A Gi - “Le mie cancellature sono il contrario della cancel culture, non escludono e non censurano ma creano e proteggono”. Sorridente, vivace e giovanile come un ragazzo, l’ottantaseienne Emilio Isgrò racconta con semplicità quel gesto artistico che l’ha reso famoso in tutto il mondo dell’arte contemporanea e di cui celebra il 60/mo anniversario essendo stato scelto dalla Galleria nazionale di arte moderna di Roma come primo ospite del progetto Artista alla Gnam, voluto dalla direttrice Cristina Mazzantini. Undici anni dopo essere stato protagonista nello stesso luogo di un’antologica, per questa occasione, l’artista ha creato una versione “estrema” della sua opera, dal titolo Isgrò cancella Isgrò: il suo implacabile segno nero, assieme a stesure di pittura dorata come nelle miniature medievali, coprono questa volta il testo della sua stessa autobiografia, Autocurriculum, pubblicata da Sellerio nel 2017, lasciando libere, come sempre, solo singole parole o frasi, qua e là.
Autocancellandosi, in un momento storico in cui prevalgono egocentrismo e omologazione, Isgrò vuole aprirsi a nuove possibilità mostrando la fragilità e l’indeterminatezza legate a ogni autorappresentazione. La sala dedicata a Isgrò per questo anno ospita anche la piccolissima cancellatura del 1964 da cui tutto è cominciato. “Il mio era un gesto di reazione alla pop art americana che in quel momento dominava il mondo dell’arte contemporanea ed era appena arrivata anche alla Biennale di Venezia – ha raccontato Isgrò illustrando la “sua” sala alla Gnam - Ero giovane allora, e come giornalista ero negli Stati Uniti a seguire il presidente Kennedy. La pop art imperava. Per me la prima cancellatura fu un gesto, uno dei tanti che un artista fa per attirare l‘attenzione e lasciare un segno di sé nel mondo”. Riprodotta lungo la parete della sala a lui dedicata, una frase di Isgrò spiega l’evoluzione successiva della cancellatura come forma di arte: “Mi si è trasformata tra le mani anno per anno, minuto per minuto, piegandosi meglio di quanto volessi o sperassi al mio desiderio d’artista”.
Fra le altre opere che lo rappresentano nella sala della Galleria d’arte moderna di Roma, c’è anche il Planetarium, un gioco di mappamondi di varie dimensioni e colori dai quali sono stati cancellati toponimi e intere regioni o specchi d’acqua del pianeta, sospesi in equilibrio reciproco come in una giostrina per bambini. Ma Isgrò non si limita all’arte figurativa: è poeta, romanziere, drammaturgo. E le sue cancellature hanno toccato, evidenziato e sottolineato I promessi sposi e il codice di procedura civile. E allora a raccontare questi spicchi di vita sono accorsi tanti amici: Daria de Pretis, Giovanni Grasso, Piero Lissoni, Michele Coppola. “La cancellatura – ha detto il critico d’arte Bruno Corà alla Gnam – è processo linguistico di arte, strumento efficace per autentiche creazioni di senso esteticamente eversive: cancellando le parole, Isgrò potenzia il senso delle cose e anticipa nuove immagini”.