AGI - Il giglio borbonico azzurro dietro l’orologio che sormonta il palcoscenico non lo vedrà nessuno. Ma l’apparato originale di decoro al teatro lirico più antico al mondo, quel San Carlo che il 4 novembre 1737 aprì il suo sipario per l’Achille in Sciro di Metastasio su musica di Domenico Sarro, l’oro che incornicia il celeste che racchiude il bianco, è leggibile nella parte bassa del palco reale.
Napoli, dopo tre mesi di lavori e uno stanziamento di 10 milioni di euro da parte del Ministero della Cultura, ritrova il suo teatro. Lavori, che hanno rispettato il cronoprogramma di 3 mesi definito dal soprintendente Stéphane Lissner con il responsabile del Rup Almerida Padricelli e i tecnici del Mic, hanno recuperato lo splendore del tavolato del palcoscenico, la meraviglia della tela di Giuseppe Cammarano che chiude il soffitto della sala, finiture di palchi e corridoi, ma anche gli apparati scenici, le caldaie, gli impianti.
Tutto pronto dunque per il 6 aprile prossimo, quando, per un evento fuori abbonamento, il soprano Pretty Yende, stella internazionale nel firmamento dell’opera, terrà un recital di canto accompagnata al pianoforte da Michele D’Elia. Un modo per festeggiare un ritorno alla normalità dopo una lunga pausa, con la programmazione della stagione 2022/23 spostata al Politeama.
Nel 2008 il San Carlo era già stato oggetto di un imponente lavoro di restauro con 50 milioni di euro di risorse pubbliche spesi sotto la regia del commissario straordinario Salvatore Nastasi, che avevano creato la macchina palcoscenico attuale, tra le più moderne al mondo, nuove sale prova per orchestra e ballerini, l’impianto di riscaldamento/condizionamento della platea. Ma il nodo della sala teatrale era rimasto. E soprattutto quello dello del ‘soffittone’ della sala, l’imponente opera del Cammarano costituita da un dipinto su fasce di tessuto di canapa a trama larga cucite tra loro per 280 metri quadrati di superfice, fissate al tavolato superiore con chiodi.
E il giorno 1 dei nuovi lavori, il 2 gennaio di questo anno, l’umido, le muffe, le sgranature presenti sulla tela, come gli ammaloramenti dovuti anche a infiltrazioni di tutta l’area di intervento, che comprende anche il parquet della sala, il tavolato del palcoscenico, l’agremano, l’arco del boccascena, l’orologio di proscenio, la fascia basamentale della platea, la balaustra della fossa orchestrale e la volta del passetto, sono stati documentati per potere valutare ulteriormente gli interventi e lasciare traccia documentale di quanto si andava a fare.
Oltre al prezioso e delicato restauro della tela, ora ancorata con 650 nuovi punti e trattata con resine acriliche di ultima generazione dopo la pulitura e la riequilibratura cromatica, si sono riportati alla luce il trattamento a finto marmo originale delle pareti che incorniciano le specchiere dorate, le decorazioni argentee e l’azzurro della famiglia Borbone dei pannelli inferiori dominante in tutta la decorazione del teatro prima del rimaneggiamento in epoca Savoia che lo trasformò in un trionfo di oro e rosso.