AGI - "La Mesopotamia è il sogno per chi studia archeologia del Vicino oriente antico. E la paura di un soggiorno in Iraq svanisce di fronte alla possibiltà di realizzare di conquistare un sogno": giovane studiosa dell'Università di Catania, Alice Mendola, che insieme al team dell'archeologo Nicola Laneri ha scoperto il muro di Hammurabi a Tell Muhammad (Baghdad) riassume con parole molto semplici il senso di una passione e di una missione di studio e scavo delle radici dell'umanità, descritta nel corso degli OpenLab "I pionieri della cultura" promossi dalla Fondazione Federico II a Palermo a Palazzo Reale.
La missione archeologica che scava a Tell Muhammad è una delle 19 italiane presenti in Iraq e ha portato alla luce una cinta muraria monumentale di quasi 6 metri di spessore e una porta monumentale edificata in mattoni crudi all'epoca di Hammurabi di Babilonia (risalenti al periodo 1792-1750 a.C.). "Quando ero ragazzo - ricorda Laneri - andai a Roma e incontrai Paolo Matthiae: da quel momento mi sono innamorato del Vicino Oriente. Ho scavato in Siria, in Turchia, in Azerbaigian e ora in Mesopotamia. E' stato difficile convincere i ragazzi a venire a Baghdad, ma per adesso . prosegue - ho trovato cinque baldi giovani che hanno soppportato le difficolta' degli scavi a Baghdad e soprattutto un direttore che pretendeva molto". Il team, oltre a Mendola, è composto da Rachele Mammana, Vittorio Azzaro, Giulia La Causa, Vittoria Cardini, Rawa Ali Salman, Mais Fawzi Jihad, Mohammad Muwaffaq Ahmad.
Il sito di Tell Muhammad potrebbe contenere la chiave di uno dei "misteri" dell'archeologia mesopotamica: la collocazione della capitale del primo impero nato tra due fiumi, ovvero l'Akkad di re Sargon (2335-2280 a.C.) "La continuazione degli scavi forse ci darà una risposta", ha detto l'ambasciatore italiano in Iraq, Maurizio Greganti. Sul tema, Laneri non si sbilancia e resta prudente.
L'Iraq, ha aggiunto Greganti, è "assetato di cultura, con radici antichissime e una vasta produzione artistico-letteraria. Il Paese cerca di recuperare la primazia che per secoli aveva visto Baghdad al centro della cultura mediorientale". L'archeologia, che tra l'altro e' una passione del diplomatico, e' "il pilastro centrale dell'interscambio culturale tra l'Italia e l'Iraq. Gli archeologi italiani sono parte integrante e integrata nelle comunita' locali, presenti dagli anni Sessanta ed è una presenza che non si è mai interrotta, neanche nei momenti piu' difficili di questo Paese. L'Iraq ospita il numero maggiore di missioni archeologiche italiane, che si occupano di tutti i periodi della storia millenaria del Paese".
Quanto alla sicurezza dei siti archeologici, essa, ha spiegato l'ambasciatore, non è più minacciata, grazie alle autorità irachene e alla stessa presenza delle missioni archeologiche. "Il ruolo dell'archeologo - ha sottolineato - è mutato, e gli scavi hanno un impatto determinante sullo sviluppo del Paese: i nostri archeologi tra i migliori al mondo, puntano da sempre sulle capacità e il trasferimento delle competenze alle comunità locali. E le competenze trasferite facilitano la crescita di un settore produttivo".
L'importanza delle missioni italiane nelle relazioni diplomatiche tra Italia e Iraq è emersa anche dalle parole di Laith Majid Hussein, direttore dell'Iraqi State Board of Antiquities and Heritage (Sbah), che ha sottolineato, tra l'altro, il lavoro che gli italiani stanno svolgendo nella riorganizzazione del museo archeologico di Baghdad, nella messa in opera dell'ala sumerica. "Siamo molto contenti delle collaborazioni sul campo - ha aggiunto - negli scavi che si stanno svolgendo. Siamo molto soddisfatti del lavoro degli archeologi italiani".
"La cultura - ha spiegato Patrizia Monterosso, che guida la Fondazione Federico II - e' circolazione, dialogo, ponte: oggi ancora piu' di ieri con le guerre che vedono nella cultura i simboli da abbattere, come sta accadendo anche in Ucraina e in altre parti del mondo. Come ieri a Palmira, quando abbiamo assistito alla morte di un organismo vivente della Storia, che riguarda tutti noi. Il nostro piccolo grande contributo e' creare elementi di riflessione per un dibattito attraverso chi della cultura preserva le radici forti o attraverso coloro, saggisti o artisti, che propongono una nuova prospettiva della realta'. E' un campo aperto, quello dei 'Pionieri della cultura', che lanciamo oggi con l'archeologia".
E' l'antica Mesopotamia lo 'scenario' in cui si colloca la prima avventura dei 'pionieri', ma, a qualche giorno dalla cattura di Matteo Messina Denaro, la cui latitanza ha pesato come una cupa incompiuta nell'anima dei siciliani, il pensiero si sposta da Baghdad a Palermo, segnata anch'essa per anni da una guerra e ancora oggi alla ricerca faticosa di segni di rinascita. "La cultura - ha sottolineato Monterosso - così come la interpretiamo noi oggi nella Fondazione Federico II - tiene ben presente un concetto di Aritostele: la bellezza coincide con l'Etica".
"La Bellezza - aggiunge - va preservata e va tenuta alta e forte rispetto a un mondo negativo, che ha segnato il nostro passato in Sicilia e che le forze dell'ordine e gli organi inquirenti ci ricordano come possa insorgere e nutrirsi di nuova linfa. Preservare, ad esempio, questo Palazzo Reale che nel Medioevo ha lanciato un messaggio ante litteram di civiltà e di dialogo, che si legge nella Cappella Palatina, ci permette di creare un muro di resilienza rispetto a quel mondo negativo che potrebbe tornare a segnare il nostro territorio. Ecco: la cultura e' un anticorpo contro quel mondo".