AGI - "Scaldati era Kurosawa, Fellini, Bunuel, e i fumetti di Alan Ford: era l'anima sognante e tragica di Palermo". Melino Imparato è l'erede di Franco Scaldati, il drammaturgo, poeta e attore siciliano che Palermo sembra aver dimenticato a dieci anni dalla scomparsa. "Scaldati era mio amico, un mio fratello, il mio maestro", dice all'AGI Imparato, che porta avanti con la propria compagna il progetto teatrale del grande drammaturgo siciliano, raccogliendone il testamento spirituale e artistico.
"In realtà - sottolinea Imparato - questo testamento lo dovrebbe raccogliere Palermo, ma purtroppo della grandezza di Scaldati Palermo non si è accorta neanche quando lui era vivo. Noi cerchiamo di portare avanti un compito difficile, che già per lui era difficile. Al funerale di Scaldati, il 2 giugno del 2013, l'allora assessore Giambrone disse che Palermo aveva un debito con Scaldati, e questo debito non è mai stato saldato. Oggi bisognerebbe farlo, e con gli interessi. Bisognerebbe mettere a punto un progetto complessivo sulla figura di Scaldati".
Nato a Montelepre, un paesino alle porte di Palermo, Scaldati si trasferisce ben presto in città con la famiglia; qui intraprende gli studi, che lascia prima di conseguire la licenza elementare. A soli dodici anni - si legge in una biografia sul sito della Fondazione Cini, che ha acquisito l'archivio del drammaturgo - inizia a lavorare in una sartoria frequentata da attori teatrali; questa sua professione sarà all'origine del soprannome "il Sarto", e si rivelerà fondamentale per lo sviluppo del suo interesse per il teatro e per la professione dell'attore.
Nel 1964 entra nella compagnia di Nino Drago e debutta come co-protagonista in Ricorda con rabbia di John Osborne; in questo periodo e per quattro anni sul palcoscenico del Teatro Bunker rappresenta testi di Samuel Beckett, Eduardo De Filippo, Dario Fo e Luigi Pirandello, ed entra in contatto con alcuni degli interpreti che gli resteranno accanto a lungo: Gaspare Cucinella, Melino Imparato, Ninni Truden, cui poi si aggiungono successivamente, tra gli altri, Gigi Burruano, Fabio Cangialosi, Toti Giambertone, i fratelli La Bruna, Rory Quattrocchi, i fratelli Spicuzza, Tobia Vaccaro. Nel 1974, insieme allo stesso Nino Drago, fonda il Piccolo Teatro di Palermo. Nel 1975, all'indomani della prima rappresentazione di Il pozzo dei pazzi, fonda la storica Compagnia del Sarto, che resta attiva tra gli anni Settanta e Ottanta.
Nel 1984 recita a fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel film Kaos, diretto dai fratelli Taviani. In questo periodo mette in scena alcuni tra i suoi più noti testi teatrali, tra cui Il cavaliere Sole (1979), La guardiana dell'acqua (1981), Indovina ventura (1983), Assassina (1984): sono alcuni dei suoi capolavori insieme a Il pozzo dei pazzi, La guardiana dell'acqua, Occhi. "Vorrei essere - spiegò al regista e amico Franco Maresco, secondo quanto e' riportato dalla studiosa Viviana Raciti in 'L'immaginario devoto tra mafie e antimafia', (Viella editrice) - la spina nel fianco del teatro italiano, solo che gli altri se ne fregano; il mio è un teatro che parla di cose vere, di emozioni vere e si pone continuamente il problema del perché fare teatro, perché esserci, porsi il problema per chi fare teatro. Il nostro è un teatro che è portatore di poesia, una poesia violenta nel senso che si chiede continuamente che cosa fare, e chiede implicitamente un cammino verso un rapporto più solidale fra gli uomini, e che non si guarda allo specchio, che non si appaga di sé stesso".
Proprio quando il successo arriva sulla scena nazionale Scaldati lascia, per fondare, nella Palermo più profonda, un laboratorio teatrale nel quartiere popolare dell’Albergheria. "Raccontando, dunque assumendosi il ruolo di portavoce di un'intera comunità vessata - spiega ancora Raciti, che ha curato la sistemazione dell'archivio del drammaturgo per la Fondazione Cini - il teatro di Franco Scaldati dona dignità di parola ai vinti, agli ultimi. Il suo teatro serve perché' ci si possa affrancare da quella condizione di miseria, da quello sgomento culturale, sociale e identitario nel quale Palermo vive da tempo".
"Ancora oggi - dice Imparato - le sue opere sono seguite dal pubblico, sebbene quella Palermo non esista più: era una Palermo santa e tragica, mentre oggi, che ha perso la sua anima più vera, assomiglia ad altre città del mondo, a Helsinki o a Londra. Palermo era una metafora, attraverso cui Scaldati raccontava l’umanità, la violenza, la bellezza e la bruttezza, il mondo fantastico e surreale".
I personaggi di Scaldati, che inevitabilmente si serviva del dialetto, sono spesso le 'ombre' delle città: strozzini, prostitute, confidenti di polizia, piccoli criminali, manovalanza della mafia che il drammaturgo in qualche modo 'protegge' perché' sa che sono anche loro vittime, sommersi e non salvati. Le stragi del 1992 e l'omicidio di don Pino Puglisi a Brancaccio segnano anche per lui uno spartiacque, con cui fare i conti: "A quest'ora - recita il testo ne 'Il ventre di Palermo. Sulle tracce di Falcone e Borsellino' - i signorini escono belli imbellettati. Alla vista di quali occhi succede il fatto? Lì intorno nessuno c'era, interessato alla cosa, ma l'anima dello spione si confonde nella penombra. Privo di luce un occhio vede non visto. La mano s'alza con un gesto rituale. Una goccia di fuoco lacera la cupa ombra. Il colpo della pistola fu un lampo di sangue. Il leone ghiaccia, le mosche in aria si fermavano pure l'orchestra degli angeli ammutolì. Fu il suo cuore la tana di un suo astro arcano. All'imbrunire di nascosto si incontrano i fidanzati. Inizia una cosa e un'altra muore".