P orpora, viola, gialle, rosse o nere: di che colore sono le carote? A Polignano sono di tutti i colori, così come lo erano cinque secoli fa. Non solo mare turchese e grotte marine, il paese di Domenico Modugno vanta un’altra unicità. Dolci, tenere ma soprattutto multicolore, le carote di San Vito sono un presidio Slow Food i cui semi non vengono commercializzati ma tramandati di generazione in generazione. Il nome deriva dal fatto che tutti gli appezzamenti si trovano vicino all’abbazia di San Vito, a ridosso del mare, e la presenza della sabbia e di sali nel terreno le rende più dolci. Una prelibatezza disponibile solo da dicembre a marzo. “La carota di Polignano è una cultivar – spiega il sindaco e agronomo Vito Carrieri -, una varietà antica autoctona. Ad aprile si possono trovare ma sono più legnose, fibrose. È un prodotto non di nicchia, ma sicuramente con un mercato ridotto”.
Nell’agricoltura ci sono incroci che non sono ogm ma guidati verso un prodotto più dolce e più resistente alle malattie. Così hanno fatto gli olandesi nel XVI secolo che riuscirono, grazie a una serie di unioni di sementi, a virarne il colore verso l’arancione che conosciamo (che contraddistingue, non a caso, anche le nazionali sportive olandesi). Trovata la quadra sulle varietà tutte uniformi, della stessa grandezza e gustose, che potevano garantire ai contadini una resa maggiore, hanno uniformato il colore. Ma il punto di forza di questi ortaggi è il sapore. I campi tendenzialmente sabbiosi – 10 ettari in totale – presentano una salinità media piuttosto alta che viene esaltata dall’irrigazione che si effettua attingendo acqua salmastra. La si pompa da un pozzo dell’Ottocento, in pietra, scavato a mano, che alla profondità di 12 metri è in comunicazione con le prime infiltrazioni marine. E infatti il ciclo delle irrigazioni segue quello delle maree: quando il mare è in bassa ai pozzi non arriva acqua e si sopperisce con piccoli bacini di riserva interrati.
Sono poco più di una decina i produttori locali che si dedicano alla semina di questo particolare ortaggio come Marta e Modesto che hanno fondato la “Méstagnaz” che si occupa di ogni singolo passaggio del processo di produzione. “Ogni fase, oltre ad essere manuale, necessita di attenzione perché questa tipologia di carota è molto fragile; infatti, più è fredda l’aria più si corre il rischio di rompere la carota nei vari passaggi”.
Ma come si impiegano in cucina?
Ecco la proposta dello chef di Grotta Palazzese, Enzo Martino, che affianca la carota di San Vito a un pregiatissimo pesce del mar australiano
- Glacier 51, carota di Polignano e caviale Beluga
- Porzioniamo il filetto del Glacier 51, diamo una forma cilindrica con pellicola e poi cuociamo sottovuoto a 52 gradi per 20 minuti.
- Intanto prendiamo e peliamo le carote con i tratti arancioni, le sbollentiamo e le frulliamo con un pizzico di polvere di amaretto, carichiamo il sifone con 2 cariche e teniamo in caldo.
- Frulliamo la carota viola a crudo con acqua, poi al momento del servizio la condiremo con aceto, succo di limone e olio.
- Affettiamo finemente delle carote viola per guarnire il piatto!
- Essicchiamo delle carote, per 12 ore a 70 gradi, poi polverizziamole.
- Accompagniamo al piatto il gelato che realizzeremo preparando uno sciroppo con 100 ml di acqua e 100 di zucchero, facciamo bollire e poi raffreddare.
- Frulliamo in un mixer potente 400 gr. di carota con sfumature gialle, 200 gr. di succo d’arancia e 100gr di acqua.
- Uniamo lo sciroppo freddo, frullando.
- Poi inseriamo nel bicchiere pacojet e abbattiamo a -20 gradi per almeno 3 ore.
- Per l’impiattamento: porzionato il Glacier cotto, spadellarlo con qualche goccia di olio evo e maggiorana.
- Ultimiamo con polvere di carota! Adagiamolo sulla spuma di patate, aggiungiamo gocce di panna acida, ottenuta semimontando panna e succo di limone, e il dressing di carota viola.
- Prepariamo il sorbetto nel pacojet e adagiamolo su un tappeto di amaretto sbriciolato, rifinendolo con caviale Beluga.
- Il piatto è pronto!