AGI - Se n’è andato a 92 anni Citto Maselli. Il cinema italiano perde un altro dei suoi maestri, quelli che nel dopoguerra hanno segnato l’epoca d’oro della nostra cinematografia e che hanno contribuito a fare del nostro Paese il modello da seguire e imitare per tutti i cineasti del mondo.
Non era un gigante, Maselli, ma era un artigiano di quelli bravi che faceva dell’impegno – politico, umano e artistico – la sua forza. Nella sua lunga vita professionale ha realizzato una ventina di buoni film (16 lungometraggi più altri quattro cortometraggi inseriti in film a episodi) e una trentina di documentari ma il suo impegno nel cinema è andato spesso oltre l’attività di regista: militante del Pci dove si è iscritto dopo la Liberazione, è rimasto sempre un attivista di sinistra (fino al 1989 membro della Commissione culturale della Direzione del Pci, dal 1992 nel Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista).
Per trenta anni Maselli ha guidato l’Anac - Associazione Nazionale degli Autori Cinematografici ottenendo numerose vittorie per quanto attiene le grandi riforme democratiche degli anni Settanta nelle istituzioni culturali pubbliche italiane. Fu inoltre tra i protagonisti della clamorosa protesta dei cineasti alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1968 quando fu cambiato il regolamento e il festival divenne non competitivo (restò così fino al 1980).
Francesco Maselli era nato a Roma il 9 dicembre 1930 in una famiglia di origine molisana e il padre era critico d'arte. Suo padrino di battesimo fu Luigi Pirandello, del quale il padre era amico e poteva leggere le sue opere in anteprima. Stefano Pirandello, figlio del drammaturgo siciliano, aveva sposato una zia di Francesco e fu proprio il futuro Premio Nobel ad attribuirgli il soprannome di ‘Citto’. Giovanissimo ha iniziato a girare documentari che vedeva come strumento di testimonianza sociale e politica.
Gira un cortometraggio in Super 8, poi nel 1947 si iscrive al Centro sperimentale di cinematografia dove si diploma nel '49. Il debutto nel cinema vero avviene prima accanto a Luigi Chiarini e poi a Michelangelo Antonioni come cosceneggiatore e aiuto nel 1948 in ‘L’amorosa menzogna’, infine con Cesare Zavattini per il quale gira un episodio del film ‘Amore in città’.
Per Maselli fu una scuola importantissima, soprattutto quella di Antonioni: conservò sempre, anche quando divenne un affermato regista cinematografico, quel gusto per la società metropolitana e per le problematiche del mondo del lavoro evidenziato fin dai suoi primi documentari. Malgrado le sue opere abbiano spesso il limite di non evidenziare una linea stilistica tematica coerente, questo regista ha sempre mantenuto l’integrità e il rigore ideologico espressi per la prima volta nel 1948 nel documentario commissionatogli dalla Cgil sulla Scuola centrale sindacale di Ariccia, uniti a un amore per la poesia che hanno valso l’appellativo di ‘realismo lirico’ ai suoi lavori.
In una intervista di qualche anno fa al festival del documentario ‘Libero Bizzarri’, Maselli ha raccontato di aver iniziato a 14 anni, nel 1945, dirigendo una serie di cortometraggi di fiction. “Grazie a questi filmetti potrei entrare a 16 anni al Centro sperimentale – ha detto – e fu l’inizio della mia carriera documentarista. L’anno dopo, nel 47, ho realizzato su commissione della Cgil il mio primo lavoro che terminò nel ‘48: la costruzione della Scuola sindacale centrale di Ariccia.
Aveva uno scopo propagandistico - ha aggiunto - poi andrai a scuola da Antonioni che, dopo lo splendido ‘N.U. - Nettezza Urbana’ del ‘47, mi scelse come aiuto regista per ‘L’amorosa menzogna’. Mi insegnò praticamente tutto ed io, nel ‘49, potrei girare il mio primo documentario vero e proprio, ‘Bagnaia paese italiano’, realizzato nella cittadina medievale vicino Viterbo, che fu premiato a Venezia e che ebbe un grande successo, anche se io non lo amo molto. Da quel momento lì iniziai la mia avventura nel mondo del cinema”.
L’esperienza di documentarista fu fondamentale per il passaggio alla regia. “Il lavoro artigianale del documentario, soprattutto di quello fatto in grande miseria come lo facevamo in quegli anni, obbligandoti a fare di tutto – ha raccontato Maselli - ti permetteva di conoscere le cose dall’interno. Proprio grazie al documentario io ho imparato a fare il montatore e per un periodo è diventato per me anche un mestiere: sono stato regista, montatore, operatore, organizzatore, rumorista, facchino… tutto insomma. E poi fare quel tipo di lavoro in quelle condizioni mi ha insegnato ad avere un grande spirito di adattamento e mi hai fatto capire l’importanza del collettivo. Ognuno di noi credeva fortemente in ciò che faceva contribuendo in tal modo alla riuscita del prodotto”, ha aggiunto.
Il successo come documentarista (‘Bambini’ con il commento di Giorgio Bassani venne proiettato al Festival di Cannes nel 1952) gli apre le porte del cinema. Nel 1953 dirige l’episodio ‘Storia di Caterina’ per il film ‘Amore in città’ che segna l’altro suo sodalizio culturale e politico, quello con Cesare Zavattini. Ma il rapporto centrale d’amicizia e collaborazione che ha Maselli in quegli anni è con Luchino Visconti. Nel 1953 collabora col grande regista nell'episodio di ‘Siamo donne’ interpretato da Anna Magnani. A Visconti deve il suo primo film ‘Gli sbandati’ del 1955, che gira all'età di ventitré anni e che viene premiato al Festival di Venezia. In quella occasione conosce il direttore d'orchestra e da lì nasce la sua passione per la lirica: nel 1960 apre la stagione del Teatro La Fenice con la regia de Il trovatore di Giuseppe Verdi.
Nel 1956 realizza ‘La donna del giorno’, critica del mondo della pubblicità e della stampa rosa. Dopo ‘Le adolescenti e l'amore’, episodio del film ‘Le italiane e l'amore’ dell'anno successivo, nel 1964 porta sullo schermo ‘Gli indifferenti’ (con Claudia Cardinale, Rod Steiger, Tomas Milian, Shelley Winters) tratto da omonimo romanzo di Alberto Moravia e vincitore al Festival di Mar del Plata. I successivi ‘Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo!’ (1967, con Monica Vitti e Jean Sorel) e ‘Ruba al prossimo tuo...’ (1968, con Rock Hudson e Claudia Cardinale) sono invece tentativi di affrontare la commedia all'italiana.
Nel semiautobiografico ‘Lettera aperta a un giornale della sera’ (con Nanni Loy, Piero Faggioni, Massimo Sarchielli, Paolo Pietrangeli, Giovanna Marini, Goliarda Sapienza, Daniela Surina) del 1970 narra la vicenda di un gruppo di intellettuali di sinistra che, annoiati dalla routine quotidiana, decidono di fondare una brigata internazionale di combattenti per la guerra del Vietnam. Nel 1975 gira ‘Il sospetto’, storia di un operaio (Gian Maria Volonté) aderente al Pci che viene inviato dal comitato centrale del Partito Comunista d'Italia, esule in Francia, a Torino, dove stanare un infiltrato dell'Ovra.
Successivamente si dedica a film incentrati su ritratti femminili: ‘Storia d'amore’ (1986, Premio speciale della giuria e Coppa Volpi alla protagonista femminile Valeria Golino alla 43ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia), ‘Codice privato’ (1988, con Ornella Muti), ‘Il segreto’ (1990, con Nastassja Kinski, Franco Citti, Stefano Dionisi), che ha rappresentato l’Italia al Festival di Berlino, ‘L'alba’ (1991, con Nastassja Kinski e Massimo Dapporto), fuori concorso nella sezione ufficiale del Festival di Venezia. Nel 1996 ha presentato fuori concorso alla 53ª Mostra del Cinema di Venezia ‘Cronache del terzo millennio’, sulla resistenza di un gruppo di condomini allo sfratto da un enorme caseggiato.
Dopo il film per la televisione ‘Il compagno’ (1999, con Amanda Sandrelli e Lucio Zagaria) e il documentario ‘Frammenti di Novecento’ (2004, presentato al Festival di Locarno fuori concorso), è tornato al cinema con ‘Civico zero’ (2007, con Ornella Muti, Letizia Sedrick e Massimo Ranieri) e ‘Le ombre rosse’ (2009, con Valentina Carnelutti, Roberto Herlitzka, Ennio Fantastichini, Lucia Poli, Arnoldo Foà), presentato fuori concorso nella selezione ufficiale del festival di Venezia. Nel 2011 ha diretto insieme a Ugo Gregoretti, Carlo Lizzani e Nino Russo il film-documentario a episodi ‘Scossa’, dedicato al drammatico terremoto di Messina del 1908.