AGI - Ripercorrere le tappe dell’ascesa incontrastata di Vladimir Putin, "da oscuro agente del Kgb a dittatore della Russia moderna", come esercizio per comprendere la mentalità e le scelte dell’uomo che ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa.
È quello che riesce, grazie a una approfondita e diretta conoscenza della Russia degli ultimi 30 anni, alla giornalista e scrittrice italo-russa Francesca Mereu Vasilyev nel suo ‘Dentro i segreti dell'uomo venuto dal buio. Da San Pietroburgo all'Ucraina’, pubblicato da Aliberti Editore: un excursus che non solo mette una dietro l’altra le tappe dell’escalation che ha portato il mondo a temere di nuovo una guerra atomica, ma che analizza una strategia che parte da lontano, quasi a dirci che quello a cui assistiamo oggi è lo scontato epilogo di un piano attuato con costanza e metodo nell’arco di oltre due decenni.
Obiettivo, silenziare il dissenso
“Putin è salito al potere con l’urgenza di distruggere tutti gli istituti democratici della Russia. Li vedeva come una minaccia al suo potere”, spiega Mereu in un’intervista all’AGI: “Il 13 maggio 2000, dopo soli sei giorni dal suo insediamento al Cremlino, creò sette super distretti federali alla testa dei quali pose un inviato presidenziale, di solito suo ex collega del Kgb, una categoria che oggi rappresenta il 78 per cento del potere nel Paese; abolì, poi, le elezioni dirette dei governatori; si procurò un ulteriore strumento di controllo sulle regioni nel 2009, quando il suo delfino, l’allora premier Dmitri Medvedev, fece approvare emendamenti che consegnarono ai governatori nominati da Mosca il potere di licenziare i sindaci eletti dal popolo, nel tentativo di mettersi al riparo da qualsiasi sorpresa politica”.
“Il Parlamento”, prosegue la scrittrice - che a cavallo tra gli Anni ’90 e 2000 ha lavorato, tra le altre testate, per The Moscow Times e Radio Free Europe/Radio Liberty - “viene svuotato anche della minima indipendenza e voce d’opposizione: sotto Putin diventa una filiale del Cremlino, un ufficio che ha il solo compito di ratificare le leggi che il potere vuole”.
Si arriva, gradualmente, alla “riforma costituzionale per estendere il mandato presidenziale da quattro a sei anni, all’azzeramento del limite di mandato al Cremlino, alle innumerevoli leggi per limitare le già esigue libertà individuali: la libertà di stampa, di internet e delle Ong, che hanno privato i russi degli strumenti necessari per esprimere il dissenso”.
“Prima che iniziasse la guerra in Ucraina”, ricorda Mereu, “la Russia aveva, nonostante tutto, ancora pochi media liberi. Erano sopravvissuti alla censura, perché considerati non troppo influenti, per esempio la radio Eco di Mosca e il canale satellitare Dozhd. Ora è il vuoto più totale”.
"Tutte queste riforme autoritarie”, fa notare la giornalista esperta di servizi segreti, “sono state ideate da una tipica mente del Kgb: una persona che vedeva nemici dappertutto e aveva bisogno di rafforzare la sua autorità per difendersi. Putin è veramente convinto che l’Occidente, gli Stati Uniti in particolare, vogliano una Russia debole. Ha sempre avuto la paranoia che gli americani potessero organizzare in Russia rivoluzioni come quella arancione del 2004 in Ucraina, oppure finanziare partiti d’opposizione per ribaltare il suo regime”.
Rispetto alle teorie per cui lo shock e il malcontento generato dall’invasione dell’Ucraina nelle stanze del potere possa portare a un golpe al Cremlino, Mereu appare scettica: “L’élite è stanca della situazione. Sono tutti scioccati, prima lo erano per l’inizio della guerra, ora per come il conflitto si sta evolvendo. Per un golpe bisognerebbe avere, però, un’alternativa politica che al momento nel Paese non esiste”.