“Il torto” di Carlo Piano e la vita vera di un serial killer
AGI - Può un torto trasformare un uomo in un assassino? Questa è la storia di Donato Bilancia, uno dei più spietati serial killer italiani. Forse l’unico. Bilancia compie 17 omicidi in sei mesi, tutti in Liguria. Dal 16 ottobre 1997 al 20 aprile 1998, il suo passaggio è segnato da morti più o meno casuali: cambiavalute, biscazzieri, prostitute, guardie giurate e le donne uccise nei bagni sui treni.
“Il torto, diciassette gradini verso l'inferno” è un libro (edizioni E/O) firmato dal giornalista genovese Carlo Piano e ripercorre la vicenda umana e processuale di questo assassino di provincia attraverso la consultazione di circa 90 mila pagine degli atti processuali. E proprio da queste esce fuori una dichiarazione dello stesso Bilancia che spiega come tutto sia iniziato per un “torto” subito da uno dei suoi amici biscazzieri e forse, è lecito chiedersi, senza quel torno non avremmo avuto Donato Bilancia il killer.
Un uomo dalle apparenze normali, ben curato, dedito alla bella vita e al lusso, procurato soprattutto grazie ai furti e al gioco. Una vita al limite, fatta di diversi passaggi in galera, un rapporto con le donne e il sesso abbastanza complessato, che lo portava a trovare piacere soprattutto nelle prostitute. Ma fino al 1997 la vita di Bilancia è abbastanza anonima.
“Partiamo da un punto: questo uomo arriva a 46 anni essendo un balordo, un ladro, una leggera come diciamo qui al nord, però non aveva mai fatto male a nessuno. - spiega l’autore all’AGI - Poi di colpo la sua mente deraglia e lo fa per un episodio, per un torto subito. L’ennesimo torto – a suo dire – da parte dei suoi amici biscazzieri. È già una contraddizione trovare amicizia tra i giocatori d’azzardo. Questo sfarina le sue ultime certezze e forse anche le sue frustrazione, e inizia la sua vendetta contro il mondo”.
Non si sapeva che dietro questa scia di sangue ci fosse una sola persona. “Tra i criminologi c’è chi rifiuta per Bilancia la definizione di serial killer, ma piuttosto usa l’espressione killer a catena. In lui manca la similitudine dei bersagli, lui cambia: dai biscazzieri, alle prostitute, a una guardia giurata e le donne uccise nei bagni dei treni. E sarà proprio quest’ultima tipologia di vittima, casuale, a far esplodere l’allarme sociale in tutta la Liguria e non solo” spiega Piano.
“Non si sapeva che fosse una sola persona ed era anche difficile immaginarlo. C’erano diverse procure impegnate nelle indagini: Genova, Savona, Imperia, Sanremo, Alessandria e ognuna seguiva una sua pista. - racconta Piano che in quegli anni era impegnato nella cronaca - Forse solo sugli omicidi delle prostitute avevano capito che dietro si nascondeva un solo uomo. In quegli anni c’era un clima di paura, soprattutto dopo che Bilancia inizia a salire sui treni e inzia a uccidere a caso. Ricordo i convogli vuoti, le donne che viaggiavano in uno stesso vagone facendosi la guardia l’un l’altra, ci mandavano alla sera a fare i servizi sui treni ed eravamo solo giornalisti e qualche militante della Lega Nord impegnato nelle ronde”.
Ma il clima non è migliorato quando ha confessato. È stato incastrato per l’omicidio di una prostituta. Per la prima volta viene utilizzato il dna e le forze di polizia risalgono a Bilancia che davanti al pm inizia a snocciolare i suoi delitti, compreso il primo che era stato archiviato come morte naturale.
“Avevo incontrato Bilancia dopo il suo arresto. Quando ho cercato di intervistarlo in parlatoio mi guardava con questi occhi trasparenti, con la sigaretta in mano. Non mi guardava direttamente, ma lo sguardo era fissato alle mie spalle su un crocefisso appeso alla parete. Mi disse ‘cosa ci faccio qui tra questi delinquenti?’ - parlava dei fatti come se ne fosse stato spettatore e non autore” ricorda Carlo Piano.
“Dopo diversi anni ho letto la sua notizia della sua morte per il covid. Aveva rifiutato le cure. Questo mi ha spinto a cercare i documenti processuali, a tornare sui luoghi, a scavare nei miei ricordi di cronista e a scrivere questa storia. L’ho fatto per liberarmi di lui, perchè questa vicenda mi era rimasta dentro. Non si spiega e inquieta, che ci sia una sottile linea che può separare una vita normale nell’abisso, forse come è stato per lui”.