AGI - Ma quando fu scoperta davvero l’America? A 530 anni esatti dall’evento esistono ancora dubbi. A confutare che la scoperta sia avvenuta nel 1492 è Ruggero Marino, giornalista, studioso e scrittore che da decenni dedica la sua vita a Cristoforo Colombo, con molti libri e un sito dedicato, secondo il quale per altro quello del navigatore genovese che portò alla scoperta non fu né l’unico né il primo viaggio. Anzi, vi era stato prima del 1942.
Marino in un’intervista alla rivista Focus Storia attribuisce questa convinzione al ritrovamento di un libro In una libreria antiquaria: “Mi è capitato tra le mani un libro stampato nel 1507 a Venezia, di cui esistono solo 17 copie”. In questo volume intitolato ‘Chronica delle vite de’ pontefici et imperatori romani’ e attribuito ad uno pseudo Petrarca, secondo Ruggero Marino si parla del viaggio di Cristoforo Colombo nelle Nuove Indie, “ma lo si fa nella vita di papa Innocenzo VIII, mentre non c’è alcun accenno a Colombo nella biografia di papa Alessandro VI. Però Innocenzo VIII – al secolo Giovanni Battista Cybo, genovese – morì il 25 luglio 1492, poco prima che Colombo salpasse da Palos il 3 agosto e che poi il 12 ottobre ‘scoprisse’ l’America sotto il pontefice spagnolo Alessandro VI, alias Rodrigo Borgia”.
Ma Borgia viene a volte ignorato nei racconti su quest’avvenimento storico, “il cui merito è attribuito ai re spagnoli Isabella e Ferdinando. Se l’antico libro avesse ragione la scoperta dell’America andrebbe quindi anticipata almeno di qualche mese”, chiosa il giornalista.
Il punto è che sull’anno esatto della scoperta dell’America vi sono sempre state delle titubanze, tant’è che Marino esclude che vi possano delle distrazioni o errori in merito, perché “se fosse un caso isolato sì, ma non lo è”. Lo studioso di Cristoforo Colombo narra infatti che “ci sono altre testimonianze che coincidono ma vengono ignorate dalla storiografia ufficiale. La più eclatante è sotto gli occhi di tutti. In San Pietro c’è la tomba di papa Innocenzo VIII, guarda caso l’unica salvata dalla vecchia basilica costantiniana e traslata nella nuova. Un omaggio singolare per un papa colpito da damnatio memoriae orchestrata dal Borgia, il suo successore. Sulla tomba c’è una lapide piuttosto chiara che, riferita a Papa Innocenzo, afferma: ‘Novi orbis suo aevo inventi gloria’ (‘Nel tempo del suo pontificato la gloria della scoperta del Nuovo Mondo’).
Il suo pontificato, non quello del successore”, precisa Marino che racconta che gli indizi non siano soltanto questi ma ve ne siano altri che indicano che l’anno non è il 1942, elencandoli.
Secondo ipotesi recenti, quello di Colombo non fu il primo e unico viaggio
Ma alla domanda se l’America fu scoperta prima del 1492 e da chi, Ruggero Merino spiega: “Sappiamo che diversi popoli sono arrivati in America prima di Colombo, ma questo conta poco. Conta chi riportando notizie di quella scoperta ha cambiato il mondo. E questo è senza dubbio Cristoforo Colombo. Solo che quello del 1492 non è stato il suo primo viaggio, bensì soltanto quello ‘ufficiale’. Molti storici si stupiscono che Colombo abbia indovinato tutto al primo colpo: parte nel tempo giusto con un Oceano calmo, indovina le correnti, conosce i venti e la rotta che non è diretta ma richiede di fare un gran giro, la gran ‘volta’. Va dritto alla meta senza intoppi. Il motivo è che già prima aveva studiato tutto con uno o due viaggi e sapeva che cosa lo aspettava”.
Quanto alla data e alla differenza di soli pochi mesi con quella ufficiale del 1492, il giornalista-storico-studioso, afferma: “E invece forse va cambiata. Ma quel che più conta è chi ha promosso la scoperta dell’America. La storia attuale attribuisce il merito alla Spagna, ma fu un papa italiano, Innocenzo VIII, a trovare i capitali con la bolla di una crociata e somme di genovesi e fiorentini per finanziare la spedizione. Una scoperta italiana, indipendentemente dalla patria di Colombo. Non a caso il primo oro del nuovo continente si trova in alcune chiese italiane”. Crollano le certezze, per altro non-certezze. Un altro piccolo ma significativo caso di revisione se non lo vogliamo chiamare “revisionismo”.