AGI - Siamo sommersi dalle notizie, sulla carta, online, nei podcast e sui social network. Eppure la fiducia nei mezzi d’informazione non è mai stata così bassa. Come superare questa crisi e creare un nuovo rapporto tra giornalisti e cittadini?
A questo interrogativo cerca una risposta il giornalista statunitense Ben Smith, una delle firme più influenti degli Stati Uniti, che, dopo aver fondato BuzzFeed News nel 2011 e collaborato per diversi anni con il New York Times, Politico e New York Daily News, nel 2022 ha fondato Semafor, testata online che si propone di affrontare di petto la crisi del mondo dell’informazione.
Ma in cosa consiste esattamente questa crisi? Cosa è cambiato nel rapporto tra il pubblico e i media? Quale alternativa propone invece Semafor? Di tutto questo Ben Smith ha parlato a Internazionale a Ferrara - il festival di giornalismo del magazine che quest’anno compie 30 anni.
Con 180 ore di programmazione, 170 ospiti da 25 paesi, 115 incontri e 12 workshop, Internazionale a Ferrara è tornata con un nuovo format pensato per celebrare il compleanno del settimanale: 30 parole per 30 anni, questo il filo conduttore degli eventi.
Sono arrivati a Ferrara giornalisti da tutto il mondo per confrontarsi sui temi che hanno segnato gli ultimi decenni e che oggi restituiscono un presente inquieto. E in un mondo instabile come quello in cui viviamo, fare informazione rappresenta una sfida difficile e urgente.
“Semafor si distingue per la sua trasparenza, ma anche per il fatto di disporre e mettere in campo un ampio ventaglio di risorse e per il suo carattere globale”: Smith racconta così il suo progetto giornalistico, che vuole rilanciare il valore e il ruolo dell’informazione nel mondo contemporaneo. Notizie trasparenti quindi, con una distinzione esatta e chiara tra fatti, opinioni, analisi, contro-narrazioni e prospettive globali; notizie complesse capaci di integrare diverse prospettive grazie alla varietà delle fonti; storie globali per un mondo interconnesso.
“Puntiamo a raggiungere persone appassionate a tutta una serie di aree diverse: politica americana, tecnologia, finanza, Wall Street, clima. In particolare, il nostro è un pubblico interessato alle connessioni tra queste varie tematiche”. E per realizzare questo obiettivo, è necessario offrire una base fattuale condivisibile da tutti, anche laddove le opinioni possono divergere, attraverso pezzi in cui siano chiaramente distinguibile fatti da un lato e analisi dall’altro. “Credo che i due grandi problemi oggi siano, da un lato, una sorta di eccesso, una vertigine delle informazioni, per cui finiamo per esserne sopraffatti, e dall’altro il fatto di non sapere di chi e cosa fidarci. Un fenomeno collegato a un più ampio declino nella fiducia verso le istituzioni”.
Spesso ricondotta all’avvento del digitale e, poi, dei social network, la crisi di cui siamo testimoni è in realtà molto più complessa, e contiene in sé anche delle opportunità che aspettano di essere colte. “In qualche modo - dice Smith - sono cresciuto immerso nei nuovi media digitali. E se apprezzo molto l’apertura che è arrivata con loro e li accompagna, ne ho visto anche i pericoli. Credo ci sia da cogliere l’opportunità di prendere il meglio sia dall’eredità dei media tradizionali sia dal mondo digitale”.
Un cambiamento radicale che si riflette anche in una nuova ondata di frammentazione dei mezzi di comunicazione. “Se in passato è avvenuto un processo di assorbimento all’interno di grandi gruppi, credo che attualmente si stia andando nella direzione opposta. I media si stanno frammentando, come le preferenze del pubblico. Ciascuno può trovare ora un podcast, una newsletter o un sito web che li interessa da vicino. E le dimensioni si vanno riducendo di nuovo”.
Dunque, da una parte localizzazione, personalizzazione e ritorno agli elementi fondamentali dell’informazione. Dall’altra, connessione e prospettive complessive, per comprendere gli avvenimenti attraverso prospettive globali, al di là dei confini nazionali. “Nel tempo ci piacerebbe espanderci a livello globale. Attualmente siamo negli Stati Uniti e nell’Africa subsahariana e stiamo provando a lanciare il progetto in un altro paio di paesi. Ma dobbiamo essere cauti e porre basi solide prima di espanderci”.