AGI - “L’Italia del Gattopardo. La cultura come motore del cambiamento” è il titolo del convegno organizzato da Netflix e The European House – Ambrosetti presso la Galleria del Cardinale Colonna a Roma. L'incontro, partendo dalla celebre frase dell’opera de Il Gattopardo “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, è stato l’occasione - per un pubblico composto da istituzioni, mondo della cultura, dell’accademia, dell'industria, del settore audiovisivo e dei media - di riflettere attorno al tema del cambiamento e in particolare del cambiamento culturale in Italia in un’epoca fortemente segnata dall’avvento delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale.
Gli ospiti del panel
Il dibattito è stato moderato da Gianni Canova, Professore Ordinario di Storia e Critica del Cinema Università IULM di Milano, e ha visto la partecipazione di: Maria Vittoria Baravelli, Curatrice d'arte e di fotografia, divulgatrice; il giornalista e scrittore Giovanni Grasso; Giordano Bruno Guerri, Presidente e Direttore Generale Fondazione il Vittoriale degli italiani; Carlo Ossola, Presidente Enciclopedia Treccani; Josè Rallo, Amministratore Delegato Donnafugata; Riccardo Tozzi, Fondatore e Direttore Creativo Cattleya e, in collegamento da Parigi, Ernesto Ottone R., Direttore Generale Aggiunto per la Cultura UNESCO.
Tinny Andreatta, Vice Presidente dei contenuti italiani di Netflix ha aperto l’incontro partendo da Il Gattopardo, l’opera di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che ha ispirato la recente serie Netflix e che, a distanza di oltre sessant'anni dalla sua pubblicazione, pone interrogativi sul rapporto che abbiamo verso il cambiamento. “Abbiamo scelto di rivisitare un capolavoro della letteratura italiana. È stata una scelta coraggiosa, perché sapevamo, fin dall'inizio, che questo avrebbe suscitato dei sentimenti contrastanti. Da una parte entusiamo e curiosità, ma da un'altra scetticismo. E sapevamo che il paragone con il capolavoro di Visconti sarebbe stato ineludibile. Ovviamente stiamo parlando di un film iconico, un punto di riferimento assoluto della nostra cinematografia, che tra l'altro – annuncia Andreatta - sarà disponibile su Netflix a partire dal 15 di aprile in occasione della giornata del Made in Italy, all'interno di una sezione dedicata ai film che hanno segnato la storia del nostro cinema”.
Una collection di film italiani per la giornata del Made in Italy
Tra i film che saranno online sulla piattaforma dal 15 aprile al 15 maggio, nella sezione dedicata al Made in Italy, si troveranno anche tre dei film più iconici del maestro Roberto Rossellini in versione restaurata: “Roma città Aperta” (1945) - che quest’anno celebra il suo 80esimo anniversario - “Paisà” (1946) - e “Germania anno zero” (1948). Non mancheranno i film più iconici di Federico Fellini: “La Dolce Vita” (1960) e - per la prima volta sul servizio - “8½” (1963). Tra i grandi classici della collection "Il Gattopardo" (1963), il capolavoro di Luchino Visconti.
“Oggi - ha dichiarato Andreatta - le storie italiane, i nostri talenti, il nostro patrimonio culturale e la nostra lingua hanno l'opportunità di raggiungere un pubblico globale come mai prima d’ora. Il Gattopardo, È stata la mano di Dio, La legge di Lidia Poët, Il treno dei bambini e tanti altri titoli contribuiscono a raccontare la nostra identità. Ecco perché, oggi più che mai, il nostro lavoro non è solo quello di produrre serie e film, ma di raccontare culture e luoghi che definiscono chi siamo e che, attraverso il potere delle storie, si aprono al mondo”.
Ma se oggi, il Gattopardo è considerato a livello mondiale un capolavoro assoluto, non ha avuto una vita facile. A ricordarlo nelle sue premesse è stato proprio Gianni Canova, Professore di Storia e Critica del Cinema, Università Uilm di Milano “La serie di Netflix, che ha portato sugli schermi televisivi il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, ha avuto prima di tutto il pregio di riportare l'attenzione su uno dei testi più importanti nella storia culturale del ‘900: un romanzo che ha portato scompiglio nelle ideologie e che ha disordinato la rigidità dei fronti politici contrapposti. Quando Il Gattopardo uscì, alla fine degli anni 50 da Feltrinelli, divenne subito un caso esemplare, un caso che dice molto ancora oggi sul rapporto fra gli intellettuali e il Paese e su come spesso le gabbie ideologiche abbiano ostacolato e reso miope la capacità di tanti intellettuali e scrittori di leggere davvero un grande opera-mondo che intercettava invece il gusto del pubblico più ampio” ripercorrendone la storia “Il romanzo esce nel 1958 e il film nel 1963. Siamo in un periodo di grande euforia della storia italiana, c'è l'avvento della televisione nelle famiglie italiane. Sullo sfondo un contesto socio economico straordinario. Attorno a tutto questo si svolgono conflitti, c'era la volontà e la consapevolezza di includere gli artisti nella costruzione della narrazione del mondo in cui viviamo, ma il romanzo viene bocciato due volte da Vittorini che ne sconsiglia la pubblicazione e Sciascia lo criticò. Le polemiche diventarono ancora più feroci quando vinse il premio Strega”.
In collegamento da Parigi, Ernesto Ottone R., Direttore Generale Aggiunto per la Cultura UNESCO nel suo intervento ha annunciato che a giugno si terrà un evento Unesco a Napoli che raccoglierà oltre 400 esponenti del mondo della cultura. “La letteratura è una finestra sul mondo degli altri e uno specchio per noi stessi. Quando i libri vengono adattati per lo schermo trovano nuova vita, nuovi pubblici e nuove opportunità per ampliare i nostri orizzonti. In un mondo in rapido cambiamento, abbiamo bisogno del potere della cultura per promuovere un senso di appartenenza e rispetto per gli altri”.
Per il presidente Enciclopedia Treccani, Carlo Ossola: “C’è una pagina del Gattopardo che aiuta a interpretare questi tempi. Una pagina mirabile in cui il principe distraendosi guarda le stampe appese sulla parete. Dalla fine del 700 i grandi romanzi si sono svolti al chiuso, il più significativo è "Le mie prigioni" di Silvio Pellico tradotto più del Manzoni. C'è nella lezione del Gattopardo la domanda su a cosa serva tutto questo accumulo nevrotico di dati. E, tornando ai giorni nostri, è la prima volta che l'uomo produce qualcosa che lo fa sentire più piccolo”.
A dare una lettura ulteriore al ruolo che questo romanzo ha avuto nel panorama letterario italiano è Riccardo Tozzi, Fondatore di Cattleya: “Trovo che è molto interessante che questo romanzo esca un secolo dopo gli avvenimenti e ci fa capire che noi non abbiamo avuto il romanzo come gli altri paesi. Il romanzo è lo strumento che ha accompagnato la costruzione borghesia, da noi non è capitato perché non avevamo la borghesia.
Il dibattito, quindi partendo dal capolavoro di Tomasi di Lampedusa narra le trasformazioni avvenute nella vita e nella società in Sicilia durante il Risorgimento, dal momento del trapasso dal Regno Borbonico alla transizione unitaria del Regno d'Italia, seguita alla spedizione dei Mille di Garibaldi, quindi tra il 1860 e il 1910. Un’opera che si scrolla di dosso oltre un secolo di storia, per diventare spunto sulla modernità e i nuovi cambiamenti in atto, come solo i grandi classici sanno fare.
A tracciare una linea sull’oggi, è Giovanni Grasso giornalista, scrittore e ufficio stampa del Quirinale: “Oggi stiamo andando verso una rivoluzione copernicana della mente umana. Nei nativi digitali non sappiamo quali modificazioni cerebrali si avranno. Il problema che si pone tra questa nuova rivoluzione tecnologica è che non sappiamo che impatto avrà l'Ia generativa sul mondo della cultura. Ci sono categorie intellettuali che si sentono minacciate: traduttori, interpreti... Ci stiamo muovendo verso un mondo di cui non conosciamo l'approdo. Dove vedo rischi è nel problema del potere che ha sempre cercato di controllare la cultura. Tuttora scrittori e registi vengono incarcerati perché la cultura rappresenta la libertà. – E poi ha aggiunto - Al Gattopardo non credo che abbia fatto bene la sua frase più celebre perché non è quello il cuore del romanzo. Oggi l'impressione è che cambi tutto per tornare indietro. Oggi il tema è quello di riscrivere la storia per essere funzionali alla nuova narrazione”.
Secondo Maria Vittoria Baravelli, Curatrice d'arte e di fotografia, divulgatrice “La cultura esiste davvero solo se è condivisa, come il cinema: il suo sogno, la sua magia, stanno nell’essere sognati insieme. Il grande privilegio che abbiamo in Italia è saper trasformare sempre la nostra eredità in un dialogo, dove l’opera resta “aperta” e viva”.
La mutevolezza delle cose è insita anche nella storia di questo prodotto letterario. Prima rifiutato e poi portato in auge in tutto il mondo. Un successo di cui però l’autore non godrà mai perché la pubblicazione da parte di Feltrinelli, dopo importanti no, arriverà solo postuma.
“Siamo di fronte a una storia senza tempo. Se un'opera letteraria raggiunge questo risultato è veramente il massimo. Io sono la V generazione di imprenditori e i miei figli saranno la VI” racconta José Rallo, Ad Donnafugata. Il marchio aziendale di una delle aziende vitivinicole più prestigiose al mondo trova origine proprio nelle pagine di questo romanzo, dove “Donnafugata” altro non è che la regina Maria Carolina che in fuga da Napoli, trova rifugio laddove oggi si trovano i vigneti aziendali.
“Quando negli anni ’80 nasce Donnafugata, miei cercavano un appiglio nell'italianità... E quindi un nome il cui nome coinvolge tutto il mondo. Perché il Gattopardo è riconosciuto in tutto il mondo e ha milioni di lettori appassionati. Nella collaborazione con Netflix abbiamo dedicato al nostro vino più pregiato "Mille e una notte" una speciale etichetta dove è rappresentato il palazzo del romanzo. Di questa serie mi sono innamorata perché questa voce racconta la lingua dei giovani. Un racconto che si rivolge ai giovani e tutto sommato egoisticamente anche a me faceva comodo presentare il mio vino top a un pubblico diverso. Oggi parliamo di come l'arte si possa legare a cibo, vino. Il cambiamento è la scelta di cosa tenere e cosa lasciare andare”.
Al termine del panel, Andrea Pruiti Ciarello, Presidente della Fondazione Famiglia Piccolo, ha simbolicamente consegnato a Netflix e The European House - Ambrosetti una copia dell’ultima lettera scritta da Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La lettera, indirizzata al cugino dell’autore e datata 26 giugno 1957, evidenzia il valore di Villa Piccolo per Tomasi di Lampedusa, il quale ha scritto gran parte del romanzo proprio nella Villa, traendo ispirazione dalla vista sull’Arcipelago delle Eolie. Netflix e Indiana Production hanno ricambiato offrendo alla Fondazione un oggetto di scena della serie: il telescopio donato a Concetta da Don Fabrizio durante la permanenza della figlia in convento.