AGI - "La proposta di Pupi Avati è arrivata come un miracolo. Non mi aspettavo più di tornare a fare cinema. Da 7 anni avevo deciso di chiudere col set perché non ho avuto proposte che mi davano voglia di recitare. Quando mi ha chiamata Pupi mi sono detta: sto sognando. I sogni si realizzano, non me lo sarei mai aspettato". Lo dice Edwige Fenech, protagonista di 'La quattordicesima domenica del tempo ordinario' di Pupi Avati, in 300 sale dal 4 maggio.
"Mi ha chiamato al telefono e raccontato la storia - aggiunge - il mio ruolo. Era una cosa che aspettavo da tanti anni, interpretare un ruolo da attrice. Io di film ne ho fatti tanti, con ruoli bellissimi, ma questa era un'occasione che aspettavo da tempo in questa fase della mia vita. Un ruolo da signora matura dove, anche fisicamente, potevo essere diversa da come sono realmente. Dopo la telefonata ho iniziato a saltare a casa con la mia gatta che mi saltava dietro", aggiunge.
Sono passati 50 anni dall'uscita in sala di 'Giovannona coscialunga disonorata con onore', film di Sergio Martino con la Fenech e Pippo Francio diventato di culto, apprezzato anche, soprattutto per la presenza dell'attrice nata in Algeria il 24 dicembre 1948, da Quentin Tarantino (celebra la polemica con Lina Wertmuller che disse: "Che ne sa Tarantino del cinema italiano? Lui conosce solo 'Giovannona coscialunga'!"). "In realtà Tarantino è un cultore dei film gialli. Siccome gli piacevo molto come attrice, poi ha visto tutti i miei film (compresa 'Giovannonà) - spiega all'AGI la Fenech - però lui fa tutti i riferimenti o addirittura la descrizione dell'inquadratura di quelle pellicole. È un genio: ha fotografato nella sua mente tutti i film di un certo periodo".
Nel 2007 fu proprio il grande cineasta americano a volerla per un cameo nel film di Eli Roth 'Hostel II' di cui era produttore, sperticandosi durante la presentazione romana del film in elogi e lodi per l'attrice. Una dichiarazione d'amore che finora non è sfociata in matrimonio artistico. "Tarantino è un amico, è un regista, pero' non posso pensare un giorno di lavorare con Tarantino o addirittura avere un Oscar con lui. Comunque rimane nell'immaginario profondo - conclude possibilista - siamo aperti a tutto".
Edwige Fenech, icona sexy e sogno erotico di milioni di italiani degli anni '70 e '80, torna a recitare in un ruolo di protagonista dopo 35 anni nel film di Pupi Avati 'La quattordicesima domenica del tempo ordinario'. A settantaquattro anni, dopo un'esperienza di produttrice successiva al grande successo cinematografico (ultimo ruolo di rilievo in 'Un delitto poco comune' di Ruggero Deodato del 1988), per la Fenech attrice dopo alcuni ruoli in serie tv e un ritorno in un piccolo cameo in 'Hostel II' di Eli Roth prodotto da Quentin Tarantino nel 2007, l'occasione di rientrare nel cinema 'importante' con un ruolo vero: è la moglie di Marzio-Gabriele Lavia, alter ego (o alias) di Pupi Avati.
"Facendo un film ambientato negli anni '80 e pensando alla più bella del cinema degli anni '80 ho pensato a Edwige Fenech - racconta Pupi Avati durante ola presentazione stampa a Roma - è evidente che la prima volta che ho proposto il suo nome, abbiamo suscitato un po' di sconcerto nei produttori. È difficile immaginarsi la Fenech in un film dove non fa la doccia - aggiunge - è meraviglioso quando proponi un nome insolito, inconsueto: produci quella sorta di seduzione e di preoccupazione. Anche con Pozzetto e con la Ricciarelli fu uguale. Per me è stato un po' come quando Sacchi chiamo' Berlusconi e gli disse: 'se mi compri Ancelotti vinco lo scudetto'. Ancelotti aveva due ginocchia rotte e Berlusconi era perplesso. Ma poi vinse lo scudetto". "In Italia si fa casting con una panchina corta - aggiunge il regista - e non è possibile che se non c'è Favino, non fai il film. Oggi ci sono tanti attori che aspettano che io li chiami: persone completamente dimenticate, sono attori che vogliono essere risarciti, che vogliono dimostrare di avere dentro di sé ancora qualcosa. E cosi' ce li hai con un tasso di complicità altissimo", conclude il regista.
A 84 anni Pupi Avati ha deciso di raccontarsi in maniera "spudorata", senza vergognarsi delle sue emozioni, della sua felicità e delle sue debolezze. Lo fa in 'La quattordicesima domenica del tempo ordinario', dal 4 maggio in 300 sale per Vision Distribution. Interpretato da Gabriele Lavia e Lodo Guenzi (alter ego di Pupi Avati, da giovane e oggi), Camilla Ciraolo ed Edwige Fenech (le due età della moglie dell'alter ego di Pupi Avati), Nick Russo e Massimo Lopez (le due età del miglior amico dell'alter ego di Avati) e Cesare Bocci (il padre dell'alter ego di Avati), il film racconta la storia di un amore, di una passione esagerata che porta l'innamorato a perdere la donna amata. Di una certezza, l'ingenua convinzione che una canzone di successo possa cambiarti la vita. Pupi Avati parla di se stesso, del suo amore per la moglie, al punto che il titolo è corrispondente alla data del suo matrimonio: la quattordicesima domenica del tempo ordinario corrisponde al 24 giugno. Nel film ci sono tanti ricordi d'infanzia col gelataio vicino scuola, con la Bologna degli anni '80, con i locali musicali e le fiere dove da ragazzo andava a suonare. Ovviamente c'è molto di romanzato nel film, a partire dalla fine della storia d'amore tra i due ragazzi a causa della gelosia dell'uomo e del desiderio di realizzarsi della ragazza. O il tradimento dell'amico con cui l'alter ego del regista ha costituito un duo musicale e realizzato una canzone (scritta da Sergio Cammariere per il film su testo di Pupi Avati) che ha un discreto successo e per poco non viene accettata in concorso al festival di Sanremo. Un film confezionato con la solita grazia e col consueto stile fatto di momenti di poesia inseriti nella vita quotidiana.