AGI - Non è un caso che un po’ come per la Camden Town londinese, i tour turistici a Roma accanto alle obbligate tappe di Fontana di Trevi o San Pietro da qualche tempo prevedano anche Corviale, il Pigneto e ovviamente Garbatella. Perché un’altra Roma, ricca di spunti storici, architettonici e sociali, tanto fascinosa quanto spesso problematica, esiste intorno a quella che tutti conosciamo. Stefano Caviglia, giornalista e storico, la racconta nel suo ‘Roma, bella in periferia’ (Intra Moenia editore) appena sbarcato in libreria e negli store digitali.
Il suo è un viaggio che parte dal 1870, quando dopo la breccia di Porta Pia la città popolata da appena 220 mila persone con il nuovo ruolo di capitale d’Italia vide una crescita impetuosa e smisurata del suo perimetro abitato e la nascita di nuovi insediamenti: a partire da Testaccio (pensato come quartiere che doveva ospitare fabbriche e operai protagonisti di quella che si rivelò poi una mancata industrializzazione) e da San Lorenzo: oggi più che centrali, ieri periferie pure destinate ad accogliere i nuovi immigrati, spesso ex braccianti agricoli che non potevano certo permettersi una casa nel centro di Roma.
Ma c’è periferia e periferia: accanto a quella tardo ottocentesca, Caviglia accompagna i lettori in quelle nate agli inizi degli anni Venti come Garbatella e Monte Sacro e tra le borgate realizzate dal fascismo tra gli anni Trenta e Quaranta, da Prenestino al Trullo, da Primavalle al Tufello a Tor Marancia passando per il Quarticciolo. Il filo rosso che lega tante diverse realtà è, come spiega Caviglia, la memoria collettiva: “Camminando tra le loro strade si ha la sensazione di trovarsi in tanti piccoli paesi, ciascuno con un proprio genius loci che per certi versi si identifica orgogliosamente con Roma e per altri, altrettanto orgogliosamente, se ne distingue – chiarisce – essere di Primavalle, del Quadraro o della Garbatella, di Corviale e tanto più di San Lorenzo o di Testaccio, non è una mera indicazione di provenienza topografica ma una forma di identificazione sociale che fino a qualche tempo fa sconfinava facilmente nella politica”.
Caviglia prende per mano il lettore conducendolo nella storia e nella vita contemporanea della periferia, spesso fonte di ispirazione cinematografica.
Ma fu soppiantato da Garbatella, omaggio alla bella ostessa che di cognome si chiamava Garbata o alla di lei figlia: mamma (o figlia) sono raffigurate nel bassorilievo che campeggia in piazza Bonomelli, sopra l’iscrizione “Garbatella”. Tra aneddoti, ricostruzioni storiche, sociali e politiche e foto suggestive Caviglia esplora il Pigneto progettato dall’architetto Carlo Pincherle, padre di Alberto Moravia, destinato ai lavoratori delle Ferrovie e oggi protagonista della movida.
E quindi il Quarticciolo (con il suo leggendario “Gobbo”) l’ultima borgata che il regime fascista consegnò alle famiglie disagiate nel 1942, il Serpentone di Corviale, “detto anche Stecca, Mostro, Bronx o Chilometro sdraiato”, protagonista di dibattito social-architettonico ma anche di leggende metropolitane: da quella che gli imputa la scomparsa del ponentino romano a quella che racconta che il suo principale progettista, l’architetto Mario Fiorentino, si sia suicidato dopo aver visto la sua creatura, mentre è noto che morì di infarto. Si chiude con il Laurentino 38 e con il sogno infranto della sua area verde simile a Central Park e con Tor Bella Monaca “Torbella”, paesone di 30mila anime costruito tra il 1982 e il 1984 con aspettative sociali che si infransero clamorosamente e che ancora oggi nonostante l’impegno di parecchi abìtanti stentano a realizzarsi. Ci vorrebbe un ‘Jeeg Robot’ come quello cinematografico interpretato da Claudio Santamaria nel celebre film di Gabriele Mainetti ambientato proprio a Torbella.