AGI - Francis Ford Coppola si è commosso fino alle lacrime per i lunghi applausi che il suo film 'Megalopolis' ha ricevuto, ieri sera, dopo la proiezione al Festival di Cannes; e ha voluto dedicare questo momento alla "speranza", parola da lui pronunciata in italiano e inglese. L'acclamato regista, accompagnato da una numerosa rappresentanza della troupe cinematografica e da diversi membri della sua famiglia, ha interrotto gli applausi dei presenti, al termine della proiezione al Grand Theatre Lumiere per presentare suo figlio Roman, sua sorella Talia Shire e sua nipote Romy Mars. "Grazie mille a tutti. È impossibile trovare parole per dirvi quello che provo". E poi ha aggiunto rivolgendosi al pubblico: "In effetti, come dice Caesar (il protagonista del film, interpretato da Adam Driver), 'Siamo tutti una famiglia.'". "Alla fine, questo è ciò a cui dobbiamo giurare fedeltà: tutta la nostra famiglia e questa bellissima casa, la Terra, che abbiamo. Questo è il mio desiderio. Possano i bambini ereditare questo bellissimo mondo da noi". "La cosa più importante che abbiamo, la parola più bella in ogni lingua, è la speranza. Ed è a questo che voglio dedicare questo film, alla speranza e ai bambini. Dobbiamo creare un mondo per i bambini".
E mentre pronunciava queste parole, fuori cominciavano a essere pubblicate le prime recensioni del film, estremamente ambizioso e sperimentale. In generale le recensioni statunitensi sono state in gran parte entusiaste, mentre i media europei sono apparsi decisamente meno convinti: per alcuni "senza vita", un "disastro" con "recitazioni terribili"; per altri "veramente epico". Gli ha reso omaggio la rivista di Hollywood, Deadline: "Un vero capolavoro moderno del genere che scandalizza per la sua pura audacia"; mentre Rolling Stone l'ha definito "la sintesi dei sogni di una vita". Ma il Guardian ha detto che è "megagonfio, meganoioso e sconcertantemente superficiale". The Times ha criticato le sue "performance fatte con lo stampino, i dialoghi fatti con lo stampino e le sue brutte immagini"; il francese Telerama l'ha definito senza mezzi termini una "catastrofe".
Durante la conferenza stampa odierna, il regista ha ragionato ad alta voce sulla sua epopea autofinanziata e condiviso i suoi pensieri sull'attuale sistema degli studios, Ed è apparso chiaro come sia uno dei grandi geni del cinema. I giornalisti gli si rivolgevano con un timore quasi reverenziale, il maestro li ha rassicurati con umiltà disarmante: "Per favore chiamatemi Francis, non signor Coppola".
A 85 anni, Coppola continua a pensare a nuove storie - "Tra 20 anni sarò qui" - ma riflette anche sulla sua vita e se c'è una cosa che riconosce è che ha sempre fatto quello che voleva. "Non mi è mai importato", ha risposto a chi gli chiedeva se abbia paura di aver rischiato i suoi soldi - non meno di 120 milioni di dollari - per produrre 'Megalopolis'. Il regista aveva stanziato 20 milioni di dollari per i suoi vigneti durante la crisi finanziaria del 2008 e ora il vino gli ha permesso di produrre questo film che aveva in testa da quattro decenni. "Sofia e Roman (i figli, ndr), non hanno bisogno della mia fortuna", ha detto aggiungendo che "i soldi non contano, ciò che conta sono gli amici, che non ti lasciano mai a terra". E così ha deciso di tradurre in immagini una storia che voleva raccontare, uno stravagante lavoro che ha ricevuto più recensioni negative che positive ma di cui oggi Coppola è chiaramente soddisfatto perchè è ciò che voleva fare.
"È così che pensavo dovesse essere il film. E mentre lo finanziavo, mi sono detto che potevo fare quello che volevo". "Sogno che la gente esca da questo film con la voglia di rivederlo", aveva detto in mattinata a un'intervista a France Inter. "L'unica cosa che conta per me è che è un film che la gente vuole vedere ogni anno a Capodanno". È una storia futuristica in cui New York è diventata New Rome e in cui c'è una lotta aperta tra il sindaco Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito) e un uomo d'affari visionario di nome Cesar Catilina (Adam Driver), su come andrebbe ricostruita la città. Un film che -riconosce- è molto diverso da ciò che viene realizzato oggi sia dagli studios cinematografici che dalle piattaforme che dominano il cinema. "Temo che l'industria cinematografica sia più concentrata su come far fronte ai propri debiti (perchè gli studios sono molto, molto indebitati...).
E il lavoro non è tanto fare buoni film, ma assicurarsi che quei debiti vengano ripagati". Per il regista il futuro non appare ottimistico. "Aziende come Amazon, Apple e Microsoft hanno molti soldi, ma potrebbe accadere che gli studios che conosciamo da così tanto tempo, alcuni effettivamente meravigliosi, non saranno più qui in futuro". E anche se non pensa nemmeno lontanamente alla pensione, il regista della saga de 'Il Padrino, che 45 anni fa a Cannes vinse la Palma d'Oro con 'Apocalypse now', riflette sulla morte, tema che gli sta a cuore soprattutto da quando è scomparsa, poco più di un mese fa, sua moglie Eleanore, alla quale ha dedicato 'Megalopolis'. "Quando morirò penserò che ho fatto tutti i film che volevo fare, che ho visto mia figlia vincere un Oscar, che ho fatto il vino... E non avrò nemmeno il tempo di rendermene conto".