AGI - Giorgia Meloni "accoglie" le dimissioni di Vittorio Sgarbi. Da Tokyo, dove si trova per il passaggio di consegne della presidenza del G7, la premier dice ai giornalisti di trovare "corretta" la mossa del sottosegretario alla Cultura che nei giorni scorsi ha annunciato il passo indietro "dopo il pronunciamento dell'Antitrust" che ha dichiarato le sue attività di conferenziere incompatibili con l'incarico di governo. "Ho atteso per avere degli elementi oggettivi", precisa Meloni. La presidente del Consiglio respinge pero' la richiesta di Sgarbi che, in una lettera, le ha domandato di verificare se vi sono situazioni di incompatibilità che interessano altri componenti dell'esecutivo.
"Mi aspetto che Sgarbi, che ha potuto contare su un governo che attendeva degli elementi oggettivi, non si aspetti che quel governo decida per altri con elementi che non sono oggettivi perché sarebbe un po' eccessivo - taglia corto la premier - Mi pare che Sgarbi si sia reso conto che la scelta corretta era quella delle dimissioni e quindi accolgo le dimissioni". In mattinata le opposizioni erano tornate a chiedere una presa di posizione della premier, dopo che ieri Sgarbi aveva parlato di "dimissioni certe" ma al termine di una "negoziazione" con il governo.
Il Pd, con la capogruppo in commissione Cultura alla Camera, Irene Manzi, aveva parlato di "situazione mai accaduta che getta le istituzioni nel ridicolo e nell'imbarazzo" e aveva invitato Meloni a mettere fine a "ricatti e balletti inqualificabili". Un invito a "fare chiarezza e chiudere l'agonia" era arrivato anche dal Movimento 5 stelle. Il partito di Giuseppe Conte, d'altronde, è stato il primo promotore della mozione di revoca dell'incarico al sottosegretario, poi firmata anche da Pd e Avs, che comunque resta comunque nel calendario dell'Aula di Montecitorio fino a quando le dimissioni di Sgarbi non saranno formalizzate.
Ma è lo stesso sottosegretario dimissionario a spiegare l'iter cui va incontro. "Sono felice che la presidente abbia ritenuto corrette le mie dimissioni che confermo e che attendo di consegnarle personalmente. Condivido tutto quello che ha detto, ma sottolineo che l'indagine dell'Antitrust su di me e' partita da lettere anonime, e fatico a credere che questo non possa avvenire per altri membri del governo, esponendoci a una mattanza di delazioni", sostiene Sgarbi.
"Non ho mai pensato di non dimettermi, come ho dichiarato, ma ho posto il problema procedurale del ricorso al Tar previsto nella stessa delibera dell'Agcom. Per questo sono felice d'incontrare al più presto il premier, per valutare la compatibilità fra le mie dimissioni e il mio ricorso, nelle more del quale sarebbe forse più pertinente l'autosospensione", aggiunge, anticipando che "incontrerà Meloni nei prossimi giorni".
"In ogni caso confermo - sottolinea Sgarbi - le mie dimissioni indipendentemente dall'esito del ricorso al Tar, come scelta volontaria ed esistenziale, ma sottolineo che la delibera dell'Antitrust può essere invalidata dalla sentenza del Tar". "La delibera del Agcm non è definitiva - prosegue - e ammette 'Avverso il presente provvedimento può essere presentato ricorso al Tar del Lazio, ai sensi dell'articolo 135, comma 1, lettera b) del Codice del processo amministrativo (Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104), entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso, ovvero può essere proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, entro il termine di centoventi giorni dalla data di notificazione del provvedimento stesso'".
"In virtù di questo appello garantito - chiarisce Sgarbi - confermo le mie dimissioni, che saranno esecutive alla fine del percorso amministrativo che prevede il pronunciamento del Tar dopo il mio ricorso. Me ne andrò anche nel caso di una sentenza favorevole. Per intanto mi autosospendo. Ma non voglio, con le mie dimissioni immediate, ostacolare il procedimento del Tar che prevede la 'sospensiva' della delibera dell'antitrust. Il presidente del Consiglio - conclude il sottosegretario - deve avere un quadro chiaro delle mie incompatibilità prospettate dall'Antitrust in termini arbitrari e contraddittori, senza una valutazione comparativa di altre palesi incompatibilità di membri dell'esecutivo".