AGI - Vent'anni fa, il 24 febbraio 2003, se ne andava Alberto Sordi. Un battito di ciglia temporale che sembra un secolo. Alla sua morte Roma si riversò in piazza per l'estremo saluto a quello che tutti (proprio tutti) consideravano uno di famiglia. Oggi, al tempo dei social, di Netflix, delle piattaforme streaming e delle serie tv cosa resta di Sordi? Per le nuove generazioni è quasi un estraneo se non addirittura uno sconosciuto.
"Per quanto riguarda l'eredità di Sordi oggi, siamo di fronte a un paradosso: i suoi film sono facilmente vedibili, in rete e attraverso i Dvd ma bisogna andarseli a cercare. Le nuove generazioni si muovono su altri mezzi di comunicazione e altri modelli di comicità, per cui in rischio che Sordi e tutto il grande cinema della sua generazione sia fuori moda è molto alto". A dirlo all'AGI è Alberto Crespi, giornalista, scrittore e critico cinematografico che ha curato il libro 'Caro Alberto' edito da Laterza e voluto dalla Fondazione Alberto Sordi.
"Naturalmente sta anche a noi operatori della comunicazione lottare perché questa eredità non vada perduta - continua - è una lotta difficile e forse è destinata alla sconfitta, ma cionondimeno bisogna combatterla con tutte le forze fino all'ultimo".
'Caro Alberto' è una raccolta di lettere che il grande attore romano ha ricevuto dai suo fan ma anche da politici e colleghi celebri in vita e quelle spedite o lasciate dopo la morte alla villa romana di Via Druso 45, oggi sede della Fondazione Museo. Curato da Crespi con la prefazione di Walter Veltroni, è una sorta di viaggio nel tempo per il recupero della nostra memoria storica.
"Queste lettere vengono da un mondo che non esiste più. Sono passati 20 anni ma sono 20 anni in cui è esploso il fenomeno dei social - spiega ancora Crespi all'AGI - sono lettere di persone che per contattare un uomo famoso prendevano un foglio, scrivevano, prendevano una busta e spedivano. Speravano di avere una risposta. Oggi con i social tutti possono illudersi di avere un contatto diretto. Che come sappiamo a volte avviene anche nel segno dell'insulto. Ancora quando è morto Sordi non esisteva. Infatti sono lettere dolci, affettuose".
"Io ho lavorato a una preselezione di migliaia e migliaia di lettere che la Fondazione conserva - spiega - le lettere dei fan sono la parte più interessante: sono le lettere più affettuose. La gente scriveva a Sordi non come si scrive a un divo del cinema come si scrive a un parente, spesso raccontandogli la propria vita, i propri problemi, i propri dolori anche, e sempre ringraziandolo per i momenti di serenità e di allegria che lui aveva regalato a queste persone attraverso i suoi film. Ne viene fuori l'immagine di un attore amato in modo forse unico e irripetibile dal suo pubblico - aggiunge - ed emerge un concetto molto bello: i grandi comici come Alberto Sordi sono dei benefattori perché aiutano la gente a vivere meglio", conclude.