AGI - Lo sterminio di massa attuato dai nazisti nei confronti in primis degli ebrei, ma non solo, ha avuto una diffusione geografica vastissima di cui poco si conosce.
Nell'immaginario stereotipato del grande pubblico esiste quasi solo Auschwitz, ma sono migliaia le località in Europa che sono state testimoni di eccidi: sono i 'luoghi sconosciuti' della Shoah, di cui a volte non resta assolutamente nulla.
Per ovviare a questo 'buco' della memoria, Davide Romanin Jacur ha scritto nel 2020 'KZ lager', un percorso attraverso 23 campi di concentramento e di sterminio che lui stesso ha visitato, accompagnando giovani e adulti in viaggio nei luoghi dello sterminio ebraico.
Ora ne ha pubblicato un seguito, 'KZ2', edito da Ronzani Editore (316 pp., 20 €), in cui elenca centinaia di luoghi meno noti, se non proprio sconosciuti, dove sono avvenuti eccidi.
L'obiettivo, sottolinea all'AGI in un'intervista, è divulgativo: "La gente non sa niente e la maniera migliore per prendere consapevolezza di cosa sia stato questo evento è quello di conoscerlo".
"Dal 2003 faccio questi viaggi, sono stati finora una cinquantina: nel primo libro avevo voluto parlare di tutti i campi che avevo visitato, 23 campi e 13 altri siti legati alla Shoah", racconta. "Ma mi sono reso conto che la gente è completamente ignorante - benevolmente ignorante - di cosa sia stato, anche perché purtroppo per chi non è addentro alle cose, si tende a stereotipizzare, per cui il campo di concentramento è solo Auschwitz".
Invece, "questi eventi hanno riguardato tutta Europa", la diffusione dei siti degli eccidi è stata "vastissima" e "non si conoscono, di alcuni non resta assolutamente più niente. Ho fatto questa ricerca e ne ho elencati solo 372", anche se "sono stati forse 40 mila i luoghi dove qualcosa è avvenuto. Gli storici fissano ad almeno 1.600 i campi di concentramento".
Forte della "forma mentis da ingegnere che cerca di mostrare le cose come sono" e della convinzione che sia "necessario che la gente tocchi con mano la realtà", Romanin Jacur ha creato un percorso fatto anche di cartine geografiche, Paese per Paese, che "mostrano dove erano questi luoghi". Così "i dati diventano inconfutabili: dobbiamo sempre guardarci le spalle dal negazionismo o dal riduzionismo che sono sempre dietro la porta", ricorda.
Tendenza comune, soprattutto tra i giovani che in questi viaggi si trovano di fronte a certi eventi di cui non riescono a farsene una ragione, è imputare tutto alla "follia, la parola nella quale normalmente tutti si rifugiano. Ma è completamente sbagliata, perché non era per nulla folle, ma perfettamente razionale, quello che stava accadendo. È una distorsione a un certo momento della cultura europea".
L'intento del libro, ribadisce, è "divulgativo, non deve andare a creare polemiche". Ecco perché, riguardo all'Italia, non ha voluto commentare quanto accaduto ma si è limitato a elencare "77 luoghi d'internamento, le razzie fatte città per città, con le date, e alcuni eventi che non hanno riguardato in particolare gli ebrei, tranne un caso, ma eccidi compiuti in Italia. È solo un elenco, non commento per non entrare in una polemica con varie parti politiche".
"L'Italia purtroppo, a differenza della Germania stessa, non ha fatto un esame di coscienza, con l'amnistia di Togliatti e 'gli italiani brava gente' si è gettato un velo su quello che era successo prima: le persone che pure avevano firmato le leggi razziali o avevano partecipato in precedenza al periodo fascista sono state riciclate e l'esame di coscienza non c'è mai stato. Voglio attenermi ai fatti e non alle letture politiche", sottolinea Romanin Jacur.
Dopo vent'anni di viaggi, migliaia di domande ricevute e risposte date, l'autore di KZ2 è ben consapevole del contesto in cui si muove e di come bisognerebbe portare avanti il ricordo. "L'Italia, come tutta l'Europa, ha istituito la Giornata della Memoria. Il primo errore è considerare questa data come ricorrenza ebraica: la Shoah ha avuto purtroppo come vittime principali gli ebrei ma non è una questione ebraica, non ha niente a che fare con l'ebraismo - tranne il piangere le vittime - e quindi non ha niente a che fare neanche con il vittimismo. La Shoah è un problema di cultura europea che a un certo momento è marcita e quindi nelle varie parti dell'Europa si è cominciato a ragionare in maniera sbagliata".
L'altro errore è "pensare che una cosa così grande che investe l'umanità intera, nel suo cannibalismo, possa essere concentrata in una data. Non dobbiamo creare memoria di un giorno, ma dobbiamo creare consapevolezza: questa è anche la ragione per cui da Padova portiamo i ragazzi in pullman, con almeno quattro giorni di viaggio faticosissimo, perché in quel lasso di tempo abbiamo un''aula viaggiante' dove gli si continua a spiegare tutte queste cose. Allora, alla fine, c'è consapevolezza, o almeno - conclude - speriamo che ci sia".