AGI - Stanno tornando. Ufficialmente sono stati restituiti all'Italia l'8 agosto scorso a New York, ma materialmente sbarcano nel Paese di cui costituiscono patrimonio identitario tra poche ore, con un volo speciale.
I carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno ridato con le loro indagini all'Italia, portandoli via dagli Stati Uniti dove erano approdati seguendo il tortuoso iter del commercio dell'arte illegale, 266 reperti archeologici di pregevole valore, che nel mercato mondiale dei beni culturali di provenienza furtiva valgono svariate decine di milioni di euro.
Un patrimonio che abbraccia un arco temporale che va dall'età Villanoviana (IX/VIII sec a.C.), alla civiltà etrusca (VII/IV sec. a.C.), alla Magna Grecia (V/III sec. a.C.) fino all'età romana imperiale (I-II sec d.C.). Opere d'arte e pezzi di storia che hanno varcato l'oceano negli ultimi decenni del secolo scorso, smerciati da trafficanti internazionali senza scrupoli.
La restituzione è l'eccezionale risultato di indagini capillari coordinate dalla magistratura italiana e dalla procura distrettuale di Manhattan (Dao - District Attorney's Office di New York), con l'assistant district attorney Matthew Bogdanos e i colleghi di Homeland Security Investigations (Hsi), "consolidando una cooperazione di impareggiabile efficacia nel mondo, anche grazie alla costante sinergia", si legge in una nota, tra i carabinieri dell'Arte e il dicastero della Cultura, guidato dal ministro Gennaro Sangiuliano.
A New York, la restituzione nella sede della procura, tra il procuratore Alvin L. Bragg, il console aggiunto d'Italia a New York, Cesare Bieller, il comandante dei Carabinieri TPC, generale di brigata Vincenzo Molinese, il vice procuratore del Dao, e lo special agent in charge di Hsi, Ivan J. Arvelo.
Tra le opere recuperate, 70 lotti per 145 pezzi totali facenti parte della procedura fallimentare a carico del cittadino inglese Robin Symes, localizzati grazie alle indagini condotte dal Comando Tpc, coordinate dalla procura di Roma, mirate al contrasto del traffico internazionale di beni culturali.
Inchiesta poi sfociata anche in una procedura extragiudiziale e in una causa civile, condotta in stretta collaborazione con il Ministero della Cultura attraverso l'Avvocatura Generale dello Stato, finalizzata alla restituzione dei beni al patrimonio indisponibile dello Stato italiano.
Poi ci sono i 65 manufatti, già in collezione alla Menil Collection Museum di Houston, istituzione che spontaneamente li ha ridati al Ministero della Cultura, dopo che i militari del nucleo specializzato dell'Arma ne hanno dimostrato la provenienza da scavi clandestini in aree archeologiche del territorio italiano e l'esportazione illecita.