocarono nella sola Londra, colpita la prima volta il 13 giugno 1944, 25.000 vittime tra morti e feriti. Agghiacciante il momento in cui si avvertiva chiaramente lo stop improvviso del rumore del motore e l’interminabile attesa dell’esplosione. I punti deboli erano la bassa velocità al momento del lancio (da rampe oppure da arei-madre), la possibilità per la caccia della Raf di compiere una comunque difficile manovra in volo ala contro aletta provocando l’interruzione della guida automatica col rovesciamento, il fuoco della contraerea in intercettazione durante l’avvicinamento (ma era difficile inquadrare nel mirino un missile che procedeva a 640 kmh) e soprattutto la rete dei palloni di sbarramento. L’ultimo attacco di una bomba volante spetta proprio a una V-1, il 29 marzo 1945, che fu anche l’ultima violazione dei cieli inglesi da parte dei tedeschi.
Il primo missile balistico della storia
Il salto di qualità avvenne con Wernher von Braun. La V-2 (Aggregat 4, quindi A4) costava 25 volte di più di una V-1, portava circa 800 kg di esplosivo in testata ma superava i 5.000 kmh. Era fantascienza: i più veloci caccia con motore a pistoni non arrivavano a 700 kmh. Il primo missile balistico a lungo raggio era stato lanciato per la prima volta con successo l’8 settembre 1944, ma il suo creatore ci stava lavorando con il suo gruppo di lavoro dal 1936. La produzione era iniziata nel 1943 ma grazie all’Armia Krajowa, l’esercito clandestino polacco il cui ruolo viene troppo spesso taciuto dalla storiografia della seconda guerra mondiale, gli Alleati erano stati informati del progetto ed avevano ricevuto persino alcuni pezzi recuperati dai polacchi da un missile danneggiato. Le V-2 superavano agevolmente la quota di 80.000 metri, dove niente e nessuno avrebbe potuto intercettarle. Durante la guerra ne saranno prodotti circa 4.000 esemplari che provocheranno 9.000 vittime tra morti e feriti. Le armi adoperate contro le V-2 erano, in ordine di importanza e di efficacia, il bombardamento preventivo delle fabbriche e delle rampe di lancio (ma con quelle mobili mancava il tempo utile di intercettazione), l’attacco al momento del decollo e la difesa passiva con i palloni frenanti o attiva nel breve periodo in cui entrava nel raggio d’azione delle batterie contraeree, ma a velocità tali che il tiro era tanto intenso quanto casuale. Gli alti costi di produzione e la non irresistibile quantità di esplosivo trasportabile hanno lasciato ipotizzare un probabile utilizzo per eventuali testate nucleari.
Dal lavoro schiavistico sottoterra dei deportati alla conquista dello spazio
Se il cervello tecnologico era nel complesso di Peenemünde, le fabbriche erano sottoterra, per sottrarle ai bombardamenti angloamericani, come la famigerata Mittelbau-Dora dove veniva sfruttato fino allo sfinimento il lavoro schiavistico dei deportati nei lager, tra cui migliaia di italiani IMI (internati militari). Secondo le stime più attendibili almeno 12.000 deportati sono morti per assemblare le V-2. Aspetti, questi, certamente a conoscenza di Braun e del suo staff, e che aprono a una riflessione morale sull’uomo che alla fine della guerra verrà preso in consegna dagli americani, diventerà responsabile del programma di sviluppo della Nasa, sarà artefice dello sbarco dell’uomo sulla luna, riceverà la cittadinanza statunitense e verrà celebrato come un eroe. Tutto questo era partito dalla V-2 (il nome in codice era quello assegnato dal ministro della propaganda Josef Goebbels ed è così universalmente noto) che nel dopoguerra è stata la base del programma bellico e di conquista dello spazio sia americano sia sovietico.