AGI - Il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, fondato nel 1953 da Guido Ucelli, ha appena celebrato i settant’anni di attività. “Il Museo è vivo, di tutti, aperto a tutti. Oggi il mondo cammina a ritmo vertiginoso e tutti ne cerchiamo le ragioni e le possibilità. Il Museo vive, è il Museo del Divenire del Mondo”, così il fondatore descriveva la sua creazione negli anni ‘50. A riprova dell’affetto che provano i cittadini per questo luogo del sapere, la festa all’interno del museo ha registrato oltre sei mila presenze.
Gli eventi in corso e quelli futuri a cui potranno partecipare i cittadini sono tantissimi e vari. Ma come ci tiene a ribadire ad AGI il direttore del museo Fiorenzo Marco Galli "noi non facciamo tali eventi in occasione dei 70 anni, la rassegna sarebbe stata realizzata in ogni caso. Per noi è un continuo progredire, il nostro festeggiare è fare quello che abbiamo sempre fatto: divulgazione, sapere e conoscenza".
Cosa cercano le persone entrando dentro a un museo come questo?
Ci sono due modi per entrare dentro a un museo. Tutto dipende dalla fascia di età e di competenza. Il primo è un modo organizzato. Quindi attraverso le indicazioni si va a cercare una qualche forma di razionalità. L’altro modo è invece quello di perdersi tra le sale e farsi sorprendere. Il nostro museo si presta bene a entrambe le vie. Anche se l’occupazione qualificata degli spazi consente una visita razionale, c’è sempre una partecipazione anche più profonda e sensibile.
Qual è il denominatore comune di tutte le varie tipologie di pubblico che ogni giorno affollano il museo?
Credo che sia la curiosità, quell’elemento che unisce lo scienziato all’artista. Qui le persone trovano delle domande, non solo risposte. Questo non rappresenta solamente un luogo in cui divertirsi e guardare realtà sospese, qui è possibile accrescere il proprio sapere: imparare, studiare, conoscere.
Come è cambiato il Museo nel corso di questi anni?
Il museo nel corso degli anni è riuscito a rimanere ‘giovane’ e questo perché le persone, tornando al discorso di prima sulla curiosità, sono sempre state motivate a esplorare il mondo della scienza e della cultura per accrescere il proprio bagaglio personale e culturale. Inoltre i musei, per attitudine, devono interpretare le loro collezioni e i loro percorsi espositivi in base al cambiamento della società. Devono essere in grado di saper interpretare la contemporaneità del mondo. Sono cambiate anche le visioni e le aspettative delle persone nel corso di questi settant’anni, è un processo inevitabile.
Ad esempio?
Nel corso degli anni nei musei c’era semplicemente una targhetta con su scritto il nome dell’autore. Ad oggi abbiamo una situazione di forte interattività. Entrare in un museo significa anche interagire con l’opera stessa. Soprattutto nelle nuove forme espressive, come ad esempio le installazioni.
Recentemente abbiamo realizzato un’attività chiamata “il suono della caverna”, dove si simula l’esistenza di otto strumenti musicali che sono, però, attivi e con cui le persone possono interagire, anche se nella loro vita non hanno mai suonato un vero strumento. L’idea è di fare della musica tutti insieme, un po’ come facevano i nostri antenati nel passato, quando si riunivano di fronte al fuoco. A oggi l’interattività è un elemento fondamentale nella nostra cultura.
Utilizzate l’arte digitale dal lontano 1997. Non c’è il rischio che la tecnologia possa spodestare l’antica Techne?
Questo è un modo di porci non frontale e noioso, ma coinvolgente e stimolante. Lo facciamo per assecondare un nuovo tipo di società che non è più quella bloccata vissuta da noi in diversi ambiti. Il mondo deve essere aperto e deve saper sfruttare la concorrenza in senso positivo.
Perché?
Perché questi strumenti servono a recuperare il piacere dell’orgoglio del lavoro. Oggi siamo nell’era del turbo capitalismo o della turbo finanza dove è importante solo guadagnare e produrre. Tutto questo dal mio punto di vista si può superare proprio mettendo a disposizione di tutti, in particolar modo dei giovani, degli strumenti qualificati in cui si vede che la qualità di un risultato, che sia fatto con le mani o con la mente, sia una ragione di orgoglio. Il museo non è una macchina di divertimento, è una struttura sociale necessaria è fondamentale.
Non ha paura che i giovani attraverso realtà come il metaverso e le opere Nft perdano il contatto con la realtà?
Certo che c’è paura se noi ci dimentichiamo che poi siamo esseri umani. Il museo è dedicato a Leonardo da Vinci e quando Leonardo da Vinci si alzava al mattino non credo che pensasse a che cosa fare, se l’ingegnere o l’artista. Egli era un essere umano completo che aveva certamente la propensione alla razionalità, ma era anche uno straordinario umanista dotato di grande profondità. Spesso andava nei mercati a prendere le gabbiette degli uccellini per liberarli e questo perché era cresciuto in campagna e vederli rinchiusi gli dava molto fastidio.
Noi abbiamo il diritto e il dovere di dare un segno ai ragazzi per scoprire chi sono. Meglio un violinista che un cattivo ingegnere. Qui, ad esempio, in accordo con il Conservatorio di Milano, con l’Associazione di musica antica, facciamo tanta musica. C’è tutto un vivere di conoscenza che noi chiamiamo cittadinanza scientifica, ma che in realtà va oltre, perché per essere cittadini completi bisogna essere, come dicevamo prima, curiosi.
A proposito di eventi e musica. Può darci qualche anticipazione?
Vi sono diverse attività legate alle nostre collezioni d’arte. Abbiamo recentemente acquisito la preziosa collezione Caruso, composta da 80 splendidi fonografi ancora perfettamente funzionanti. Gli oggetti stessi non sono privi di un loro fascino artistico per come venivano disegnati e realizzati. Il pubblico avrà l’occasione di poter vedere la mostra molto presto a maggio. Inoltre stiamo lavorando ad altri progetti grossi. Dobbiamo metterli a punto e trovare le risorse, ma ci stiamo lavorando. Tra questi progetti c’è quello che riguarderà tutto il pianterreno del monumentale che sarà dedicato al tema della transizione ecologica.