AGI - Tucidide la vuole fondata dai profughi della guerra di Troia, ma è più probabile una origine italica degli Elimi (in realtà anche loro di discendenza troiana): Segesta, tra la sommità e le pendici del monte Barbaro nella parte nord-occidentale della Sicilia fu una città di grandissima importanza, e una nuova scoperta, che ne ribalta un'altra, lo prova. Si tratta di una strada lastricata che la tagliava, ed è venuta alla luce insieme a gradoni monumentali nel corso del cantiere di scavo condotto dall'Università di Ginevra all'interno del Parco archeologico regionale: "Risale al II secolo avanti Cristo ed è stata utilizzata fino al VII secolo dopo Cristo", spiega all'AGI Alessia Mistretta, direttrice degli scavi.
È un ritrovamento eccezionale che permetterà di riscrivere l'ampiezza dell'abitato di età ellenistica, ma già nell'orbita romana, in attività sino all'epoca medievale, come denunciano importanti e bellissimi frammenti di ceramica. "Non sappiamo dove conduceva questa strada, per adesso abbiamo trovato una minima parte delle lastre ma sono sicura che ne troveremo altre", aggiunge Mistretta. "Si tratta di un asse viario importante, con una piazzetta, dei gradini monumentali, e non è di sicuro un camminamento: è una strada molto importante, forse la seconda con una tessitura seconda solo a Selinunte".
Il confronto con Selinunte
È l'eterna rivale della cui ombra Segesta non riesce a liberarsi. La città degli Elimi combattè contro Selinunte e contro Siracusa, alleandosi con Cartagine, ma quando si trattò di scegliere tra quest'ultima e Roma, non ebbe dubbi e da Roma fu sempre prediletta: lo testimoniano, tra l'altro, i resti dell'edificio che fino a oggi era considerato la Casa del navarca Eraclio, capo di una flotta militare, citato da Cicerone nelle Verrine.
L'area in cui è venuta alla luce la strada è la stessa Acropoli sud dell'insediamento, un sito dove si svolsero delle prime indagini nel 1992, ma lo scavo venne ricoperto. Nel 2021 si è ripreso a lavorare ed è venuta alla luce un'importante pavimentazione unica nel suo genere, una sorta di antico gioco illusorio a tessere romboidali a tre colori, "sectilia" marmorei (bianco, celeste e verde scuro) che raffigurano una sequenza concatenata di cubi dall'effetto tridimensionale.
E anche due mensole in pietra a forma di prua e una scritta di benvenuto: sono stati questi ritrovamenti a far finora ipotizzare agli archeologi che questa fosse l'abitazione del navarca. La casa doveva essere una sorta di sito di avvistamento, come dimostra una torre medievale che insiste sull'atrio a peristilio della dimora: da qui lo sguardo arriva fino all'odierna Castellammare.
La nuova scoperta
L'ipotesi che si tratti della residenza del ricco armatore è bocciata dagli archeologi impegnati nello scavo. "Non ci sono elementi archeologici per dare il nome a una casa servono indicazioni concrete, come ad esempio iscrizioni, che noi non abbiamo. Inoltre, è difficile pensare che un personaggio per quanto eminente decori la casa privata con mensole a forma di prua. Questa non è una casa privata. La casa di Eraclio, se c'è, non è questa", dice all'AGI Mistretta, che invece indica una diversa ipotesi di lavoro.
"Siamo - sottolinea - al margine di una grande area pubblica, di un edificio pubblico, un archivio di mappe, rotte: Segesta, infatti, possedeva un porto. Oppure era in luogo in cui acquisire l'acqua: l'acropoli è piena di cisterne e l'acqua non si poteva trasportare". A scavare sono i ricercatori, gli studenti e anche i giovani richiedenti asilo del centro Casa Belvedere di Marsala, che ha stretto un accordo di archeologia solidale con il Parco di Segesta e l'Università di Ginevra. Saranno tutti loro a portare alla luce la potenza, l'eleganza e la bellezza di Segesta.