AGI - Prima di 'Romanzo criminale', libro di Giancarlo De Cataldo e poi film e serie tv, la malavita a Roma nell'immaginario collettivo era considerata solo come episodica, frammentata, rappresentata da tanti boss di quartiere che comandavano in zone limitate, se non in veri e propri rioni. Dopo che il libro del magistrato ha raccontato una storia diversa, di criminalità organizzata anche nella Capitale, tutto è cambiato e oggi tutti hanno ben chiaro che anche a Roma esiste un'organizzazione che detiene il potere criminale, fatta anche di legami oscuri con la politica (e la Chiesa). Pero' a Roma in realtà non c'è mai stata un'organizzazione analoga a quelle mafiose del Sud. Negli anni, infatti, i cosiddetti 'padroni di Roma', nati o arrivati da fuori città (o fuori Italia) dopo la fine della banda della Magliana, si sono divisi il controllo di ampie zone della città. Al punto che è stato possibile disegnare una mappa del potere malavitoso nella Capitale.
A raccontare il lato oscuro di Roma a mano armata è Lirio Abbate, giornalista siciliano esperto di mafia che da qualche anno realizza importanti inchieste sulla criminalità romana. Oggi Abbate pubblica 'Demoni - Droga, affari e sangue, la mappa del potere nella Capitale' (Ed. Rizzoli, pagg. 253 - Prezzo: 18,50 euro) in cui presenta ai lettori i principali protagonisti - gli ultimi in ordine di tempo - della scena del crimine organizzato romano. A partire dal boss camorrista Michele Senese, a Roma dall'inizio degli anni '80 e per decenni (e probabilmente ancora oggi) il vero 'Re di Romà, il capo che tutto controlla e che tutto comanda.
L'uomo che ha avallato, se non addirittura ordinato nel 2019, l'omicidio del suo ex protetto, il boss di Roma Nord Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, ritenuto probabilmente troppo ambizioso e indipendente. Non si sa se lo abbia ordinato, ma senza il suo consenso e, inoltre, nella zona sotto il suo controllo, l'Appio, nessuno si sarebbe azzardato a compiere quel delitto. Michele Senese, detto "'o pazzo" perché fa su è giù dall'ospedale e dalle cliniche psichiatriche grazie a falsi certificati medici (attualmente però è in carcere) è il primo dei 'demoni' di Lirio Abbate. Un boss violento, intelligente e capace di gestire e riciclare denaro, inviato nella Capitale dalla camorra e capace di creare un impero e sopravvivere a tutto diventando 'zio Michelè il vero padrone di Roma.
È lui il vero 'padrino', capace di gestire anche dalla galera, tramite la sua famiglia (il figlio Vincenzo - attualmente in carcere - la figlia Santina, la moglie Raffaella Gaglione e la compagna del figlio Elena Pasqua Esposito), spaccio e attività di malaffare nei quartieri Tuscolano, Appio, Casilino e Cinecittà. Ma Roma è grande, comprende anche Ostia e i Castelli romani. E di 'demoni' ce ne sono stati e ce ne sono tanti. A partire dai luogotenenti di Senese poi diventati anche loro capi, ma sempre 'sudditi' della famiglia del boss napoletano: Leandro Bennato (comanda con la famiglia Gambacurta a Bravetta e a Primavalle e con la famiglia Domizi a borgata Ottavia e Cassia) e Giuseppe Molisso (Tor Bella Monaca). Poi ci sono gli altri, quelli non direttamente legati a Michele Senese, ma ugualmente rispettosi del suo potere. C'era Diabolik, Fabrizio Piscitelli. Fondatore degli Irriducibili, frangia di supporter laziali che ha monopolizzati il tifo in Curva Nord, che ha assunto un ruolo sempre più importante a Roma Nord, gestendo lo spaccio e comandando di fatto nelle zone 'bene' della Capitale (Tor di Quinto, Parioli, Flaminio). Lui e il suo socio Fabrizio Fabietti (che comanda, o comandava visto che ora è in carcere, al Tiburtino e al Collatino) godevano di grande prestigio ed erano protetti da Michele Senese. Quando qualcuno decise di uccidere Diabolik, pero', il boss napoletano ha dato il permesso, segno che qualcosa si era rotto e che Piscitelli stava prendendo troppo potere.
Tra i 'demoni', Diabolik di cui si è scritto tanto non è l'unico nome noto. Ci sono i Casamonica alla Romanina e gli Spada a Ostia, poi c'è Salvatore Nicitra a Tomba di Nerone, Enrico Nicoletti (ex Banda della Magliana) all'Eur e gli albanesi con Elvis Demce detto Spartaco a Velletri.
Quest'ultimo, a cui Abbate dedica un intero capitolo, è un giovane ambizioso, violentissimo e spregiudicato, amico di Piscitelli e Fabietti e desideroso di vendicare Diabolik, arrivato allo scontro con altri boss romani, ma anche lui timoroso di fronte al potere di 'zio Michelè, ossia Michele Senese.
Ultimo nome noto è quello di Massimo Carminati, protagonista della cronaca per l'inchiesta 'Mafia Capitale' che, rispetto agli anni a cui si riferisce l'inchiesta, ha perso molto potere (in realtà, scrive Abbate, "era un 'problem solver' più che un comandante di un esercito").
Abbate in 'Demoni' racconta poi di come alla base della sconfitta di molti di questi boss c'è un errore e una certezza dimostratasi fallace: tutti usavano un sistema di criptofonini, telefonini su cui era istallata una App, SkyEcc (Elliptic- curve cryptography), che permetteva di mandare messaggi criptati, compresi video e foto, in maniera sicura perché si pensava fosse impossibile intercettarli. Un sistema che aveva un costo piuttosto alto: un cellulare con istallato SkyEcc costava 1200 euro più altri 700 euro per sei mesi di abbonamento. Un sistema ritenuto infallibile 'bucato' nel 2021 dall'azione congiunta della polizia belga, olandese e francese coordinata da Europol che ha permesso di accedere alla piattaforma SkyEcc svelando milioni di chat di 170mila utenti in tutto il mondo.
Oggi molti boss sono stati arrestati, ma il loro potere continua anche dalla cattività perché, scrive Abbate, "i boss sono stati in grado di approfittare delle giuste concessioni previste dai codici per chi soffre di disordini mentali o di dipendenza da stupefacenti. O semplicemente degli spazi di libertà che sono consentiti da regimi cautelari meno stretti della reclusione carceraria". Ma Roma ha anche un'altra peculiarità: i boss sono pedine di un meccanismo collaudato. Se ne salta una, immediatamente ne arriva un'altra e la zona di controllo resta sempre sotto un boss.
"Per ogni sodalizio che viene smantellato - scrive - c'è una nuova compagine pronta a farsi avanti e rilevare il business mettendo all'opera i propri uomini. Per ogni spazio che viene lasciato vuoto c'è un aspirante boss pronto a occuparlo".
Alla fine di 'Demoni' Lirio Abbate descrive uno scenario possibile che negli ultimi tempi spaventa gli inquirenti. È un'ipotesi di lavoro, ma potrebbe diventare un incubo: la malavita romana - mafiosi e narcotrafficanti inclusi - potrebbe allearsi con i terroristi internazionali. "Sul futuro - scrive il giornalista - aleggia una possibilità che fa venire i brividi: altri demoni, con tanto denaro e mezzi a disposizione, pronti a seminare il terrore inaugurando una nuova strategia della tensione".