AGI - Da pochi giorni è arrivata in libreria una versione light complementare di quel capolavoro di divulgazione scientifica che è stato ‘Dal big bang ai buchi neri’ di Stephen Hawking. L’autore è un fisico italiano, uno dei maggiori esperti della teoria della relatività e autore di numerosi libri divulgativi di scienze, il professor Carlo Rovelli, 66enne veronese responsabile dell’Equipe de gravité quantique del Centre de physique théorique dell’Università Aix-Marseille. Si intitola ‘Buchi bianchi – Dentro l’orizzonte’ ed è appena stato pubblicato da Adelphi (Piccola biblioteca – pagg. 144; prezzo 14 euro) in un'agile confezione tascabile simile a quella che nel 2014 rivelò al grande pubblico questo fisico teorico col vizio della letteratura, ‘Sette brevi lezioni di fisica’, pubblicato sempre dalla casa editrice milanese e tradotto in oltre 40 lingue.
‘Buchi bianchi’ prosegue idealmente il discorso di Hawking sui buchi neri portando a termine (o compimento) la sua teoria – poi confermata sperimentalmente – su quelli che sono i più misteriosi elementi del cosmo. I buchi neri sono stelle che hanno esaurito la loro vita e iniziano a contrarsi per effetto della forza di gravità. Si chiudono in se stesse e attirano tutto ciò che è nelle vicinanze nel cosiddetto orizzonte degli eventi superato il quale nulla può più fuggire.
Il buco nero continua a contrarsi per miliardi di anni (attenzione: questo è quello che vediamo noi da fuori, mentre dentro dove il tempo e lo spazio sono influenzati e curvati dalla gravità fortissima accade tutto in pochi secondi o minuti) fino a raggiungere un momento in cui questo valore diventa infinito e si parla di punto di singolarità. Qui non vale più la relatività generale di Einstein.
Ed è qui che interviene Rovelli con un’ipotesi affascinante e rivoluzionaria che si basa sulla fusione tra la quantistica e la gravità e postula che lo spazio-tempo stesso che è quantizzato, viene tessuto da piccoli, singoli loop che non possono essere suddivisi ulteriormente. Ossia: la contrazione nel buco nero non può andare oltre un certo limite perché un singolo loop non si può contrarre ulteriormente. E così la cosiddetta 'gravità quantistica a loop' prevede che accada un fenomeno di inversione del tempo per cui inizia il processo inverso e il buco nero diventa buco bianco e tutte le informazioni al suo interno vengono espulse: se nel buco nero nulla può uscire, in quello bianco nulla può entrare. Una sorta di rimbalzo quantistico che si basa su una teoria di gravità quantistica speculativa che potrebbe risolvere il paradosso secondo cui i buchi neri distruggono tutte le informazioni.
In ‘Buchi bianchi’ Rovelli racconta come sia arrivato nove anni fa insieme al collega universitario Hal Haggard a formulare e poi sviluppare questa teoria che, spiega, “ha funzionato, perlomeno in teoria”, ma che ancora non ha ottenuto alcun riscontro sperimentale. “Non so se sia giusta – ammette nel libro – non so neppure se i buchi bianchi esistano veramente, nella realtà. Sui buchi neri sappiamo moltissimo (li vediamo) i buchi bianchi non li ha ancora visti nessuno”.
Un tema difficile (eufemismo!) quello esposto nel libro, ma trattato con sapienza rara da Rovelli che, seguendo la regola d’oro di Hawking (nel suo ‘Dal Big Bang ai buchi neri’ scrisse che sapeva che ogni formula che avesse inserito nel libro avrebbe dimezzato i lettori), non inserisce formule neppure quella più importante di tutte, e=mc2 (si limita a dire che per la teoria della relatività massa ed energia sono la stessa cosa). E poi racconta la sua teoria, come fosse un flusso di coscienza a mo’ di ‘Ulisse’ o ‘Finnegans Wake’ di Joyce – non usa maiuscole e riferisce puntualmente di aver riscritto dei passaggi più volte – citando l’amato Dante, quasi facendosi portare per mano nel percorso di ascesa nella Divina Commedia che diventa una sorta di modello teorico per spiegare i buchi bianchi: come Dante nel Paradiso alla fine passa dall’altra parte dell’Universo così accade alle informazioni di un buco nero che superato il punto di singolarità (“attraversando la regione dove la teoria di Einstein prevedeva la fine del tempo, per un breve istante spazio e tempo non esistono più”) si passa dall’altra parte e, come una palla che rimbalza, tutto inverte la rotta e, in quanto buco bianco, espelle ogni cosa.
Scrive Rovelli: “Stella di Planck è il nome che si dà all’intero fenomeno: la stella che sprofonda nel buco nero, il rimbalzo, il buco bianco, fino a che tutto esce di nuovo”. La fisica ha un aspetto bivalente: da una parte la scienza e dall’altra la filosofia. E anche stavolta Rovelli non manca di parlare molto della questione tempo, del fatto che sia un aspetto legato al disequilibrio dell’universo e che faccia sì che ogni processo sia irreversibile finché persiste questa situazione di disequilibrio perché, aggiunge, “in un universo in equilibrio nessun fenomeno ci permetterebbe di distinguere il passato dal futuro: non potremmo dire in che direzione va il tempo”. Temi un po’ complessi e non troppo intuitivi, ma certamente affascinanti, come quello per cui il passato e il futuro sono solo questione di prospettiva.
Alla fine del libro lo scrittore propone l’annosa domanda: “I buchi bianchi ci sono davvero?”. A questa domanda nessuno è ancora in grado di dare una risposta. Di certo individuarli, seppure potrebbero essere a miliardi, non sarà semplice perché visto che gran parte del buco nero perde materiale ed energia (evapora) prima di collassare e trasformarsi eventualmente in un buco bianco, quest’ultimo avrebbe la grandezza di un capello e, spiega Rovelli, “a differenza di un capello, non ha cariche elettriche quindi non interagisce con la luce: non si vede. Ha solo una debolissima forza di gravità”. Eppure, aggiunge, “forse potremmo anche averli già rilevati da parecchio, senza averli ancora riconosciuti: gli astronomi – aggiunge – hanno da tempo osservato che l’universo pullula di una misteriosa polvere invisibile, che si mostra solo per la sua gravità. E’ chiamata la ‘materia ‘oscura’”.
E così Rovelli aggiunge un ultimo tassello alla sua teoria e scrive idealmente la parola "continua" al termine del suo libro dove, con la teoria della gravita' quantistica a loop sui buchi bianchi, potrebbe aver risolto uno dei più grandi misteri del cosmo.