AGI - Al via dal 14 febbraio la mostra "Cento per cento inferno" a cura di Ermanno Tedeschi con le fotografie di Ziv Koren e la raccolta di video della Galleria del Kibbutz Be’eri.
L’iniziativa, che è già stata presentata a Milano presso la Fondazione delle Stelline nelle scorse settimane e a Palazzo Doria a Loano (SV), propone una riflessione sull'arte israeliana a seguito dei drammatici fatti del 7 ottobre, con opere video e fotografie ed è stata realizzata in collaborazione con l’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele a Roma e con l’Associazione Camis De Fonseca, con il patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato regionale per i Diritti Umani e Civili e con il supporto dell’Associazione Italia-Israele di Torino e di Banca Patrimoni Sella & c.
L’esposizione di Ziv Koren è l’ultimo progetto dell’artista e ritrae i drammatici fatti di quel fatidico sabato mattina, quando i terroristi di Hamas hanno invaso il Sud di Israele. Durante quel terribile giorno, bambini innocenti, famiglie e persone anziane sono stati uccisi e massacrati a sangue freddo. Quel giorno Israele è precipitato nell’inferno, più di 230 cittadini sono stati rapiti e condotti nei tunnel bui di Hamas, tenuti in ostaggio da un’organizzazione terroristica omicida. Le 30 fotografie in mostra, scattate da Ziv Koren quando è giunto nei luoghi del massacro e nei giorni successivi, documentano le atrocità e il loro impatto sulla società israeliana e nella vita quotidiana.
Insieme alla mostra fotografica, dopo il successo al MAXXI di Roma e alla Fondazione delle Stelline di Milano, sarà presentato il video Novantacinque per cento paradiso, cinque per cento inferno, che racconta la vita al confine, attraverso la lente di 4 opere video di Orit Ishay, Shimon Pinto, Tamar Nissim e Tzion Abraham Hazan. Questi lavori sono stati girati nel Kibbutz Be’eri, tra i luoghi più colpiti dal massacro, e presentati negli anni nella programmazione dell’omonima galleria d’arte contemporanea, di cui oggi non resta che cenere.
In questo momento doloroso, l’arte può continuare a sollevare questioni, far riflettere, dialogare, respirare. “È una ferita che ha segnato tutti gli israeliani, dentro e fuori lo stato, che ha generato depressione profonda alla quale stiamo cercando di reagire”, ha spiegato Maya Katzir, attaché culturale dell’Ambasciata d’Israele a Roma e curatrice dello screening. “Anche con l’arte, noi vogliamo diffondere un po’ di speranza. Vogliamo parlare contro chi voleva farci tacere. La cultura israeliana non si ferma”.