AGI - C’è Franco Zeffirelli curvo a disegnare preziosi e sontuosi abiti di scena, spesso accanto alla sua ‘amica’ Maria Callas, o in sala, tra i velluti porpora del Piermarini, con la cinepresa intento a filmare. E ancora, il regista ritratto in situazioni scherzose con tutti gli artisti e i lavoratori coinvolti nei suoi spettacoli, “la grande famiglia”.
Ci sono alcuni dei suoi costumi più belli, e anche un video documentario, che racconta il suo percorso tra l’opera e lo schermo. È ricca e interessante la mostra “Franco Zeffirelli - Gli anni alla Scala” pensata per il Centenario dalla nascita, allestita nelle sale del Museo teatrale del Teatro alla Scala, a cura di Vittoria Crespi Morbio (aperta fino al 31 agosto).
La direttrice del Museo, Donatella Brunazzi, una vera istituzione scaligera da 25 anni, che Zeffirelli lo ha conosciuto bene, porta l’Agi per mano, sala dopo sala e ci racconta il lato meno conosciuto del maestro, “estremamente empatico, geniale inventore dell’opera pop”.
Con questa mostra “Abbiamo voluto far emergere la grande umanità di Franco Zeffirelli – ci racconta Brunazzi - che aveva una spiccata predisposizione per le relazioni. Conosceva tutte le maestranze per nome. Creava un forte senso di appartenenza in teatro e intorno allo spettacolo. È sempre stata una sua caratteristica”.
Tanto che all’inaugurazione della mostra “c’è stata una sorta di pellegrinaggio da parte dei lavoratori che sono qui da anni, e lo avevano conosciuto. E’ stato davvero un personaggio unico, che fa parte del DNA della Scala”.
D’altra parte qui, ha portato in scena 21 titoli, dai costumi per L’italiana in Algeri con la regia di Pavolini nel 1953, all’Aida diretta da Riccardo Chailly il 7 dicembre 2006, passando per spettacoli leggendari come Il turco in Italia con la Callas, la Bohème nata con Karajan (“Proprio la sua Bohème sarà ripresa alla Scala il prossimo 4 marzo”), l’Otello diretto da Kleiber che fu la prima “Prima” in diretta televisiva, la Cavalleria rusticana in teatro e in film, la Turandot fiabesca e celeste con Maazel, il monumentale Don Carlo con Muti.
Tornando alla mostra, l’obiettivo “è proprio andare oltre l’arte scenica del regista tout court, per tracciare la sua personalità. E in realtà dietro la sua facciata di grande conservatore della tradizione – sottolinea - c’è un grande innovatore. E questo che abbiamo voluto mettere a fuoco”. Franco Zeffirelli ha “inventato l’opera pop. Ha portato l’opera lirica per la prima volta dal palcoscenico della Scala al piccolo schermo, in televisione e poi addirittura al cinema”.
Questa sua sensibilità di comunicatore è messa in evidenza dalla “prima foto che vediamo salendo le scale: che riprende Zeffirelli di spalle, in teatro, mentre sta provando, con la cinepresa accanto a lui. E nell’ultima sala, c’è una foto con la stessa scena, ma qui il regista sta riprendendo. Era con Placido Domingo nel film di Cavalleria rusticana”. Ma attenzione “non sottometteva la regia lirica alla regia televisiva, arricchiva entrambe. È stato il primo a farlo”.
Nel museo sono esposti bozzetti, figurini, fotografie e costumi che ripercorrono il cammino di Zeffirelli al Piermarini. Su una parete ci sono copricapi e maschere degli armigeri della Turandot, “lui li aveva presi da Cinecittà, dal film Marco Polo di Giuliano Montaldo”. “Negli abiti si vede la sua attenzione spasmodica per i dettagli. Nella prima sala ci sono quelli dello spettacolo Lo frate ‘nnamorato, del 1960, sono fatti di iuta, ha anticipato la moda eco sostenibile”.
Da ricordare che Zeffirelli “all’inizio era scenografo costumista, ha cominciato come assistente di Luchino Visconti. Questi capì subito che aveva un talento creativo e artistico molto pronunciato, gli disse ‘sei nato a Firenze, capisco che tu abbia questa spiccata sensibilità per il bello’”.
Dalla mostra emerge anche il suo rapporto particolare “con Maria Callas, un rapporto fraterno”, c’è una sala dedicata ai costumi del Turco in Italia, indossati dalla divina. “Una delle opere dove lui è già regista e si vede la complicità giocosa tra lui e la Callas”. Una curiosità: “proprio per la Callas, Zeffirelli si scontrò con il suo grande maestro, perché Visconti la considerava una sua creatura e si sentiva defraudato. Ma d’altra parte lei aveva un rapporto di soggezione con Visconti”, mentre con Zeffirelli c’era armonia. Adesso però non è che il suo carattere fosse tutto miele.
“È un personaggio con molte sfaccettature. Faceva anche delle sfuriate pazzesche. Placido Domingo racconta che in una prova di Carmen a un certo punto disse ‘la prova è finita e se ne andò’. Sparì per tre giorni. Quando ritornò Domingo gli chiese cosa l’avesse disturbato, e lui “avevo bisogno di una pausa sigaretta”.