AGI - Ci capiscono gli animali? Per Alberto Rollo, appena tornato in libreria con il romanzo ‘Billy il cane’ (Ponte alle Grazie), non solo lo fanno, ma sono addirittura in grado di parlare. Il problema è che noi non comprendiamo, per esempio che restano animali nonostante le apparenze addomesticate, e quindi capaci di scelte estreme ed inconcepibili come quella di andare a morire da soli nell’abbraccio della natura.
‘Billy il cane’ è la cronaca delle ultime ore del bastardino dalle lunghe orecchie aguzze realmente adottato dall’autore, che nell’estate del 2017 sparì nel nulla delle campagne toscane avvertendo l’approssimarsi della fine. Uno strappo così straniante che Rollo ha deciso di metterlo su pagina, misurandosi con un espediente letterario ad altissimo coefficiente di difficoltà: Billy parla, racconta quello che sente e soprattutto ciò che ha vissuto.
Non sono pochi gli esempi in letteratura di personaggi a quattro zampe, da Omero a London, da Mann a Woolf, Rollo sa di essere in buona compagnia, ma il suo ha la particolarità di essere colto, grazie all’ascolto costante dei soliloqui del padrone e per aver assunto osmoticamente, attraverso morsi alle copertine, il contenuto della sua sterminata libreria. Quindi il suo eloquio è classico e raffinato, improvvisamente crudo e poi capace di scarti lirici.
Ci si chiede, leggendo, su quanti tavoli abbia voluto giocare l’autore: un’ironica sferzata al trend dell’autofiction, figlia del suo prestigioso bagaglio esperienziale da editor, o solo un omaggio al ricordo? Di sicuro si registra l’impulso ad alzare l’asticella e quello di accentare il senso di solitudine, raccontando la percezione che esistano universi inespressi, che non sappiamo intendere anche se sono vicini. Billy il cane ragiona su rabbia, intuizioni, stratagemmi, necessità di mantenere carattere e visione del mondo. Se mette al centro la natura, descrivendone il potere taumaturgico, quella che intende esplorare, oltre le apparenze, è umana. Silenzio, sintonizziamo i sensi: ci sono voci che parlano da dentro, ma non sentiamo. La frequenza da riallacciare si chiama fantasia.