AGI - Il primo esemplare vedeva la luce il 27 settembre 1908 nello stabilimento di Piquette, nei pressi di Detroit, per iniziare una storia costellata di record che si sarebbe conclusa nel 1927 con oltre 15 milioni di auto prodotte. Nome semplice, Ford Model T, e tutto davvero semplice per la vettura destinata a rivoluzionare la motorizzazione di massa negli Stati Uniti. Costava 850 dollari, la paga di 170 giorni dell’operaio che la produceva, e che Ford pagava di più rispetto agli altri costruttori. In teoria tutti potevano permettersela. Il prezzo era meno di un terzo di quello dei modelli offerti dai marchi concorrenti.
Un mito celebrato dal mercato e dal cinema
Un’icona finita nelle comiche mute di Mack Sennett e in quelle di Stanlio e Ollio, spesso disassemblata in mille pezzi a riprova della sua facilità di smontaggio e manutenzione. Henry Ford con la sua torpedo aveva messo in rampa di lancio la modernità e non solo per la prima catena di montaggio in grande serie che riduceva tempi e costi: poco meno di tre metri e mezzo di lunghezza, poco più di mezza tonnellata di peso, quasi tremila di cilindrata (2.893 cmc) e una velocità appena superiore a 70 kmh per 20 cavalli di potenza. La si alimentò a benzina perché il prezzo del petrolio era in ribasso, e per assemblarne una ci voleva appena un’ora e mezza. La Ford Motor Company con la Model T avrebbe invaso il mercato.
Quattro “papà” per un simbolo a quattro ruote
Oltre a Ford, i suoi “papà” erano Charles Harold Wills e due ungheresi, József Galamb e Jenő Farkas, che videro lontano e indicarono la via del progresso. Se la struttura era semplice e funzionale, oggi sarebbe problematico guidare una “T”. Due sole marce, che si innestavano con uno dei tre pedali (come la retromarcia, con un secondo pedale), acceleratore azionato con una levetta a mano, trazione sulle ruote posteriori dove si trovavano gli unici freni, a tamburo, una banale balestra come sospensione, praticamente nessuna strumentazione, raggi di legno sul cerchione in modo tale che qualunque artigiano che si occupava di manutenzione delle carrozze a cavalli ancora molto diffuse potesse sostituirle o ripararle, avviamento a manovella; ma il sistema di accensione era firmato dal genio di Tomas Alva Edison. Il serbatoio della benzina era sotto al sedile anteriore, e in una seconda serie davanti al cruscotto, opzioni che oggi ne impedirebbero l’omologazione per la pericolosità.
Un successo straordinario da 15 milioni di esemplari
Si attribuisce a Henry Ford la frase secondo cui la Model T poteva essere ordinata di qualunque colore purché fosse il nero, opaco perché la vernice costava meno e si abbassavano i tempi di produzione, ma in realtà anche se la gran massa era di quella tonalità le tinte diverse non mancarono. L’idea che la fece concepire è contenuta in un altro concetto di Henry Ford: quello che non c’è non si rompe. E la Model T non lasciava a piedi. Il successo fu strepitoso e non fu necessario neppure un battage pubblicitario per sostenerne le vendite. Auto poliedrica e modulabile, poteva facilmente essere modificata secondo i gusti e le necessità, nelle versioni da rustico camioncino da campagna e da elegante classe Sedan per l’alta borghesia, oltre alla standard Touring. Nel 1918 ne fu lanciata una versione convertibile in trattore e nel 1924 venne festeggiato il decimilionesimo esemplare.
Dalle comiche di Stanlio e Ollio a icona di un’epoca
Il cinema hollywoodiano se ne appropriò subito, ed era impossibile non farlo, considerata la sua diffusione. Con Stan Laurel e Oliver Hardy l’inconfondibile sagoma della Model T divenne un emblema dell’America. Nei corti e nei lungometraggi veniva disassemblata, schiacciata tra due tram, segata in due, contorta, e continuava a marciare, smontata pezzo a pezzo, fatta finire in acqua, disintegrata da una barca. Era il simbolo a stelle e strisce della motorizzazione di massa, in città e nelle campagne. Col tempo il prezzo d’acquisto si era più che dimezzato. Ma quello stesso progresso che nel 1908 l’aveva fatta nascere, dopo quasi venti anni e record di tutti i tipi la rese obsoleta. L’ultimo esemplare uscì dalla catena di montaggio il 27 maggio 1927. Entrata nell’immaginario, icona di un’epoca, era destinata a perpetuare il suo mito nei musei dell’automobile. Il suo cuore, il motore, venne invece prodotto fino al 1941.